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  • Martedì 23 giugno 2020

Il cappio per Bubba Wallace, l’unico pilota nero del campionato NASCAR

È successo dopo che si era schierato a favore del movimento "Black Lives Matter", e contro le bandiere confederate alle corse

(Chris Graythen/Getty Images)
(Chris Graythen/Getty Images)

Aggiornamento del 24 giugno: Le indagini condotte dall’FBI sul “cappio” trovato nel box in cui si trovava l’auto di Darrell “Bubba” Wallace Jr. hanno appurato che non si trattava di un’intimidazione, bensì di una corda utilizzata come maniglia di una porta del garage, che si trovava lì dallo scorso anno. Secondo l’FBI «non è stato commesso alcun reato federale».

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Il 21 giugno a Talladega, in Alabama, nel sud degli Stati Uniti, è stato trovato un cappio in uno dei box delle auto che erano lì per correre una prova del campionato NASCAR. Il box era quello in cui si trovava l’auto di Darrell “Bubba” Wallace Jr., l’unico pilota nero del campionato, che nei giorni precedenti si era schierato apertamente a favore del movimento “Black Lives Matter” e contro l’uso – da parte di alcuni tifosi e su certi circuiti NASCAR – della bandiera confederata, ritenuta un simbolo razzista. Dopo il ritrovamento del cappio, l’FBI ha aperto un’indagine e diversi piloti NASCAR hanno mostrato vicinanza a Wallace, che negli ultimi giorni è diventato improvvisamente molto noto anche ai non appassionati di corse automobilistiche.

La bandiera confederata era il simbolo degli stati sudisti che durante la guerra civile degli Stati Uniti, combattuta fra il 1861 e il 1865, lottavano fra le altre cose per il mantenimento della schiavitù dei neri. Chi continua a usarla ancora oggi lo fa spesso con un implicito significato razzista e orgogliosa difesa “dei vecchi tempi”, che a volte si cerca di mascherare però come simbolo identitario e nazionalista.

Una bandiera confederata nel 2007 a Darlington, in South Carolina. (Streeter Lecka/Getty Images)

Come ha spiegato il New York Times, la bandiera si vede spesso alle gare NASCAR, soprattutto su certi circuiti – tra cui quello di Talladega – perché «molti appassionati sono bianchi e conservatori» e perché alcuni di loro la vedono come «parte della tradizione degli stati del Sud» e di conseguenza come parte della tradizione della NASCAR, che esiste dagli anni Quaranta e ha «profonde radici proprio nel Sud degli Stati Uniti».

– Leggi anche: Gli articoli del Post sulla bandiera confederata

Della bandiera e della sua associazione con la NASCAR si era già parlato nel 2015, quando dopo la strage di Charleston – nella quale un suprematista bianco di 21 anni uccise nove afroamericani all’interno di una chiesa metodista – l’associazione invitò ufficialmente i tifosi a non usare la bandiera confederata, senza però vietarne espressamente e definitivamente l’uso. Se ne era tornato a parlare a inizio giugno, quando sull’onda delle proteste successive alla morte di George Floyd, Wallace aveva chiesto alla NASCAR (è il nome sia del campionato che dell’associazione) di vietare l’uso delle bandiere confederate. «Per qualcuno può anche essere tradizione», aveva detto Wallace a CNN, «ma altri ci vedono odio».

Il 10 giugno la NASCAR aveva deciso di ascoltare quella richiesta, vietando l’uso della bandiera confederata, in quanto «contraria alla volontà di creare un ambiente accogliente e inclusivo per tutti». Quella stessa settimana Wallace aveva anche corso con la sua auto – una Chevrolet con il numero 43: un numero storico, nella NASCAR – insolitamente verniciata di nero, con sopra la scritta “#blacklivesmatter” e con le parole “compassione, amore e comprensione”.

(Jared C. Tilton/Getty Images)

Con ogni probabilità, quindi, il cappio – un riferimento ai linciaggi contro gli afroamericani molto diffusi per secoli nel Sud degli Stati Uniti – è una sorta di ritorsione contro la sua presa di posizione, contro le sue pressioni nei confronti della NASCAR e contro la fama che si è guadagnato nelle ultime settimane.

Prima, infatti, Wallace non era particolarmente famoso ai non appassionati di corse automobilistiche, semplicemente perché non è oggi uno dei più forti piloti del campionato. Inoltre, come ha scritto il New York Times, «per molto tempo aveva cercato di concentrarsi solo sulle corse», senza prendere particolari posizioni sul razzismo e sugli atteggiamenti dei tifosi nei confronti della questione. Sua madre, Desiree Wallace, ha detto: «L’unica bandiera di cui ci curavamo era quella a scacchi», cioè quella che segna la fine della corsa.

Wallace però ha deciso di prendere posizione dopo le manifestazioni delle ultime settimane e in particolare, secondo quanto raccontato da sua madre, dopo aver visto un video dell’uccisione, a inizio maggio, di Ahmaud Arbery, un venticinquenne nero che era uscito di casa per fare jogging vicino a Brunswick, in Georgia.

Wallace il 10 giugno a Martinsville, Virginia (Jared C. Tilton/Getty Images)

Wallace ha 26 anni e corre nel campionato NASCAR dal 2017 per il Richard Petty Motorsports, gestito da Richard Petty, uno dei più grandi campioni della storia automobilistica statunitense. Finora ha partecipato a 90 corse, finendo due volte tra i primi 5 e sei volte tra i primi dieci, senza nemmeno una vittoria.

Nelle ultime ore, dopo il ritrovamento del cappio nel suo box, diversi piloti e tecnici della NASCAR gli hanno manifestato in vario modo la loro vicinanza; in particolare prima della partenza della gara di Talladega.