La storia del prestito chiesto da FCA

Se ne sta molto parlando, per via delle garanzie che dovrebbe dare lo stato italiano e perché il gruppo ha sede fiscale e legale all'estero

(ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO)
(ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO)

Sabato, il gruppo automobilistico Fiat Chrysler Automobiles (FCA) ha annunciato di essere al lavoro per ottenere un prestito fino a 6,3 miliardi di euro da usare per sostenere le attività produttive di FCA Italy, la controllata del gruppo attiva in Italia (quella che in passato era Fiat). FCA ha detto che sta trattando con la banca Intesa Sanpaolo per ottenere il prestito e ha spiegato di aver chiesto che parte delle garanzie necessarie per averlo siano date dallo stato, in base a quanto stabilito dai decreti approvati per rilanciare l’economia durante la crisi dovuta al coronavirus.

Questo aspetto ha provocato molte critiche per FCA e per il governo italiano, comprese le richieste di alcuni politici italiani che in cambio delle garanzie pubbliche la società si impegni a riportare in Italia la sua sede fiscale e quella legale.

Con i decreti approvati dal governo a marzo e aprile per sostenere l’economia italiana durante la crisi sono state messe a disposizione delle aziende italiane garanzie finanziarie fino a 750 miliardi di euro per ottenere dalle banche prestiti a condizioni agevolate (il testo del cosiddetto “decreto liquidità” si può leggere qui).
Semplificando, significa che le imprese che hanno bisogno di denaro con cui pagare stipendi e altri costi fissi possono chiedere prestiti alle banche e che lo stato rimborserà quei prestiti qualora le imprese che li hanno chiesti non fossero in grado di farlo. Le garanzie sono gestite da SACE, una società della Cassa Depositi e Prestiti, possono essere usate solo per attività produttive che si svolgono in Italia e possono riguardare prestiti che non superino il 25 per cento del fatturato delle imprese che li chiedono. Se si soddisfano i criteri stabiliti dal decreto, la concessione delle garanzie è automatica per le imprese fino a 1,5 miliardi di euro di fatturato annuo, per le altre è previsto un processo istruttorio.

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FCA ha chiesto a SACE di ottenere garanzie per un prestito fino a 6,3 miliardi di euro che vorrebbe ottenere da Intesa Sanpaolo per finanziare le sue attività in Italia. In un comunicato diffuso sabato, FCA ha spiegato di voler usare il prestito per pagamenti «esclusivamente alle attività italiane del Gruppo FCA e al sostegno della filiera dell’automotive in Italia», quindi sia per spese relative al personale impiegato negli stabilimenti e nei centri di sviluppo italiani di FCA che per i pagamenti dei suoi molti fornitori. I 6,3 miliardi di euro sono calcolati in base al 25 per cento del fatturato del gruppo FCA in Italia.

FCA Italy gestisce 16 stabilimenti e 26 centri di ricerca e sviluppo, con 55.000 dipendenti in tutto. Secondo FCA, inoltre, le società che riforniscono il gruppo sono 5.500, con 200.000 dipendenti in tutto, a cui vanno aggiunte le circa 120.000 persone impiegate nelle concessionarie e nei servizi di assistenza ai clienti. Chi negli ultimi giorni si è espresso favorevolmente al prestito ha quindi insistito sul fatto che servirà a sostenere il grande comparto automobilistico italiano, con benefici che non riguarderanno soltanto FCA e le sue attività, ma più in generale tutta l’economia italiana e molte aziende di piccole e medie dimensioni che da sole faticherebbero a ottenere aiuti.

Il gruppo FCA, che controlla FCA Italy e FCA US (di cui fa parte Chrysler), ha però la sua sede legale nei Paesi Bassi e la sua sede fiscale nel Regno Unito: per questo la richiesta di aiuto all’Italia è stata criticata da qualcuno e per questo diversi politici italiani hanno chiesto che in cambio delle garanzie chieste il gruppo riporti le sue sedi in Italia. Il vicesegretario del Partito Democratico Andrea Orlando ha per esempio detto che «un’impresa che chiede ingenti finanziamenti allo Stato italiano riporta la sede in Italia», una richiesta simile a quella fatta dall’ex ministro Carlo Calenda e dal portavoce di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni.

I Paesi Bassi e il Regno Unito vengono scelti come sede da molte multinazionali per via del più semplice diritto societario in vigore e perché le tasse per le grandi società sono generalmente più basse. FCA Italy paga allo stato italiano le tasse sulle attività produttive svolte in Italia, ma, per esempio, il gruppo FCA paga nel Regno Unito le tasse sui dividendi che distribuisce ai suoi azionisti (tra cui, il principale, il gruppo Exor della famiglia Agnelli) e che dipendono dagli utili generati dalle sue controllate.

Chi chiede che FCA riporti la sua sede legale e fiscale in Italia chiede quindi che il gruppo paghi più tasse in Italia e che sia maggiormente soggetto alle leggi italiane. Altre critiche alla possibilità che lo stato italiano garantisca un prestito a FCA riguardano invece il fatto che il gruppo ha annunciato a fine 2019 la fusione con PSA (che controlla Peugeot e Citroën) e il fatto che tra gli azionisti di PSA ci sia lo stato francese. Questo, secondo qualcuno, potrebbe portare a una riduzione degli investimenti del gruppo in Italia e potrebbe rendere quindi meno rilevanti le attività italiane di FCA.

Il prestito è ancora in discussione e per il momento SACE non ha approvato le garanzie chieste dal gruppo. Rispondendo a una domanda sul prestito chiesto da FCA, il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha ricordato che avere sede legale e fiscale in Italia non è un prerequisito per ottenere le garanzie e che quindi nel caso di FCA non si sta parlando di concedere trattamenti particolari. Conte si è inoltre mostrato favorevole alla concessione delle garanzie a FCA, spiegando che a prescindere dalla sede fiscale del gruppo, gran parte delle sue attività sono in Italia e riguardano lavoratori italiani.