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  • Venerdì 1 maggio 2020

Centinaia di profughi rohingya sono da due mesi alla deriva al largo delle coste malesi

Sia la Malesia che il Bangladesh rifiutano di farli sbarcare, anche per paura che a bordo ci siano casi di coronavirus

Rifugiati rohingya dopo essere stati salvati a Teknaf in Bangladesh, giovedì 16 aprile 2020 (AP/Suzauddin Rubel)
Rifugiati rohingya dopo essere stati salvati a Teknaf in Bangladesh, giovedì 16 aprile 2020 (AP/Suzauddin Rubel)

Da due mesi centinaia di persone di etnia rohingya sono alla deriva su almeno due pescherecci di legno al largo della Malesia, fra il golfo del Bengala e il mare delle Andamane. Da giorni le associazioni umanitarie non riescono più a localizzare le imbarcazioni via satellite.

Secondo il Guardian, le imbarcazioni in mare sono due e a bordo ci sarebbero più di 500 persone; il New York Times parla invece di tre imbarcazioni. Le barche erano partite dal Bangladesh, dove si trovano tantissimi profughi rohingya scappati dalle persecuzioni in Myanmar, ed erano dirette in Malesia. Negli ultimi due mesi, però, sia il governo della Malesia che quello del Bangladesh hanno rifiutato di consentire lo sbarco, ufficialmente per le misure di contrasto all’epidemia da coronavirus. Secondo molti, però, la vera ragione è che nessuno li vuole: i rohingya sono infatti una delle minoranze più perseguitate al mondo.

I rohingya sono un grande gruppo etnico di religione musulmana, le cui comunità si trovano per lo più in Bangladesh e in Myanmar. La fase più violenta della persecuzione dei rohingya in Myanmar iniziò tre anni fa, quando l’esercito birmano cominciò una serie di operazioni militari che comportò tra le altre cose stupri sistematici contro le donne rohingya e l’uccisione di moltissime persone. Centinaia di migliaia di persone scapparono nel vicino Bangladesh, dove vivono ancora oggi in campi profughi per lo più improvvisati e in condizioni misere. La situazione di questi campi è peggiorata ulteriormente con l’epidemia da coronavirus, che ha spinto il governo del Bangladesh a vietare alla maggior parte degli operatori umanitari di continuare ad assistere i profughi.

Negli ultimi anni, migliaia di rohingya hanno provato a raggiungere via mare la Malesia, per trovare lavoro come braccianti.

Ancora oggi i migranti si affidano ai trafficanti di esseri umani, e il viaggio è molto pericoloso, perché avviene su barche sovraffollate e con poche scorte di cibo e acqua. Quando queste imbarcazioni vengono intercettate dalla Guardia costiera malese, vengono costrette a tornare verso il Bangladesh.

Già lo scorso 15 aprile, 382 persone di etnia rohingya erano state soccorse dalla Guardia costiera al largo del Bangladesh dopo essere state respinte dalla Malesia ed essere state alla deriva per settimane: durante il viaggio, a bordo dell’imbarcazione erano morte almeno venti persone, e i profughi, molti dei quali bambini, erano stati trovati malnutriti e disidratati.