No, l’Unione Europea non ha chiesto al Regno Unito di restituire i marmi del Partenone
La notizia sta circolando sui giornali italiani ma proviene dai soliti screditati tabloid britannici, ed è infondata
Nelle ultime ore diversi giornali italiani hanno ripreso una notizia falsa, ingigantita e distorta da diversi quotidiani britannici, secondo cui nella bozza iniziale dei prossimi negoziati su Brexit l’Unione Europea avrebbe inserito la richiesta che il Regno Unito restituisca alla Grecia alcuni marmi del Partenone, il famoso tempio greco di Atene, oggi conservati al British Museum di Londra. In realtà la bozza non contiene alcun riferimento al Partenone, e diverse fonti – comprese alcune governative greche – hanno spiegato che il paragrafo in questione riguarda il problema delle opere d’arte antica che finiscono illegalmente nella disponibilità delle case d’asta londinesi.
I giornali italiani hanno ripreso senza fare ulteriori verifiche una notizia apparsa perlopiù sui tabloid e i giornali conservatori britannici, che hanno un approccio esplicitamente ostile all’Unione Europea e in passato hanno spesso diffuso informazioni false o esagerato alcune notizie che la mettessero in cattiva luce. In particolare la notizia falsa sul Partenone è circolata nei giorni in cui l’Unione Europea sta mettendo insieme la bozza iniziale per i negoziati sul futuro accordo commerciale che entrerà in vigore alle fine del periodo di transizione di Brexit, cioè nel 2021. I tabloid hanno quindi tutto l’interesse a descrivere le richieste dell’Unione Europea come irragionevoli o eccessivamente dure nei confronti del Regno Unito.
La bozza è stata fatta circolare dal Consiglio dell’Unione Europea, e contiene diverse richieste che i negoziatori europei sottoporranno a quelli britannici nei prossimi mesi. Il paragrafo 32a) contiene la richiesta che il Regno Unito e l’Unione Europea «si occupino del tema della restituzione di opere culturali rimosse illegalmente dai loro paesi d’origine».
Ai primi giornalisti che hanno letto le bozze è venuta effettivamente in mente la questione dei marmi del Partenone, su cui il governo britannico e quello greco stanno litigando ormai da decenni.
I marmi in questione sono statue e decorazioni risalenti al quinto secolo a.C. che un tempo facevano parte del Partenone, il principale tempio di Atene e considerato sin dall’antichità una delle costruzioni religiose più belle al mondo. Si trovano al British Museum perché all’inizio dell’Ottocento un nobile inglese che si occupava dei beni culturali dell’Impero Ottomano, di cui allora faceva parte la Grecia, li staccò dal tempio e li vendette al governo britannico. Il nobile inglese era Thomas Bruce VII conte di Elgin, e da allora la collezione del British Museum è nota come “i marmi di Elgin”.
Fanno parte della collezione alcune delle opere più belle fra quelle che appartenevano al Partenone fra cui le sculture del frontone, cioè quelle che apparivano sulla parte superiore della facciata centrale, e diversi fregi e metope (lastre di muro decorate con bassorilievi). L’intero complesso decorativo è opera dello scultore Fidia – considerato fra i migliori scultori della storia – e dei suoi collaboratori.
Il governo greco ha chiesto spesso a quello britannico di restituire i marmi alla Grecia: due anni fa lo ha esplicitamente chiesto anche l’ex primo ministro greco Alexis Tsipras durante un incontro bilaterale con l’allora prima ministra britannica Theresa May. «I marmi appartengono al patrimonio culturale di tutto il mondo ma la loro collocazione naturale è sul Partenone», disse Tsipras ai giornalisti durante la visita. Il Regno Unito si è sempre rifiutato di accogliere la richiesta: un po’ perché il tema della restituzione di importanti opere d’arte è molto dibattuto nel mondo della storia dell’arte – e a volte ha contorni effettivamente molto più sfumati rispetto alla vicenda del Partenone – e un po’ perché quei marmi sono fra le attrazioni principali del British Museum, il più importante e frequentato museo di Londra.
In realtà diverse fonti hanno spiegato che il paragrafo contenuto nella bozza del Consiglio dell’UE non si riferiva ai marmi del Partenone. Un funzionario greco ha smentito a Bloomberg che si riferisse a quella vicenda, spiegando che invece «riguarda le opere d’arte rubate, come i dipinti del Settecento e dell’Ottocento che spesso spuntano fra le mani delle case d’asta londinesi». La fonte di Bloomberg ha aggiunto che la vicenda dei marmi del Partenone rimane una questione bilaterale fra Grecia e Regno Unito (se anche la Grecia avesse voluto usare i negoziati su Brexit per inserire una richiesta di carattere così nazionale, fra l’altro, difficilmente gli altri 26 paesi e i negoziatori europei l’avrebbero appoggiata). Alcune ore dopo la diffusione della bozza, anche un portavoce del governo greco ha smentito che la restituzione dei marmi del Partenone sia stata legata al negoziato su Brexit.
Altre fonti di Jennifer Rankin, corrispondente del Guardian alle istituzioni europee, hanno «smentito categoricamente» alcun legame coi marmi del Partenone. Rankin ha aggiunto che il paragrafo è stato richiesto dalla Grecia, da Cipro e anche dall’Italia per assicurarsi che il Regno Unito continui a cooperare con i paesi europei per restituire loro opere d’arte sottratte illegalmente.
Il Financial Times ha scritto che fra i paesi che hanno richiesto di includere il paragrafo c’è anche la Spagna – che nel corso della storia ha prodotto diversi celebri pittori – e ricordato che grazie all’Unione Europea negli anni scorsi «è stato creato un sistema chiamato EU-CULTNET che riunisce le principali agenzie nazionali che si occupano del contrabbando di opere d’arte», e che le leggi europee prevedono delle regole stringenti per l’esportazione di beni considerati di interesse nazionale.