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  • Sabato 18 aprile 2020

Dove sono gli aerei che non volano?

Negli aeroporti intere piste sono state trasformate in parcheggi, e sono nati anche dei nuovi depositi: il problema, però, è che non basta lasciarli lì

(David McNew/Getty Images)
(David McNew/Getty Images)

A causa delle restrizioni legate alla pandemia da coronavirus, da qualche settimana stanno volando nel mondo molti meno aerei del solito. Per accorgersene basta farsi un giro su siti come FlightRadar24 o Euromonitor: il primo mostra le poche migliaia di aerei adesso nei cieli mentre sul secondo si trovano dati che parlano, per la seconda settimana di aprile, di quasi 200mila voli in meno, in Europa, rispetto allo stesso periodo del 2019.

Ogni aereo che non vola comporta una serie di problemi noti – turisti che non viaggiano, persone che non lavorano e soldi che si perdono – ma ce n’è anche un altro: da qualche settimana ci sono, nel mondo, migliaia di aerei a terra. Non sono mai stati così tanti – nemmeno quando, poco meno di dieci anni fa, quel vulcano islandese bloccò per qualche giorno i voli sull’Europa – e non si sa per quanto dovranno restarci. Questo comporta problemi logistici ed economici per le compagnie che devono parcheggiarli, assicurandosi allo stesso tempo di tenerli pronti per volare, pieni di persone, appena possibile.

Il primo problema riguarda lo spazio. Prima del coronavirus, era nell’interesse delle compagnie aeree lasciare gli aerei in cielo per più tempo possibile, senza farli stazionare troppo negli aeroporti e sfruttando anzi i minuti tra un atterraggio e un decollo per fare rifornimenti e controlli. Un aereo che vola, pieno di gente, porta guadagni; uno parcheggiato è solo un costo, che nei principali aeroporti europei è pari – tenendo conto solo dello spazio occupato – a qualche centinaia di euro per ogni ora. Come ha scritto CNN, «il sistema non è stato pensato per avere così tanti aerei in un posto diverso dai cieli».

Si stima che adesso nel mondo ci siano alcune migliaia di aerei a terra. Alcuni sono fermi negli aeroporti: sono i luoghi più comodi e meglio attrezzati per questo scopo, ma non c’è spazio per tutti gli aerei e i costi, soprattutto se si considera una sosta di diverse settimane, possono diventare molto alti, specie in quelli più grandi e con più collegamenti con il resto del mondo. Chi può permetterselo e trova spazio, quindi, sta lasciando i propri aerei negli aeroporti più importanti. Altri si stanno accontentando di scali isolati e poco trafficati, che costano meno ma che risulteranno più scomodi quando quegli aerei dovranno tornare a volare. Ci sono anche diversi casi di aeroporti che hanno temporaneamente trasformato piste di decollo e atterraggio in parcheggi per aerei.

Gli aeroporti comunque non hanno posto per tutti, e costano parecchio. Per questo – come ha spiegato BBC dopo averne parlato con diversi esperti – si stanno usando anche “depositi” di altro tipo. In particolare in paesi come gli Stati Uniti o l’Australia, con tante aree grandi e scarsamente popolate, ci sono basi aeree isolate e spaziose o anche solo grandi depositi in cui lasciare aerei inutilizzati, in attesa che qualcuno li rimetta in sesto, o magari ne acquisti certe parti o componenti. Alcuni di questi depositi sono noti come “cimiteri per aerei“, seppure non tutti gli aerei ci vadano per restarci.

Un grande deposito si trova per esempio vicino ad Alice Springs, in mezzo all’Australia, e da circa dieci anni se ne occupa Tom Vincent, ex vicepresidente di Deutsche Bank, che ha spiegato a CNN che ne sta ampliando la capacità da 30 a 70 aerei. Vincent ha spiegato che le aree più indicate per il parcheggio a medio-lungo termine di un aereo sono quelle con un clima arido e una bassa umidità, perché i motori e le altre parti più importanti rischiano meno di danneggiarsi.

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In Europa, dove in genere c’è meno spazio, le compagnie aeree si stanno arrangiando distribuendo gli aerei in diversi aeroporti, sfruttando piste momentaneamente trasformate in parcheggi. Neda Jaafari, portavoce del Lufthansa Group, ha spiegato che al momento il gruppo (di cui fanno parte anche compagnie aeree diverse da Lufthansa) ha parcheggiato 700 dei suoi 763 aerei (in tempi normali ne teneva parcheggiati una decina) e che per la maggior parte ha trovato posto in Germania, da dove sarà più facile e veloce rimetterli in volo appena possibile.

Una volta scelto il parcheggio, non basta lasciare le chiavi, andarsene e tornare a riprendere l’aereo dopo qualche settimana. Gli aerei che non volano sono sottoposti a una serie di controlli necessari a preservarne l’efficienza, passaggi costosi e che risultano più comodi se a essere parcheggiati sono aerei di uguale modello (un’altra cosa da tenere in conto quando si deve parcheggiare gran parte di un’intera flotta). A occuparsi delle operazioni necessarie alla manutenzione degli aerei sono in genere apposite società, che spesso operano in collaborazione con gli aeroporti in cui hanno sede.

Ci sono procedimenti di base comuni per tutti gli aerei, e altri specifici che cambiano da un modello all’altro; e ci sono procedure diverse a seconda del luogo e del periodo di tempo per cui l’aereo deve stare a terra. Provando a generalizzare, per prima cosa gli aerei vengono sottoposti a quella che CNN ha definito «una sorta di imbalsamazione aeronautica»: una cosa piuttosto semplice prevede di coprire i finestrini e tutti i sedili, per evitare che la luce li scolorisca. Ma ci sono anche procedimenti più complicati: dalla copertura delle ruote a quello che prevede di svuotare l’aereo del suo carburante e di ogni suo altro liquido, o quello che riguarda la copertura di tutto quello che serve per preservare i vari sensori e strumenti, interni ed esterni, dell’aereo. Il Wall Street Journal ha fatto notare che ai tanti problemi, in questo periodo se ne è aggiunto uno dovuto al fatto che per ripulire i serbatoi di carburante degli aerei parcheggiati serve un prodotto che può essere anche usato come disinfettante, e che di questi tempi è diventato quindi piuttosto difficile da trovare.

Jaafari, la portavoce di Lufthansa, ha spiegato che ogni aereo a terra viene in genere controllato almeno una volta a settimana da esperti qualificati e che tutti i procedimenti preliminari per predisporre un Airbus A320 (un aereo che può portare quasi 200 passeggeri) richiedono circa 60 ore complessive. E altre 60 una volta che si decide che l’aereo dovrà tornare a volare.

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I giornali che si sono occupati del problema degli aerei rimasti a terra spiegano anche che molte compagnie aeree potrebbero scegliere, data la situazione, di lasciare definitivamente a terra alcuni dei loro aerei più vecchi, per evitare di pagare per mesi i costi di manutenzione di aerei che chissà quando potranno tornare a volare e che comunque non potrebbero durare molti altri anni. BBC parla, per esempio, del possibile «pensionamento anticipato» di diversi Boeing 747 e 757.

Per quanto riguarda il quando gli aerei potranno tornare a volare, una risposta non c’è. Dipenderà da tanti fattori e la situazione sarà diversa da un paese all’altro. Ma è certo che la ripresa sarà lenta. Pochi giorni fa Vasu Raja, vicepresidente di American Airlines ha detto al Wall Street Journal: «Nessuno viaggerà per i prossimi 30 o 60 giorni. Ma nessuno sta nemmeno facendo piani per viaggiare nei prossimi 90 o 150».