Luciano Benetton dice che nessuno della sua famiglia ha mai gestito Autostrade

In una lettera ai giornali ha sostenuto che gli attacchi alla sua famiglia sulla vicenda del Ponte Morandi siano ingiusti, mentre Di Maio insiste con la revoca delle concessioni

(PHOTOROLA-ansa-pat)
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Luciano Benetton, il capo della nota omonima famiglia di imprenditori, ha scritto una lettera aperta pubblicata ieri da vari quotidiani per rispondere alle critiche che da mesi vengono rivolte ai Benetton dal Movimento 5 Stelle – e in particolare dal capo politico del partito, Luigi Di Maio – per la loro presunta responsabilità nel crollo del Ponte Morandi di Genova. I Benetton sono infatti importanti azionisti del fondo Atlantia, che a sua volta è azionista all’88 per cento di Autostrade Spa, la società che si occupava della manutenzione e della gestione del ponte. In un post pubblicato ieri mattina su Facebook, Di Maio ha definito la lettera «surreale», e aggiunto che «le famiglie delle vittime del Ponte Morandi chiedono e devono avere giustizia».

Nella lettera, Benetton – che ha 84 anni ed è cofondatore del principale gruppo della famiglia – accusa esplicitamente Di Maio di avere avviato una «campagna di odio contro la nostra famiglia», «come fosse collusa nell’aver deciso scientemente di risparmiare sugli investimenti in manutenzioni» del Ponte Morandi. Benetton aggiunge inoltre che la sua famiglia non può essere considerata direttamente responsabile del crollo, perché «nessun componente della famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade», nel senso che non ha mai ricoperto ruoli dirigenziali.

La questione è tornata attuale perché nelle ultime settimane Di Maio ha ripetuto spesso che il governo dovrà revocare le concessioni per gestire le autostrade ad Atlantia, posizione che il Movimento 5 Stelle aveva assunto già poche ore dopo il crollo del ponte.

Al momento è ancora presto per stabilire se i Benetton avessero davvero avuto un ruolo, anche se indiretto, nel crollo del Ponte Morandi. L’inchiesta della procura di Genova è appena iniziata, e Benetton dice una cosa vera quando spiega che nessuno della sua famiglia ha mai gestito direttamente l’azienda responsabile della gestione e dei controlli.

C’è un sostanziale consenso da parte degli esperti sul fatto che Autostrade Spa abbia svolto tutti i controlli formalmente necessari per la legge. Alcuni però ritengono che questi controlli non fossero sufficienti, dato che per legge ad Autostrade – che ogni anno genera circa 900 milioni di euro di utili per Atlantia – bastano una serie di autocertificazioni per essere in regola. Da tempo la privatizzazione dei tratti autostradali, avvenuta alla fine degli anni Novanta, viene criticata da esperti e analisti per essere avvenuta in maniera poco trasparente e senza evidenti migliorie per i clienti.

Qui sotto trovate il testo integrale della lettera di Benetton.

Gentile direttore,
trovo necessario fare chiarezza su un grande equivoco, nessun componente la famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade. La famiglia Benetton è azionista al 30 per cento di Atlantia che a sua volta controlla la società Autostrade. Atlantia è una azienda quotata in borsa che ha il 70 per cento di azionisti terzi nazionali e internazionali, tra cui sono presenti importanti fondi sovrani e investitori a lungo termine, che nulla hanno a che vedere con la famiglia Benetton. Le notizie di questi giorni su omessi controlli, su sensori guasti non rinnovati o falsi report, ci colpiscono e sorprendono in modo grave, allo stesso modo in cui colpiscono e sorprendono l’opinione pubblica. Ci sentiamo feriti come cittadini, come imprenditori e come azionisti. Come famiglia Benetton ci riteniamo parte lesa.

Di sicuro ci assumiamo la responsabilità di aver contribuito ad avallare la definizione di un management che si è dimostrato non idoneo, un management che ha avuto pieni poteri e la totale fiducia degli azionisti e di mio fratello Gilberto che per come era abituato a lavorare, di sicuro ha posto la sicurezza e la reputazione dell’azienda davanti a qualunque altro obiettivo. Sognava che saremmo stati i migliori nelle infrastrutture.

Non cerco indulgenza per Autostrade, chi ha sbagliato deve pagare, ma quello che trovo inaccettabile, è la campagna di odio scatenata contro la nostra famiglia, con accuse arrivate da subito e che continuano tutt’ora con veemenza da parte di esponenti del governo, come l’onorevole Di Maio, che addita la famiglia come fosse collusa nell’aver deciso scientemente di risparmiare sugli investimenti in manutenzioni. In pratica come fosse malavitosa. Questo è inaccettabile, chi ci conosce sa come lavoriamo, basta guardare i risultati ottenuti con Autogrill o l’aeroporto di Roma, due realtà che sono diventate leader a livello internazionale. Siamo azionisti di lungo periodo che si sono sempre posti come obiettivo la crescita del valore delle aziende tenuto conto dell’interesse di tutti, utenti, clienti, lavoratori, investitori e azionisti.

Non cerco giustificazioni, da quanto sembra l’organizzazione di Autostrade si è dimostrata non all’altezza, non è stato mantenuto il controllo necessario su tutti i settori di un sistema così complesso. Una struttura è fatta di uomini e qualche mela marcia può celarsi dappertutto. Leggere di intercettazioni tra tecnici che falsificano delle relazioni è inconcepibile, a chi giova mettere a rischio le strutture? A chi? Per risparmiare cosa? Quando il rischio è tale che qualsiasi risparmio ne verrebbe annientato, come dimostra il caso del ponte Morandi. È una domanda a cui non riesco a rispondere.

Noi ci auguriamo che la giustizia faccia il suo corso con rapidità e si possano finalmente dare risposte chiare a tante domande. Nel frattempo mi appello alle istituzioni e ai media affinché trovino il giusto linguaggio per trattare questi argomenti, la scelta del capro espiatorio da linciare sulla pubblica piazza è la più semplice ma anche la più rischiosa. Chi come noi fa impresa e ha la responsabilità di decine di migliaia di dipendenti si aspetta serietà, soprattutto dalle istituzioni, serietà non indulgenza.