• Mondo
  • Giovedì 17 ottobre 2019

Il nuovo accordo su Brexit

È stato trovato questa mattina dopo settimane di trattative: ora dovranno votarlo il Consiglio Europeo, il Parlamento britannico e il Parlamento Europeo

Boris Johnson a Bruxelles, 17 ottobre (AP Photo/Frank Augstein)
Boris Johnson a Bruxelles, 17 ottobre (AP Photo/Frank Augstein)

Il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha annunciato che fra Unione Europea e Regno Unito c’è un accordo per l’uscita del Regno Unito dall’UE, cioè per Brexit. L’accordo ha come base quello raggiunto a novembre del 2018 fra i negoziatori britannici ed europei, sebbene ci siano alcune modifiche, e sarà sottoposto oggi pomeriggio al Consiglio Europeo, l’organo dell’Unione Europea che raduna i capi di stato e di governo dell’Unione. Se il Consiglio lo approverà, il testo passerà poi al Parlamento britannico e al Parlamento Europeo, che dovranno esaminarlo nei prossimi giorni. Se tutto filerà liscio, quindi, il Regno Unito uscirà dall’Unione Europea il 31 ottobre. Il testo dell’accordo si può trovare qui.

Il primo ministro britannico Boris Johnson ha definito «grandioso» il nuovo accordo e ha invitato il Parlamento britannico ad approvarlo nella seduta speciale fissata per dopodomani, sabato 19 ottobre.

Fin da ieri sera sembrava che i negoziati fossero arrivati a una svolta: dopo mesi di resistenze il governo britannico guidato da Boris Johnson aveva accettato di fare tre importanti concessioni per venire incontro alle richieste dell’UE: tutte e tre sono confluite nell’accordo finale, ed erano punti su cui fino all’altro giorno il Regno Unito non sembrava disposto a cedere. Una cosa molto importante: questi compromessi non faranno più parte di un periodo di transizione, come prevedevano gli accordi precedenti negoziati dal governo di Theresa May, ma sono definitivi: il capo dei negoziatori europei Michel Barnier li ha definiti «pietre angolari» del futuro rapporto fra Regno Unito e Unione Europea.

Primo: dopo il periodo di transizione, cioè un anno e mezzo in cui UE e Regno Unito si prepareranno per l’uscita definitiva, il Regno Unito si impegna a non fare concorrenza sleale ai paesi europei nei campi dell’energia sostenibile e dei diritti dei lavoratori (è il cosiddetto level playing field). Era una richiesta avanzata da tempo dai negoziatori europei, che temono che per rilanciare l’economia britannica e attirare gli investimenti delle aziende il Regno Unito potrebbe offrire condizioni inferiori agli standard europei.

Secondo: l’Irlanda del Nord rimarrà nel territorio doganale britannico – cioè applicherà gli stessi dazi validi nel resto del paese per i prodotti importati dall’estero – ma al contempo sarà allineata all’unione doganale europea, che stabilisce dazi uguali in tutta l’UE. La conseguenza di questa ambiguità è che ci saranno dei controlli, presumibilmente nel mare di Irlanda: i dazi britannici saranno applicati a tutti i prodotti che non «corrono il rischio di essere commerciati nell’UE», che cioè resteranno nell’Irlanda del Nord, mentre per tutti gli altri prodotti verranno applicati i dazi europei. Il governo precedente di Theresa May non prese nemmeno in considerazione questa ipotesi perché secondo loro introdurre controlli fra Irlanda del Nord e resto del paese violava l’integrità territoriale del Regno Unito.

Terzo: il partito che rappresenta gli unionisti irlandesi – il DUP, che appoggia il governo dei Conservatori britannici – non avrà più il diritto di respingere le condizioni dell’accordo per l’Irlanda del Nord, come prevedeva la prima proposta di Boris Johnson. Questa opzione è stata sostituita da un voto che l’intero Parlamento nordirlandese terrà dopo quattro anni dell’entrata in vigore dell’accordo.

L’unico punto che al momento rimane in sospeso è il regime dell’IVA in Irlanda del Nord, di cui il testo dell’accordo parla in maniera generica. L’Unione Europea aveva proposto che fosse allineato a quello europeo, cioè in sostanza a quello dell’Irlanda, ma in questo modo il Regno Unito avrebbe perso una certa quota di sovranità fiscale sull’Irlanda del Nord (e sarebbe un altro aspetto su cui la regione sarebbe più vicina all’Irlanda che al resto del Regno Unito).

Stamattina il DUP, alleato dei Conservatori britannici, aveva fatto sapere che non avrebbe accettato la bozza di accordo circolata ieri sera. Dopo l’annuncio che negoziatori europei e britannici avevano trovato un accordo, il DUP ha ribadito di essere contrario al testo.

A questo punto l’ostacolo principale all’uscita del Regno Unito con l’accordo trovato oggi resta l’approvazione del Parlamento britannico, che ha già respinto varie volte ogni tipo di accordo presentato dal precedente governo guidato da Theresa May: bisognerà tenere d’occhio se l’accordo piacerà all’ala più radicale del partito Conservatore, che è quella da dove proviene Johnson ma è anche quella più sensibile alle prese di posizione del DUP. Il presidente francese Emmanuel Macron ha riferito che Boris Johnson gli ha detto di essere «ragionevolmente ottimista» sul fatto che il Parlamento britannico approverà l’accordo.