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  • Martedì 10 dicembre 2019

Le elezioni che l’opposizione non vuole

Giovedì in Algeria si elegge il nuovo presidente, dopo le dimissioni forzate di Abdelaziz Bouteflika: i candidati sono cinque, tutti legati al vecchio regime

Manifestanti antiregime a Tizi-Ouzou, circa 100 chilometri a est di Algeri (RYAD KRAMDI / AFP)
Manifestanti antiregime a Tizi-Ouzou, circa 100 chilometri a est di Algeri (RYAD KRAMDI / AFP)

Giovedì in Algeria si vota per eleggere un nuovo presidente per la prima volta dalle dimissioni di Abdelaziz Bouteflika, costretto di fatto a lasciare il suo incarico all’inizio di aprile per la pressione di milioni di algerini e dell’esercito. Le elezioni non saranno però come se le aspettava il movimento di opposizione Hirak, emerso durante le proteste del 2019.

I candidati saranno cinque, tutti in un modo o nell’altro legati al vecchio regime che si era sviluppato durante i vent’anni di governo autoritario di Bouteflika. Nessuno di loro è espressione delle proteste di piazza che per mesi hanno cercato di ottenere non solo un cambio di leadership, ma anche un cambio più generale del sistema politico algerino: l’opposizione si è infatti detta contraria a tenere elezioni ora, sostenendo che non sarebbe stato un processo corretto e giusto e che prima era necessario un cambio nei centri più importanti del potere del paese.

I cinque candidati alle elezioni di giovedì sono Abdelmadjid Tebboune e Ali Benflis, ex capi di governo sotto Bouteflika, Azzedine Mihoubi, ex ministro della Cultura, Abdelkader Bengrina, ex ministro del Turismo, e Abdelaziz Belaid, leader del movimento El Mostakbal, forza politica legata al vecchio regime.

La campagna elettorale, iniziata solo a novembre, è stata molto complicata per i cinque candidati, che hanno tenuto per lo più comizi poco partecipati e circondati da manifestazioni di protesta dell’opposizione. Le contestazioni sono state organizzate nonostante le minacce e la repressione dell’esercito, che negli ultimi mesi ha arrestato più di 150 tra giornalisti, attivisti sindacali e vignettisti di satira politica. Secondo alcune organizzazioni internazionali che si occupano della difesa dei diritti umani, come Human Rights Watch, dall’inizio di settembre in Algeria sono stati arrestati decine di manifestanti con accuse pretestuose, come quella di “danneggiare l’unità nazionale”.

Per l’opposizione, che per mesi ha continuato a protestare ogni venerdì per chiedere un cambio di regime, non è semplice trovare spazi per provare a imporre le proprie idee, anche a causa dello strapotere dell’esercito, guidato dal 79enne generale Ahmed Gaid Salah.

Salah ha provato a migliorare l’immagine del vecchio regime, accusato tra le altre cose di corruzione. Negli ultimi mesi sono stati arrestati gli ex primi ministri Ahmed Ouyahia e Abdelmalek Sellal e diversi ministri e uomini d’affari. A settembre un tribunale algerino ha inoltre condannato quattro importanti politici e funzionari a 15 anni di carcere per “avere cospirato contro l’esercito”: i quattro sono il fratello dell’ex presidente, Said Bouteflika, gli ex capi dell’intelligence Athmane Tartag e Mohamed “Toufik” Mediene, e la leader del Partito dei Lavoratori, partito di sinistra, Louisa Hanoune. Nonostante gli arresti, che in molti casi hanno colpito esponenti della vecchia élite criticata dai manifestanti, il movimento di opposizione Hirak si è mantenuto sulle sue posizioni, giudicando le mosse dell’esercito non sufficienti.

Come ha scritto il sito specializzato al Monitor, l’affluenza alle elezioni in Algeria è solitamente bassa e ci si aspetta che giovedì lo sia ancora di più a causa del boicottaggio dell’opposizione. Il dato da guardare sarà soprattutto questo: l’esercito spera che l’affluenza sarà sufficiente per garantire un minimo di legittimità al nuovo presidente, in modo da placare l’opposizione e terminare le proteste di piazza.