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  • Sabato 2 novembre 2019

Piccolo atlante delle rotte dei migranti in Europa

La più frequentata oggi non è la stessa del 2018, e il paese europeo che sta ospitando più migranti in assoluto non è l'Italia e nemmeno Francia o Spagna

Due migranti al porto del Pireo, Atene (AP Photo/Petros Giannakouris)
Due migranti al porto del Pireo, Atene (AP Photo/Petros Giannakouris)

Negli ultimi tempi è diventato sempre più difficile stare dietro al flusso migratorio che dall’Africa e dal Medio Oriente arriva in Europa: nel 2018 la rotta più frequentata era quella che aveva portato quasi 60mila persone sulle coste della Spagna, quest’anno le tensioni in Siria hanno aumentato i flussi verso la Grecia – anche se non ai livelli del 2015 – mentre la percezione dei flussi verso l’Italia è spesso distorta dai singoli casi, come quelli che riguardano le navi delle ong. Per queste ragioni abbiamo messo insieme un elenco delle rotte irregolari che i migranti usano per entrare in Europa, aggiornate con gli ultimi dati a disposizione e un po’ di contesto.

Per chi non si occupa di immigrazione, potrebbe esserci qualche sorpresa: come il fatto che la rotta via terra che va dalla Grecia alla Turchia attraversando un piccolo fiume attrae più persone di quante ne arrivano via mare in Italia. O, ancora, il fatto che il paese europeo che in questo momento sta ospitando più migranti in rapporto alla sua popolazione non sia l’Italia, ma nemmeno la Grecia o la Spagna.

Abbiamo riportato soltanto i punti di ingresso europei sia perché negli ultimi anni spostarsi liberamente all’interno dell’Unione Europea è diventato sempre più complesso, per chi arriva da fuori, sia perché i luoghi di ingresso raccontano molte cose sul viaggio e la provenienza dei migranti, anche più della loro meta finale.

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Italia

Libia → Sicilia
È la rotta con cui abbiamo maggiore familiarità, quella dei barconi – più di recente gommoni – che partono dalle coste libiche di Zawiya e Zuwara, nella costa orientale del paese, e che sperano di essere recuperati in acque internazionali da navi militari o dalle ong che soccorrono le persone in mare. Secondo i dati dell’ISPI nel 2019 sono arrivate in Italia dopo essere state soccorse in mare 1.315 persone, una cifra molto ridotta rispetto ai dati fra 2014 e 2017, anno in cui il governo Gentiloni strinse un accordo con le milizie libiche per fermare le partenze. In tutto parliamo del 12-13 per cento dei migranti che arrivano via mare in Italia – oggi sono circa 9.400 – la stragrande maggioranza dei quali sbarca in maniera autonoma con piccole imbarcazioni.

Molti dei migranti che percorrono questa rotta arrivano dall’Africa sub-sahariana e sono stati per mesi o anni prigionieri dei centri di detenzione libici, fra violenze e abusi, altri provengono dal Nord Africa (Tunisia, Algeria, Marocco). A migliaia vengono respinti dalla cosiddetta Guardia costiera libica. Dall’inizio dell’anno si stima che 692 persone siano morte cercando di attraversare il Mediterraneo centrale, cioè tutte le rotte che riguardano l’Italia e Malta. In realtà la stima potrebbe essere molto più alta, dato che le ong rimaste a lavorare in quel tratto di mare sono molto poche.

Turchia → Puglia, Calabria, Sicilia
Oggi è il principale canale di arrivo via mare in Italia. Non ci sono dati certi su questo flusso, di cui fanno parte anche i cosiddetti “sbarchi fantasma”, ma sembra che dal 2018 a oggi siano arrivate circa quattromila persone a bordo di piccole e medie imbarcazioni che partono dalle coste turche di Bodrum, Smirne e Istanbul, e arrivano in Italia dove capita: nel Salento, nelle coste calabresi di Crotone e Reggio Calabria, e alcune anche ad Agrigento, in Sicilia. Era anche la rotta su cui si stavano concentrando le indagini del Gruppo Interforze di contrasto all’immigrazione clandestina (GICIC), un gruppo di lavoro creato dalla procura di Siracusa considerato una piccola eccellenza nella lotta al traffico di esseri umani, chiuso un anno fa.

«Qui parliamo di immigrati curdi, pakistani, spesso del Sud Est asiatico, quasi tutti diretti in Germania, migranti economici, dotati di una certa scolarizzazione, interi nuclei familiari che dispongono di informazioni e consapevolezza. Pagano tanto, vengono fatti viaggiare in condizioni quasi accettabili», ha raccontato al Corriere della Sera il procuratore capo di Crotone, Giuseppe Capocci.

