Da dove arriva Elly Schlein

Una breve biografia della nuova vicepresidente dell'Emilia-Romagna, che negli ultimi giorni ha fatto parecchio parlare di sé

(Facebook)
(Facebook)

Nelle ultime settimane i giornali e le tv si sono occupati molto di Elly Schlein, ex parlamentare europea del Partito Democratico e oggi vicepresidente della regione Emilia-Romagna. Secondo diversi osservatori la lista con cui si è presentata alle regionali, Coraggiosa, è risultata decisiva per attrarre migliaia di elettori alla sinistra del PD e in sostanza far vincere il centrosinistra, mentre prima e dopo la campagna elettorale si è fatta notare rispettivamente con un video in cui affronta Salvini sulla gestione dei migranti e un’intervista televisiva da Daria Bignardi in cui ha fatto coming out. Di lei hanno iniziato a interessarsi anche alcuni giornali stranieri, fra cui Associated Press, Politico e il País, che l’ha definita «la nuova stella della sinistra italiana».

Quello di Schlein è da qualche anno un nome piuttosto noto per chi si occupa di politica, soprattutto degli ambienti compresi fra l’ala più radicale del Partito Democratico e i piccoli partiti che stanno alla sua sinistra.

Schlein (si legge shlàin) è nata a Lugano, in Svizzera, ha 34 anni e dietro di lei ha una storia familiare piuttosto turbolenta. Suo nonno materno era Agostino Viviani, partigiano e poi rispettato senatore del Partito Socialista. Il nonno paterno invece emigrò negli Stati Uniti da Lviv, che oggi si trova in Ucraina, per sfuggire alle persecuzioni contro gli ebrei. Schlein arrivò in Italia a 19 anni e si stabilì a Bologna, dove studiò giurisprudenza. Sono gli anni in cui diventò politicamente attiva: fu eletta due volte nel Consiglio di facoltà come rappresentante degli studenti, e nel 2008 partecipò come volontaria nell’ultimo periodo della campagna elettorale di Barack Obama per diventare presidente degli Stati Uniti.

Nel 2011 Schlein si è laureata in giurisprudenza con una tesi sui detenuti stranieri nelle carceri italiane. Dopo una breve carriera come giornalista di cinema, nel 2013 diventò il volto più riconoscibile di OccupyPD, un movimento formato soprattutto da giovani attivisti del partito che si opponevano all’eventualità di un governo di «larghe intese» con il centrodestra. Schlein si fece notare a tal punto che riuscì a entrare nella direzione nazionale del partito, nella quota riservata alle persone vicine a Pippo Civati, e poi a candidarsi alle Europee: nel maggio del 2014 ottenne 53mila preferenze, una montagna di voti per una 29enne semisconosciuta.

Al Parlamento Europeo Schlein si è occupata soprattutto di immigrazione, un tema che segue dai tempi dell’università. Per due anni Schlein fu la relatrice dei Socialisti alla riforma del regolamento di Dublino, il collo di bottiglia legislativo che costringe decine di migliaia di migranti attivati in Italia a rimanere per anni nel territorio italiano. Insieme ai colleghi del centrodestra e dei Liberali, Schlein trovò un compromesso per modificare il regolamento rendendo automatico il ricollocamento dei migranti negli altri paesi europei, ma la proposta finale del Parlamento Europeo non fu mai approvata dal Consiglio dell’UE, cioè l’organo dove siedono i rappresentanti dei vari governi nazionali, soprattutto a causa dell’opposizione dei paesi dell’Est.

Fu in quel periodo che fra Schlein e la Lega iniziarono i dissidi che portarono al video pubblicato da Schlein nel gennaio del 2020. La riforma era talmente delicata e complessa che assorbì per quasi due anni il lavoro di Schlein e delle altre parlamentari europee che ci lavorarono, fra cui anche Alessandra Mussolini per Forza Italia e Laura Ferrara per il Movimento 5 Stelle. Eppure alle 22 riunioni di negoziato – cioè quelle in cui i relatori dei singoli partiti trattavano i punti principali della proposta – non partecipò mai alcun rappresentante della Lega, che invece sosteneva a più riprese che le leggi europee in materia di immigrazione dovessero essere modificate.

Molto probabilmente la Lega decise di non partecipare perché al Parlamento Europeo le forze più istituzionali si rifiutano di collaborare con i partiti di estrema destra, nella logica del cosiddetto “cordone sanitario”. Schlein però aveva invitato più volte i parlamentari leghisti a offrire il loro contributo, e sia pubblicamente sia privatamente si era detta più volte stupita del fatto che non lo facessero, salvo poi attaccare l’Unione Europea per non aiutare a sufficienza l’Italia. Schlein non era mai riuscita a chiederne conto pubblicamente a Salvini, fino a poche settimane fa, quando lo incontrò per caso a San Giovanni in Perisceto, in provincia di Bologna. Il video del loro incontro ha ottenuto mezzo milione di visualizzazioni su Twitter ed è stato ripreso da tutti i principali quotidiani e tv.

