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  • Venerdì 26 giugno 2020

Alla fine l’ex presidente del Kirghizistan è stato condannato

Almazbek Atambayev, presidente fino al 2017 e arrestato alcuni mesi fa in circostanze cinematografiche, è stato giudicato colpevole di corruzione

Almazbek Atambayev nel 2015 (Carsten Koall/Getty Images)
Almazbek Atambayev nel 2015 (Carsten Koall/Getty Images)

Il 23 giugno Almazbek Atambayev, ex presidente del Kirghizistan, è stato condannato a 11 anni e due mesi di carcere per corruzione. Nello specifico, Atambayev è stato giudicato colpevole di aver fatto rilasciare prima del previsto (sostenendo che avesse la leucemia) Aziz Batukayev, un capo malavitoso che una volta liberato fuggì in Russia. Atambayev si dice innocente e sostiene che sia una condanna politica voluta dal suo successore ed ex alleato Sooronbai Jeenbekov. La condanna è arrivata dopo mesi molto movimentati, persino per gli standard del Kirghizistan.

Atambayev ha 63 anni e fu presidente del Kirghizistan – un’ex repubblica sovietica dell’Asia centrale, con un po’ più di 6 milioni di abitanti – tra il 2011 e il 2017, dopo che negli anni precedenti aveva partecipato alle rivolte per rovesciare due precedenti presidenti. Nel 2017, non potendosi candidare per un secondo mandato, supportò la candidatura di Jeenbekov, che era stato primo ministro e che riteneva di poter controllare; poi i rapporti tra i due cambiarono, con reciproche accuse di malgoverno e corruzione.

Jeenbekov e Atambayev nel 2017 (Vyacheslav Oseledko/Pool Photo via AP, File)

La situazione peggiorò notevolmente nell’estate 2019: a giugno il parlamento tolse a Atambayev l’immunità di cui godeva in quanto ex presidente e ad agosto, dopo che per diverse settimane aveva rifiutato di farsi interrogare nell’ambito delle indagini sul suo conto, le forze di sicurezza del paese provarono a prelevarlo dalla casa fortificata in cui viveva vicino a vicino a Bishkek, la capitale del paese, per portarlo in carcere. Non ci riuscirono perché la casa era ben difesa e qualcuno sparò contro le forze di sicurezza, che si ritirarono. Ci fu anche uno scontro a fuoco in cui morì un agente e dopo il quale altri sei furono presi in ostaggio per alcune ore.

Sempre ad agosto, il giorno successivo al primo tentativo, la polizia ci riprovò: questa volta con molti più uomini, dopo aver bloccato le strade vicine alla casa e con un mezzo blindato con il quale sfondare il cancello della residenza dell’ex presidente. Il secondo tentativo andò meglio del primo e l’8 agosto Atambayev, che comunque era ancora stato difeso da decine di sostenitori, fu arrestato.

Nella sentenza di condanna nei suoi confronti è stata anche decisa, come ha scritto Eurasianet, la confisca di numerose sue proprietà, tra cui «terreni, case, edifici in costruzione, media, uffici, automobili e circa due dozzine di conti bancari». Sempre Eurasianet ricorda inoltre che Atambayev sarà soggetto ad altri processi, compreso uno per l’omicidio dell’agente morto nel tentato arresto di agosto, di cui Atambayev si era preso la responsabilità.

Parlando di Jeenbekov e di Atambayev l’Economist ha scritto che «il nuovo presidente potrebbe aver imparato dal suo predecessore ed ex mentore un paio di cose su come neutralizzare i rivali», perché «quando era presidente Atambayev aveva l’abitudine di far incarcerare i suoi rivali con accuse di corruzione». Tra l’altro, Atambayev non è nemmeno l’unico importante politico kirghizo del recente passato a essere stato incarcerato per corruzione: anche Sapar Isakov, primo ministro tra il 2017 e il 2018, è stato condannato a 18 mesi di carcere.

Sooronbay Jeenbekov (Adam Berry/Getty Images)

Non ci sono invece informazioni certe su dove si trovi Batukayev, il criminale che Atambayev fece rilasciare nel 2017. Eurasianet scrive che forse fu rilasciato per usarlo in una sorta di scambio di prigionieri con il fratello di un altro ex presidente kirghizo (Kurmanbek Bakiyev, deposto nel 2010) e aggiunge: «Non si sa dove si trovi ora Batukayev ma si pensa che stia bene e che non soffrisse di nessuna malattia terminale».

Intanto, diversi media indipendenti hanno parlato di quello che l’Economist presenta come un «traffico di contrabbando» che, forse con l’approvazione del governo, avrebbe permesso di portare fuori dal paese quasi un miliardo di dollari.