I passeggeri di queste piccole barche provengono spesso da paesi come Bangladesh, Pakistan, India e Afghanistan, mentre gli skipper sono est-europei, soprattutto ucraini. Data la loro natura sono gli sbarchi più difficili da prevenire, tanto che anche durante la gestione di Matteo Salvini continuarono in maniera piuttosto indisturbata.

Tunisia → Lampedusa
La piccola isola italiana dista circa 140 chilometri dalle coste tunisine, e più di duecento da Agrigento, il comune da cui dipende. Mentre negli anni scorsi era stata la destinazione di grosse imbarcazioni piene di migranti che partivano dalla Libia, oggi il traffico è fatto soprattutto di piccole barche di legno che partono dalla Tunisia – in particolare da Sfax, Mahdia, Zarzis, Biserta, ha scritto Annalisa Camilli su Internazionale – con a bordo soprattutto tunisini in cerca di condizioni di vita migliori ma anche persone che scappano dall’Africa sub-sahariana come Eritrea, Costa d’Avorio e Guinea. Secondo gli ultimi dati disponibili nel 2019 sono arrivate a Lampedusa via mare circa 1.600 persone, di cui seicento nel giro di due settimane a settembre, poco dopo le elezioni politiche in Tunisia. Il flusso fra la Tunisia e Lampedusa ha caratteristiche simili alla rotta fra l’Algeria e la Sardegna, che nel 2019 ha riguardato circa 800 migranti.

Grecia

Turchia → isole greche

Nel 2015 era stata la rotta più percorsa in assoluto: 856mila persone, provenienti soprattutto dalla Siria e dal Medio Oriente, partivano dalle coste turche con piccoli gommoni per sbarcare a Lesbo, Chio, Samo, Cos e diverse altre isole greche che si trovano a pochi chilometri dalla Turchia. Rispetto a quattro anni fa il flusso si è ridotto moltissimo, ma da qualche mese la rotta è tornata ad essere la più frequentata in Europa, a causa anche dell’operazione militare della Turchia nel nordest della Siria.

Dall’inizio dell’anno sono arrivate via mare dalla Turchia circa 43mila persone, più del quadruplo di quelle sbarcate in Italia. Uno su tre continua ad arrivare dal Medio Oriente (Siria, ma anche Iraq e Palestina), ma ci sono anche moltissimi afghani – più di 13mila, il 38 per cento del totale – probabilmente per via delle nuove tensioni fra governo e Talebani e dell’aumento di operazioni dello Stato Islamico (o ISIS).

Le autorità greche si sono trovate impreparate a gestire un nuovo aumento del flusso: al momento la situazione sembra particolarmente grave a Lesbo, dove dall’inizio dell’anno sono arrivate 19mila persone, mentre nel campo principale dell’isola la capienza stimata è di duemila-tremila posti. Nel 2019 si stima che circa 70 persone siano morte nella traversata fra la Turchia e le isole greche.

Turchia → Grecia (via terra)
È la rotta meno raccontata fra quelle attive in Grecia. Ogni anno migliaia di persone provano a entrare in Europa dal confine terrestre fra Turchia e Grecia – distante circa duecento chilometri dalla parte occidentale di Istanbul – attraversando il fiume Evros, che separa i due paesi. Nel 2019 ci sono riusciti in 11mila, una cifra superiore alle persone sbarcate via mare in Italia, e circa un quinto del totale dei migranti arrivati in Grecia. L’attraversamento del fiume è particolarmente complicato perché le acque sono fredde e poco trasparenti. Pavlos Pavlidis, che insegna medicina legale nella vicina università di Alexandroupoli, ha stimato che dal 2000 siano stati recuperati nell’Evros circa 350 corpi di migranti, mentre più di 1.500 sono stati dispersi e mai più ritrovati. Nel 2018 i morti sono stati 38. Non si hanno molte informazioni sulla provenienza dei migranti che provano ad entrare in Grecia da qui, ma moltissimi sono bambini o ragazzi: in un report di settembre l’UNHCR stima che nel suo centro sul confine fra Grecia e Turchia i minori non accompagnati siano la metà degli ospiti totali (160 su 330).

Spagna

Marocco → Gibilterra, Andalusia, Canarie
Nel 2018 la rotta fra il Marocco e le coste occidentali della Spagna era diventata la più frequentata d’Europa, con circa 58mila sbarchi. Nel 2019 sono stati appena 21mila – comunque il doppio delle persone sbarcate in Italia – grazie soprattutto a una maggiore cooperazione con le autorità marocchine, che secondo un report della Commissione Europea letto dal País hanno anche intercettato circa 10.700 migranti. In cambio, soltanto nel 2018 il Marocco ha ottenuto 148 milioni di euro di fondi aggiuntivi per gestire il proprio flusso migratorio.

