Le parole e le scene di Paolo Sorrentino

Cose di vita, film, serie tv e libri, raccolte insieme oggi che compie cinquant'anni

Paolo Sorrentino alla prima di The New Pope al festival di Venezia, 2019
(Tristan Fewings/Getty Images)
Paolo Sorrentino alla prima di The New Pope al festival di Venezia, 2019 (Tristan Fewings/Getty Images)

Paolo Sorrentino è regista, sceneggiatore e scrittore. Da oggi ha 50 anni e negli ultimi venti ha scritto due libri, girato due serie tv e diretto otto film: nella maggior parte dei suoi film ha raccontato personaggi di fantasia, ma quando ha scelto storie vere ha puntato a bersagli grossi, come Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi. Il suo film più noto, in Italia e nel mondo, ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero; il suo lavoro più recente è The New Pope, una sorta di secondo atto dopo The Young Pope, la sua prima serie tv.

Paolo Sorrentino è nato a Napoli, nel quartiere Arenella, e quando aveva 16 anni morirono entrambi i suoi genitori: «Per colpa di una stufa», raccontò qualche anno fa, «avvelenati dal monossido di carbonio» in una casa in cui non era andato insieme a loro perché per la prima volta il padre gli aveva dato il permesso di andare a seguire in trasferta una partita del Napoli di Diego Armando Maradona. Dei genitori Sorrentino disse: «Mamma era solare, accogliente, divertente. Radiosa. Papà era poco napoletano. Zitto, introverso, mai una parola; con lampi di ironia che ci rendevano felici. Toni Servillo me lo ricorda, con il suo rigore e le sue fiammate di ilarità irresistibile».

Sorrentino visse un po’ con la sorella maggiore e poi, piuttosto presto, da solo. Frequentò il liceo classico dai salesiani e poi, sebbene avrebbe preferito studiare filosofia, si fece convincere che era meglio economia. Ma non la finì: «Mi mancavano cinque esami alla laurea, quando scelsi il cinema», ha raccontato al Corriere della Sera. «Se non fosse successo quello che è successo, non avrei mai fatto il regista. Da figlio di bancario avrei se­guito, più o meno, le orme paterne. L’essere rimasto orfano mi ha dato l’incoscienza per provarci».

Nel 1994 fece il suo primo cortometraggio, Un paradiso, a cui seguirono diverse esperienze come aiuto regista e sceneggiatore, tra le altre cose anche per la tv, dove si occupò della sceneggiatura di alcuni episodi della serie La squadra. In quegli anni scrisse anche le sceneggiature per il film Napoletani, che però poi non si fece, e per Polvere di Napoli, che invece divenne un film diretto da Antonio Capuano, con protagonista Silvio Orlando.

A fine anni Novanta diresse un altro cortometraggio – L’amore non ha confini, che parla di «un boss soprannominato Mahatma, che nascosto in un rifugio segreto, fa chiamare un sicario per trovare un amore giovanile – e scrisse un’altra sceneggiatura che non divenne film. Nel 2001 diresse il cortometraggio La notte lunga, per sensibilizzare contro l’uso di sostanze stupefacenti, in collaborazione con il comune di Milano. Nel 2001, poco più che trentenne, diresse il suo primo film.

L’uomo in più
Interpretato da Toni Servillo, è un film drammatico che racconta le storie del calciatore Antonio Pisapia e del cantante Tony Pisapia. Sono gli anni Ottanta e entrambi sembrano essere all’apice del successo, ma a entrambi succede qualcosa che cambia le loro vite. Alcuni anni fa, Sorrentino disse: «Il sabato sera, i miei invitavano gli amici a casa, mettevano un disco di Califano o Sinatra e ballavano i lenti. Io, bambino, li guardavo incantato. Ho fatto il mio primo film, storia di un cantante confidenzia­le, perché mio padre ascoltava Califano».

Le conseguenze dell’amore
È del 2004 e c’è ancora Servillo, che questa volta è Titta Di Girolamo, un uomo di cinquant’anni che fa una vita molto strana in una stanza d’albergo di una piccola città Svizzera. Non ha un lavoro e vive in una «un’atroce routine, nell’eterna attesa che accada qualcosa di rocambolesco». Soffre di insonnia e ogni settimana si inietta una dose di eroina (ma è più complicata di così). A un certo punto dice, in uno di quei monologhi scritti da Sorrentino e recitati dai personaggi di Servillo (tutti, tra l’altro, con dei notevolissimi nomi):

La cosa peggiore che può capitare ad un uomo che trascorre molto tempo da solo, è quella di non avere immaginazione. La vita, già di per sé noiosa e ripetitiva, diventa in mancanza di fantasia uno spettacolo mortale. Prendete questo individuo con il papillon: molte persone nel vederlo si divertirebbero a congetturare sulla sua professione, sul tipo di rapporti che intrattiene con queste donne; io invece, vedo davanti a me solo un uomo frivolo. Io non sono un uomo frivolo, l’unica cosa frivola che possiedo è il mio nome: Titta Di Girolamo.

L’amico di famiglia
Primo film senza Servillo. Il protagonista con il notevolissimo nome – Geremia de’ Geremei – è interpretato da Giacomo Rizzo ed è un usuraio «bruttissimo, lercio, ricco e tirchio, cinico ed ironico» che ha «un rapporto morboso, ossessivo, malato con qualsiasi cosa» e che usa i debiti che le persone hanno con lui per intrufolarsi nelle loro famiglie.