È stata la prima volta da anni che Schlein è riuscita a far parlare di sé su giornali e tv nazionali. Una volta eletti, tranne rare eccezioni, i parlamentari europei italiani entrano infatti in una specie di cono d’ombra all’interno del quale vengono chiamati soltanto dai talk show mattutini e dai programmi specializzati. Sono passati sei anni, per dire, fra la penultima e l’ultima apparizione di Schlein a Otto e mezzo, il popolare talk show di La7 condotto da Lilli Gruber.

Nonostante le poche apparizioni sui giornali e le tv, che ancora oggi sono lo strumento di consenso più immediato per un politico nazionale, Schlein si era attirata col tempo diverse attenzioni. Dei parlamentari europei eletti in Italia, era considerata fra le più efficaci negli interventi in aula e soprattutto fra le più preparate – anche grazie a un eccellente gruppo di collaboratori e assistenti – e la sua pagina Facebook ha riscosso per anni un discreto successo anche grazie agli spezzoni dei suoi discorsi in Parlamento.

Durante il suo mandato, inoltre, Schlein tornava quasi ogni settimana in Italia per comizi e iniziative politiche spesso rivolte ai giovani, mentre a Bruxelles aveva deciso di spendere il budget che ogni parlamentare europeo ha a disposizione per far visitare le istituzioni europee a ospiti esterni per organizzare seminari di politica rivolti a decine di giovani.

Fra i parlamentari italiani della scorsa legislatura Schlein non era in assoluto la più a sinistra – c’era un ristretto manipolo di parlamentari eletti con l’estemporaneo movimento L’Altra Europa con Tsipras – ma quella che sembrava più in sintonia con l’elettorato più giovane su alcuni temi: ripeteva spesso l’esigenza di un’Europa più attenta all’ambiente, alle istanze femministe, alla disoccupazione giovanile, al rispetto dei diritti delle minoranze e delle comunità LGBT. Schlein è inoltre una convinta federalista: appartiene cioè alla corrente di pensiero per cui le istituzioni europee debbano assumere una sempre maggiore quota di poteri, sottraendoli agli stati nazionali. «Abbiamo bisogno di una vera integrazione europea per rispondere alle sfide contemporanee», ha detto ancora di recente in un’intervista ad Associated Press.

Il progressivo aumento del suo consenso personale non è stato accompagnato dalla carriera nei partiti tradizionali. Nel 2015 Schlein uscì dal Partito Democratico in polemica con la svolta centrista imposta al partito da Matteo Renzi per unirsi a Possibile, il partito di sinistra fondato da Pippo Civati, da cui però si è progressivamente allontanata. Nei mesi precedenti alle elezioni europee del 2019 tentò una manovra piuttosto spericolata per cercare di mettere insieme una lista unitaria di sinistra che si presentasse come un progetto «fresco nel linguaggio, innovativo nei metodi, nei contenuti e anche nei volti», come scrisse sul suo blog, facendo capire che altrimenti non si sarebbe ricandidata. In effetti non lo fece, nonostante verso la fine del mandato il nuovo segretario del PD Nicola Zingaretti le chiese esplicitamente di tornare nel partito e ripresentarsi alle elezioni europee.

Il video dell’incontro del festival di Konrad con Elly Schlein e Piercamillo Falasca, lo scorso aprile

La scelta di non ricandidarsi lasciò perplessi diversi osservatori, ma Schlein ha spiegato che non si sarebbe sentita a suo agio né in una delle varie liste alla sinistra del PD né dentro il partito stesso, che aveva abbandonato ormai da quattro anni: «non volevo e non potevo fare scelte che sarebbero, al contrario, estremamente divisive, anche tra le persone e realtà con cui ho lavorato fianco a fianco», scrisse di nuovo sul suo blog.

Nelle settimane successive alle elezioni europee Schlein iniziò a lavorare alla lista con cui si sarebbe presentata alle elezioni regionali in Emilia-Romagna: Coraggiosa è stata avviata all’inizio di novembre, e da quel momento Schlein ha passato le settimane successive in giro per la regione a fare campagna elettorale. La sua lista ha ottenuto 81.419 voti, cioè il 3,77 per cento del totale, e Schlein è risultata la candidata col consenso personale più alto grazie a 22.098 preferenze. Nella nuova giunta regionale, Schlein avrà la delega al Welfare e al “Patto per il clima”.