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  • Giovedì 16 gennaio 2020

Hai capito il Pordenone

Il 2019 è stato il miglior anno nella storia della piccola squadra di calcio friulana, il 2020 potrebbe andare ancora meglio

Tifosi del Pordenone alla Dacia Arena di Udine (Antonio Ros/LaPresse)
Tifosi del Pordenone alla Dacia Arena di Udine (Antonio Ros/LaPresse)

Il campionato di Serie B ritorna questo fine settimana dopo la sosta invernale, durata una ventina di giorni. Il Benevento allenato dall’ex attaccante Filippo Inzaghi sembra già irraggiungibile, lanciato verso il ritorno in Serie A con dodici punti più della seconda: è una sorpresa ma non più di tanto, considerati i 14 milioni di euro investiti per formare la squadra, più di ogni altro club del campionato. La vera sorpresa della Serie B è invece la piccola squadra friulana del Pordenone, al secondo posto con tre punti di vantaggio sulla terza, nonostante sia costata circa la metà del Benevento.

Per chi segue le serie minori del campionato italiano, il Pordenone non è una novità, perché da alcuni anni fa parlare di sé. Due stagioni fa sembrò essere arrivato all’apice delle sue ambizioni quando costrinse l’Inter – in quel momento capolista della Serie A – a giocarsi gli ottavi di finale di Coppa Italia fino ai calci di rigore, peraltro dopo aver eliminato il Cagliari, altra squadra di Serie A. Eppure la memorabile storia recente del Pordenone è continuata e tutto fa pensare che proseguirà ancora.

Lo scorso aprile il Pordenone ha ottenuto la prima promozione in Serie B a quasi cento anni dalla fondazione. Allenata dal veneto Attilio Tesser, ha vinto il girone B con sei punti più della Triestina, squadra del capoluogo giuliano che si era vista quindi sorpassare dal vicino comune friulano con un quarto dei suoi abitanti. In vista del debutto nella categoria superiore, Tesser in estate ha detto più volte che per proseguire lo sviluppo del club sarebbe stato importante salvarsi e restare in B: sei mesi dopo, invece, si sta giocando la possibilità di arrivare in Serie A.

Attilio Tesser (Antonio Ros/LaPresse)

Quello che sorprende del Pordenone è come un club rifondato appena una decina di anni fa sia riuscito a crescere così tanto su tutti i fronti. Nel 2003, infatti, il Pordenone venne escluso dalla Serie C per inadempienze finanziarie imputabili alla gestione di Ettore Setten, imprenditore veneto che meno di una decina di anni dopo contribuì anche al fallimento del Treviso. Il Pordenone dovette ripartire dall’Eccellenza friulana, e fu per giunta retrocesso in Promozione l’anno seguente. Dopo alcune complicate stagioni di transizione, nel 2007 l’imprenditore pordenonese Mauro Lovisa, socio di una grossa società cooperativa agricola di proprietà della sua famiglia, assunse il controllo del club, riportandolo in Serie C in sette anni.

Nel 2014 Lovisa contattò un altro friulano, Bruno Tedino, allora allenatore delle nazionali giovanili e mentore di diversi giocatori attualmente in Serie A come Gianluigi Donnarumma, Manuel Locatelli e Andrea Pinamonti. Lo assunse e lo mise al centro di un progetto a medio-lungo termine pensato per valorizzare alcuni giovani promettenti aggregati alla prima squadra. Giocando un calcio propositivo e a tratti sorprendente per la categoria, il Pordenone di Tedino arrivò ai vertici della Serie C con una percentuale di vittorie pari al 50 per cento delle partite giocate, la media più alta di sempre per la squadra.

Bruno Tedino (LaPresse/Francesco Mazzitello)

L’ottimo lavoro di Tedino portò a Pordenone le prime attenzioni di stampa e appassionati, e su di lui quelle del Palermo di Maurizio Zamparini, che da imprenditore friulano di vecchio corso fu il primo a cogliere l’opportunità per portarlo ad allenare il Palermo (dove non andò tanto bene, anche a causa dei noti problemi societari dei siciliani).

Avendo iniziato un progetto più ampio e con delle buone basi, la società di Lovisa riuscì a gestire il trasferimento di Tedino rimpiazzandolo con l’ex calciatore Leonardo Colucci, che portò la squadra agli ottavi di finale di Coppa Italia. L’impegno in coppa, tuttavia, ebbe ripercussioni sull’andamento in campionato, alle quali la società rispose con l’esonero di Colucci e la nomina di un allenatore ad interim che concluse la stagione al nono posto e al primo turno dei playoff.

Per la stagione successiva venne assunto Attilio Tesser, precedentemente esonerato dalla Cremonese in Serie B. Da esperto allenatore con alle spalle quattro promozioni, Tesser trovò una squadra già forte per la categoria, con giocatori insieme da tanti anni e che in passato aveva sfiorato più volte la promozione. Senza avere come rivali in Serie C squadre grosse e ambiziose come erano state negli anni precedenti Parma, Venezia e Padova, nella scorsa stagione il Pordenone ha potuto finalmente approfittarne per vincere il campionato e salire in Serie B.

Alessandro Bassoli e il capitano Mirko Stefani (Antonio Ros/LaPresse)

Arrivato a questo punto, però, il Pordenone non può più affidarsi soltanto alle sue competenze in ambito sportivo: così la società ha iniziato a rinnovarsi in tutti i suoi rami. Il cambiamento più evidente ha riguardato l’immagine del club, il cui stemma fino all’anno scorso riprendeva grossomodo quello vecchio della Juventus, club di cui fu satellite negli anni Sessanta. Nel nuovo stemma si riconosce ora una certa originalità, cosa non scontata per squadre di questa dimensione. Dopo il logo è stato rinnovato anche il sito, dotato di uno store online per la vendite di maglie, abbigliamento e merchandising, altra cosa per nulla scontata nei campionati minori.

In questo periodo il Pordenone sta cercando altri soci locali per consolidare la sua situazione economica, migliorata sensibilmente lo scorso anno grazie al successo di una campagna di raccolta fondi che ha portato nelle sue casse quasi 2 milioni e mezzo di euro, la terza somma più alta raccolta in Italia tramite una campagna di questo tipo. Le donazioni hanno sostenuto il Pordenone proprio nell’anno della promozione in Serie B, un traguardo che ha spinto la dirigenza a iniziare i primi colloqui con l’amministrazione comunale per la costruzione di un nuovo stadio di proprietà. Il vecchio Bottecchia, piccolo e inospitale, è stato abbandonato con l’arrivo della Serie B, che ha costretto il trasferimento di una cinquantina di chilometri alla Dacia Arena di Udine, impianto condiviso con l’Udinese che verrà utilizzato eventualmente anche per la Serie A.