Il divo
Uscì nel 2008, con Toni Servillo che interpreta Giulio Andreotti e che è perlopiù ambientato in un paio di anni dei primi anni Novanta. Andreotti lo definì «una mascalzonata». Sorrentino disse:

Andreotti ha reagito in modo stizzito e questo è un buon risultato, perché di solito lui è impassibile di fronte a ogni avvenimento. La reazione mi conforta e mi conferma la forza del cinema rispetto ad altri strumenti critici della realtà.

This Must Be the Place
Il primo film non italiano di Sorrentino: inglese nella lingua e americanissimo nell’ambientazione. Il protagonista – un ex rockstar alla ricerca di un ufficiale nazista che umiliò il padre – è interpretato da Sean Penn e sul perché avesse deciso di girare This must be the place, Sorrentino disse:

Volevo misurarmi in maniera spudorata e spericolata con tutti i luoghi iconografici del cinema che mi hanno fatto amare questo lavoro sin da quando ero ragazzino: New York, il deserto americano, le stazioni di servizio, i bar bui coi banconi lunghissimi, gli orizzonti lontanissimi. I luoghi americani sono un sogno e, quando ci sei dentro, non diventano reali, ma continuano ad essere sogno. Questa stranissima condizione di continua sospensione dalla realtà mi è accaduta solo negli Stati Uniti.

A proposito della storia raccontata, Sorrentino disse:

Nel mio mondo ideale i film non dovrebbero più prevedere le trame e dovrebbero semplicemente raccontare a tutto tondo i personaggi; tuttavia la trama nel film c’è, perché c’è ancora chi è appassionato di questa brutta cosa.

La grande bellezza
Di nuovo Servillo, in un film che all’iniziò qualcuno criticò ma che è ormai chiaro, quasi dieci anni dopo, essere uno di quei film che si fanno ricordare, che raccontano la giusta storia nel giusto momento. È entrato nella cultura italiana a cominciare dal titolo, e a proseguire con scene, contesti, citazioni; è uno degli ormai pochi film italiani che hanno davvero notato anche all’estero.

Intervistato dal Corriere della Sera, Sorrentino elencò i suoi cinque film preferiti: C’era una volta in America, di Sergio Leone, e poi La dolce vita, Otto e mezzo, Roma e Amarcord, tutti e quattro di Federico Fellini, un regista a cui molti pensarono guardando La grande bellezza. L’intervistatore glielo fece notare e Sorrentino rispose:

Per quanto io abbia sempre negato che La grande bellezza c’entri qualcosa con lui, la bugia è palese. Anche io tento umilmente di arrivare alla verità attraverso la fantasia.

Youth – La giovinezza
Un film attesissimo, dopo i successi del precedente, ma di certo non ugualmente apprezzato. Ambientato in un albergo delle Alpi svizzere e con Michael Caine, Harvey Keitel e Jane Fonda, parla «di memoria e di assenza».

Loro
Uscito diviso in due, ma alla fine è un unico film su Silvio Berlusconi (chissà se qualcuno avesse detto a Toni Servillo, 15 anni fa, che dopo Andreotti sarebbe stato anche Berlusconi). A proposito di Loro (uscito nel 2018, a circa sette anni dall’ultimo governo direttamente guidato da Berlusconi) Sorrentino disse a Vanity Fair:

Lessi una frase di Susan Sontag che mi sembrò illuminante: “Gli argomenti iniziano ad appassionarmi quando finiscono di appassionare gli altri”. Diamine, pensai. È esattamente quel che capita a me. Così dopo averci tanto riflettuto, quando su Berlusconi non più al governo si sono spenti i riflettori ed è calato il sipario, mi sono finalmente mosso.

The Young Pope e The New Pope
Due serie ambientate in Vaticano, ma nello stile di Sorrentino. La prima con un papa giovane e americano, interpretato da Jude Law, la seconda con uno aristocratico e britannico, interpretato da John Malkovich. C’è tanto di quello per cui Sorrentino è famoso: comprese alcune immagini e scene incredibilmente evocative (la fotografia è di Luca Bigazzi, suo collaboratore storico), anche a prescindere dal contesto della storia.

Hanno tutti ragione e Gli aspetti irrilevanti
Oltre alle sceneggiature di tutto ciò che dirige, Sorrentino è anche stato autore di due libri: Hanno tutti ragione e Gli aspetti irrilevanti, del 2010 e del 2016. A proposito di scrittura, non solo dei libri, Sorrentino disse alla Stampa:

Io sono più scrittore che regista, dai venti ai trent’anni ho solo scritto sceneggiature. Mi piace il cinema, è una bellissima attività, ma quando ho tempo scrivo anche libri. Il libro mi consente una sfrenata libertà. Tutto quello che vedo accadere è sulla pagina. Mentre invece quando lavori per il cinema sai che quello che scrivi avrà a che fare con altre realtà e altre persone. La scrittura cinematografica si muove tra barriere e ostacoli. Il romanzo finisce quando l’editore lo pubblica, il copione è solo il primo passo.

A proposito di come scriveva, spiegò di farlo per molte ore al giorno, ma che solo poche erano quelle davvero proficue:

Io mi metto al computer e scrivo dieci, undici ore. Ma la parte buona riguarda le prime due ore del mattino. Tutto il resto è preparatorio alle due ore del giorno dopo.

Gomorra
Qualche volta, Sorrentino ha anche recitato.

Federico Fellini, i Talking Heads, Martin Scorsese e Diego Maradona