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  • Giovedì 2 luglio 2020

Il “fattore campo” non conta più

L'assenza del pubblico rende le partite di calcio meno influenzate da fattori esterni, e anche i giudizi arbitrali sembrano risentirne

Il Borussia Dortmund davanti agli spalti vuoti del Signal Iduna Park (Lars Baron/Getty Images)
Il Borussia Dortmund davanti agli spalti vuoti del Signal Iduna Park (Lars Baron/Getty Images)

Il campionato di calcio tedesco è stato il primo a iniziare dopo il lockdown e sarà il primo a finire. La stagione si è conclusa con la vittoria del Bayern Monaco, le qualificazioni in Champions League di Borussia Dortmund, Lipsia e Mönchengladbach e le retrocessioni in seconda divisione di Paderborn e Fortuna Düsseldorf. Rimane da giocare soltanto lo spareggio tra Werder Brema e Heidenheim. In fin dei conti non ci sono state grosse sorprese, ma grazie al significativo numero di incontri disputati, oggi sappiamo qualcosa in più sulle tendenze del calcio di questi mesi.

Dalle prime analisi condotte dalle società Impect e Gracenote con i dati raccolti nel corso delle ottantadue partite disputate in nove giornate di Bundesliga, il cambiamento più significativo riguarda il cosiddetto “fattore campo”. Come ipotizzato in questi mesi, in assenza del pubblico il numero di vittorie casalinghe è sceso dal 43 al 33 per cento. Le squadre di casa hanno segnato meno gol: in media 1,43 a partita contro l’1,74 precedente alla sospensione. I tiri verso la porta avversaria nel proprio stadio sono scesi del 10 per cento, così come il numero di calci d’angolo ottenuti e i dribbling effettuati sugli avversari.

Questa tendenza si sta intravedendo anche in Serie A. Nella prima giornata dopo la ripresa, su dieci partite ci sono state soltanto tre vittorie casalinghe. Nella giornata successiva ce ne sono state cinque su dieci, mentre nel turno in corso che si concluderà stasera con Atalanta-Napoli e Roma-Udinese ce ne sono state finora soltanto due.

Giocare in casa si sta rivelando quindi meno influente di prima. L’assenza dell’incitamento e della pressione proveniente dal tifo per le squadre che giocano nel loro stadio rende le partite di calcio meno influenzate da fattori esterni. Anche i giudizi arbitrali sembrano risentirne: nell’83 per cento delle partite analizzate da Gracenote, le squadre di casa sono state mediamente punite di più rispetto al solito.

L’Olympiastadion durante il derby di Berlino (Stuart Franklin/Getty Images)

Ma c’è anche un caso particolare, quello dell’Hertha Berlino, curioso anche se non ancora abbastanza indicativo. La squadra della capitale tedesca non conclude una stagione al di sopra della sesta posizione da dodici anni, e da allora ha vissuto due retrocessioni in seconda divisione. Da tre stagioni è stabile a metà classifica, ma l’ambiente in cui gioca rimane circondato da aspettative sempre alte e pressioni provenienti da un pubblico numeroso ed esigente come può essere quello di una grande capitale europea.

Forse anche per questi motivi, nelle quattro partite giocate in un Olympiastadion vuoto, l’Hertha ha ottenuto tre vittorie, e probabilmente avrebbe potuto evitare anche l’unica sconfitta, subita contro il Francoforte, se non avesse dovuto giocare con un uomo in meno per tutto il secondo tempo. Nelle ultime quattro partite disputate in casa, con il pubblico, prima della sospensione – e contro squadre mediamente meno forti di quelle incontrate di recente – lo stesso identico Hertha non era riuscito a vincerne una, rimediando soltanto due pareggi e due sconfitte, tra cui uno 0-5 contro la quintultima in classifica.