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  • Domenica 16 febbraio 2020

Xi Jinping sapeva del nuovo coronavirus già a inizio gennaio?

Lo suggerisce un discorso pubblicato ieri dal periodico del Partito Comunista: potrebbe dimostrare che inizialmente il pericolo fu sottovalutato

Xi Jinping, il 10 febbraio, durante una visita a un ospedale di Pechino (A Pang Xinglei/Xinhua via ZUMA Wire)
Xi Jinping, il 10 febbraio, durante una visita a un ospedale di Pechino (A Pang Xinglei/Xinhua via ZUMA Wire)

Secondo alcuni documenti ufficiali del governo cinese, il presidente Xi Jinping sapeva della gravità della situazione legata al nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) già dal 7 gennaio, due settimane prima dei suoi primi commenti pubblici sulla questione.

Sabato 15 febbraio, Qiushi, il periodico bimestrale del Comitato centrale del Partito comunista cinese, ha pubblicato un discorso tenuto da Xi il 3 febbraio, in cui faceva riferimento a una riunione del Comitato permanente dell’ufficio politico del Partito Comunista Cinese del 7 gennaio, dicendo che già in quell’occasione aveva dato direttive su come comportarsi per gestire i primi casi di contagio da nuovo coronavirus.
Il primo commento pubblico di Xi sul coronavirus di cui si aveva notizia fino a ieri erano stati dei brevi ordini diffusi il 20 gennaio.

Il Comitato permanente dell’ufficio politico è il gruppo di lavoro più importante e con maggiori poteri all’interno del Politburo, l’ufficio politico che controlla e supervisiona il partito: il fatto che si fosse occupato già il 7 gennaio del nuovo coronavirus significa che la questione era stata presa seriamente. La nota diffusa il 7 gennaio dall’agenzia di stampa cinese Xinhua sulla riunione di quel giorno del Comitato permanente – come ha notato il New York Times non faceva però riferimento a discussioni sul coronavirus.

La prima morte causata dal nuovo coronavirus è stata registrata il 9 gennaio a Wuhan, la città dove il virus si è inizialmente diffuso. Il 23 gennaio, la diffusione del virus aveva già raggiunto altissimi livelli di gravità e Wuhan ed altre due città furono messe in quarantena (la misura è stata da allora estesa a molte altre città della provincia di Hubei).

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Per giorni Xi non aveva parlato pubblicamente della crisi ed era sembrato voler prendere le distanze dalle critiche ricevute dalla Cina per gli iniziali ritardi nella gestione dei contagi. Solo la scorsa settimana, Xi ha per la prima volta visitato un ospedale di Pechino dove sono ricoverate alcune persone contagiate dal nuovo coronavirus, ma non ha ancora visitato Wuhan o la regione di Hubei.

La diffusione del discorso del 3 febbraio potrebbe essere un tentativo di Xi di mostrarsi più presente e in controllo della situazione; allo stesso tempo però rischia di dimostrare che per diversi giorni, tra il 7 e il 20 gennaio, il governo cinese non si mosse con la necessaria efficacia per fermare la diffusione del virus, sottovalutandone la pericolosità.

Il 18 gennaio, per esempio, il governo locale di Wuhan approvò un evento pubblico a cui parteciparono 40.000 persone e in quei giorni ci fu l’annuale riunione locale del Partito Comunista.

In tutto, ad oggi, sono stati confermati 68.500 casi di nuovo coronavirus e sono morte 1.665 persone. Gran parte dei casi di contagio e delle morti sono avvenute in Cina e in particolare nella provincia di Hubei, dove si sono sviluppati i primi casi. Quattro persone sono morte fuori dalla Cina – una nelle Filippine, una in Giappone, una in Francia e una a Taiwan– e una persona è morta a Hong Kong.