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  • Venerdì 5 giugno 2020

In Bielorussia si sta facendo viva l’opposizione

In quella che viene definita "l’ultima dittatura d’Europa" ci sono proteste contro il presidente Lukashenko, che ha fatto arrestare i suoi oppositori in vista delle elezioni

L'attivista dell'opposizione Nikolai Statkevich, Minsk, 24 maggio 2020 (AP Photo/Sergei Grits, File)
L'attivista dell'opposizione Nikolai Statkevich, Minsk, 24 maggio 2020 (AP Photo/Sergei Grits, File)

Il prossimo 9 agosto, nonostante la pandemia da coronavirus, in Bielorussia si terranno le elezioni presidenziali. La Bielorussia è uno stato di circa 9 milioni di abitanti tra Polonia e Russia, ed è spesso definita “l’ultima dittatura d’Europa”: dal 1994 l’attuale presidente Alexander Lukashenko, 65 anni, ha un saldo controllo sul paese e ha vinto ogni elezione. Alle elezioni parlamentari del 2019 tutti i 110 seggi della camera bassa del parlamento sono stati vinti da candidati considerati leali verso Lukashenko, per esempio, mentre l’opposizione non ha ottenuto nemmeno un seggio. Quest’anno Lukashenko si presenterà per un sesto mandato.

A fine maggio a Minsk, la capitale del paese, c’è stata però una grande manifestazione di protesta, organizzata dalle opposizioni per denunciare il governo autoritario di Lukashenko e la repressione delle voci antigovernative e dei mezzi di informazione indipendenti. Centinaia di persone sono andate in piazza indossando le mascherine per sfidare l’atteggiamento del governo – che si è rifiutato di prendere misure contro il coronavirus e che ha definito i timori degli altri paesi una «psicosi di massa» – e portando con sé delle ciabatte per schiacciare «lo scarafaggio», come è stato definito il presidente.

Manifestazione a Minsk, Bielorussia, 24 maggio 2020 (AP Photo/Sergei Grits)

Nelle ultime settimane, secondo l’organizzazione locale per la difesa dei diritti umani Viasna, almeno 50 attivisti sono stati fermati dalla polizia mentre raccoglievano pacificamente le firme per consentire agli oppositori di partecipare alle elezioni di agosto. A capo di queste iniziative e movimenti di piazza ci sono, tra gli altri, Sergei Tikhanovsky, un blogger, e Mikola Statkevitch, che aveva già sfidato Alexander Lukashenko alle presidenziali del 2010. Entrambi nell’ultimo mese sono stati arrestati ed esclusi dalla corsa per le elezioni.

Sergei Tikhanovsky ha 40 anni e si definisce un piccolo imprenditore. Le sue proteste erano inizialmente rivolte contro la burocrazia. I critici sottolineano i suoi presunti legami con la Russia, sulla base del fatto che alcuni anni fa avesse aperto degli uffici a Mosca per una società di produzione video con la quale lui però sostiene di non avere più alcun legame. Tikhanovsky non ha un programma preciso per il futuro del paese. Il suo progetto è sostanzialmente liberare l’ex repubblica sovietica dal presidente Alexander Lukashenko: «Schiaccia lo scarafaggio» è il suo slogan, dietro al quale è riuscito a raccogliere molto consenso popolare, anche all’interno dell’elettorato scontento di Lukashenko. La sua retorica è molto semplice: «Rendere il capo di stato colpevole di tutti i mali del paese», ha spiegato l’analista politico Artyom Shraibman.

Tikhanovski è stato arrestato una prima volta il 9 maggio e poi, di nuovo, il 29. La candidatura per le elezioni presidenziali del 9 agosto gli è stata negata sulla base dei suoi precedenti penali. Tikhanovski ha perciò deciso di avviare la raccolta firme per candidare la moglie.

Il 31 maggio, mentre stava andando a una manifestazione di protesta a Minsk contro l’arresto di Tikhanovski, è stato a sua volta arrestato Mikola Statkevitch, un altro leader dell’opposizione che aveva sfidato Alexander Lukashenko anche alle presidenziali del 2010, ma con scarsi risultati. Statkevitch è stato condannato a 15 giorni di carcere. Nel 2011 era già stato condannato a sei anni di carcere per il coinvolgimento nelle proteste seguite alle elezioni e, per questo motivo, gli è stato proibito di ricandidarsi.

Il primo giugno Lukashenko ha detto: «Non ci sarà alcuna rivolta popolare nel nostro paese», riferendosi alla rivoluzione ucraina del 2014 che portò alla caduta del governo. «La sicurezza nazionale resta la priorità». Il presidente ha spiegato come le autorità bielorusse siano consapevoli dell’attivismo e degli obiettivi di alcuni gruppi che, ha detto, «vogliono organizzare delle rivolte in vista delle elezioni presidenziali o nel giorno del voto. Questo era il loro piano, ma voglio assicurarvi che non sarà così».

Nel frattempo, anche fuori dal paese ci sono molte preoccupazioni circa lo svolgimento delle elezioni e la repressione delle libertà. Alcuni parlamentari europei hanno condannato in una dichiarazione ufficiale gli arresti e le repressioni arbitrarie delle ultime settimane, dicendo che se proseguiranno cercheranno di far rivedere le politiche dell’Unione Europea nei confronti della Bielorussia e di far imporre delle sanzioni. «Siamo profondamente preoccupati per il costante fallimento delle autorità per migliorare l’ambiente elettorale e per la loro palese mancanza d’intenzione nel creare condizioni per una reale parità di condizioni tra i candidati». E ancora: «Condanniamo queste provocazioni poiché costituiscono un ulteriore attacco alle libertà fondamentali di espressione e assemblea pacifica, nonché un’interferenza diretta nel processo elettorale con l’obiettivo di impedire ai candidati di raccogliere il numero di firme necessario per la nomina presidenziale». Nella loro dichiarazione, gli europarlamentari chiedono la liberazione immediata di tutti i cittadini arrestati «ingiustamente» e la fine di «questa inaccettabile ondata di repressione».