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  • Lunedì 30 marzo 2020

Lo sport che ci è rimasto

I professionisti si allenano, gli stadi rimangono vuoti, qualcuno pensa alla beneficenza e in Bielorussia si gioca facendo finta di niente

Un tifosa abbonata alla Roma dopo aver ricevuto un pacco di generi di conforto su iniziativa del club (Fabio Rossi/AS Roma/LaPresse)
Un tifosa abbonata alla Roma dopo aver ricevuto un pacco di generi di conforto su iniziativa del club (Fabio Rossi/AS Roma/LaPresse)

Da quando l’epidemia da coronavirus ha costretto all’attuazione di misure straordinarie, lo sport si è dovuto adattare. Tutte le competizioni più importanti sono state sospese, alcune mentre si trovavano nel pieno delle loro attività. Chi ha potuto farlo senza prevedere troppe ripercussioni – come nel caso del rugby italiano – ha già deciso di annullare la stagione, a maggior ragione dopo il rinvio delle Olimpiadi estive di Tokyo 2020, il cui inizio era previsto a fine luglio. Ma le competizioni più importanti, come la Serie A in Italia, i campionati di calcio europei, la Formula 1 e la NBA, si sono bloccate a tempo indeterminato. In attesa delle prossime decisioni, il mondo dello sport non si è completamente fermato: chi ne fa parte, chi ci lavora e chi lo frequenta continua a farlo sottotraccia.

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