Le persone in arrivo dal Marocco sono soprattutto marocchine, circa un terzo, ma ci sono anche algerini e africani sub-sahariani, che provengono ad esempio dal Mali, dal Senegal e dalla Costa d’Avorio. Lo stretto di Gibilterra è largo appena 14 chilometri, e fra le coste dell’Andalusia e del Marocco ci sono al massimo 200 chilometri: i migranti provano ad attraversarli con imbarcazioni piuttosto fatiscenti e gli incidenti sono frequenti. Nel 2019 circa 320 persone sono morte durante la traversata. Quest’anno in 1.200 sono inoltre arrivati alle isole Canarie, note soprattutto per essere una meta turistica.

Marocco → Melilla e Ceuta (via terra)

Fra il 2014 e il 2015 la maggior parte dei migranti che raggiungevano la Spagna lo facevano entrando nelle due exclavi spagnole in terra marocchina, Ceuta e Melilla. Il picco fu proprio nel 2015, quando nei due territori arrivarono 11.624 migranti. Ormai da diversi anni il governo spagnolo ha costruito enormi recinzioni che separano Ceuta e Melilla dal Marocco, e che ancora oggi migliaia di migranti cercano di scavalcare, con conseguenze pericolose sulla loro salute. Quella di Melilla, soprannominata la Valla, “la barriera”, è altissima, molto minacciosa e costruita su più livelli: sul Post avevamo raccontato come appare e come condiziona la vita della città qui e qui. Dal 2015 in poi l’ingresso di migranti si è ridotto ma è rimasto stabile: nel 2019 sono arrivati in 4.300, anche se la cifra reale potrebbe essere molto più alta perché le autorità spagnole sono note per i molti respingimenti al confine.

 

Malta
La piccola isola più vicina all’Italia di Lampedusa dispone di una Guardia costiera molto limitata e si è spesso appoggiata all’Italia per le operazioni di recupero e accoglienza dei migranti in mare. Il 2019 è stato comunque un anno piuttosto intenso: finora sono arrivati via mare circa 2.738 migranti, la cifra più alta da diversi anni a questa parte. Molti partivano dalla Libia, una piccola parte dalla Tunisia. Quest’anno il 43 per cento delle persone sbarcate arrivava dal Sudan, mentre nel 2018 una su due era arrivata dall’Eritrea e dalla Nigeria. L’Agenza ONU per i rifugiati fa notare che a partire dal 2018 diversi migranti arrivati a Malta che hanno fatto richiesta di protezione sono stati trasferiti in altri paesi europei come Francia, Germania, Portogallo e Irlanda.

Cipro

La rotta che porta a Cipro dalla Turchia è poco raccontata ma negli ultimi due anni è diventata sempre più frequentata, tanto che nel 2019 è diventato il paese dell’Unione Europea che ha accolto più richiedenti asilo in rapporto alla sua popolazione. Secondo dati che risalgono all’inizio di settembre, nei primi nove mesi del 2019 Cipro ha registrato 6.554 richieste di protezione da altrettanti migranti arrivati nel paese. Molti di loro arrivano in aereo dalla Turchia nella parte nord dell’isola, controllata dal 1983 proprio dalla Turchia, altri raggiungono l’isola via mare dalla Turchia o dal Libano (nel 2019 sono stati 1.183).

Il centro per migranti dell’isola dispone di soli 350 posti ed è pieno da tempo. Affittare un appartamento costa troppo per una persona appena arrivata, che non ha nemmeno un lavoro: in molti sono costretti a dormire per strada, nei parchi, sui mezzi pubblici o negli androni dei palazzi. A luglio, sull’isola, c’erano in tutto 30mila fra rifugiati e richiedenti asilo, più del 3 per cento della popolazione locale. Il governo chiede da tempo una soluzione all’Unione Europea, che però non l’ha ancora trovata.

Bulgaria

È l’unico altro paese dell’Unione Europea che condivide un confine di terra con la Turchia. Dopo un picco di arrivi durante gli anni della cosiddetta “rotta balcanica”, fra 2015 e 2016, oggi si sono ridotti moltissimo anche a causa di una recinzione fatta costruire dal governo lungo i 230 chilometri di confine con la Turchia. Nel 2018 sono riusciti ad arrivare in Bulgaria e a fare richiesta di protezione 2.537 migranti, soprattutto da Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan e Iran. Non ci sono dati disponibili per il 2019, anche se di recente il governo bulgaro si è lamentato che a fine settembre aveva dovuto arrestare 440 migranti che provavano ad attraversare il confine. La Commissione Europea ha riconosciuto che il flusso verso la Bulgaria è in aumento, ma senza fornire ulteriori dettagli.