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  • Lunedì 14 ottobre 2019

Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Turchia per l’attacco in Siria

Dopo essere stati i principali responsabili dell'inizio della stessa offensiva, con il "tradimento" ai curdi siriani

Donald Trump (AP Photo/Gerald Herbert)
Donald Trump (AP Photo/Gerald Herbert)

Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni mirate contro la Turchia e hanno aumentato i dazi sull’acciaio turco a causa dell’operazione militare in corso nel nordest della Siria contro i curdi siriani. Le sanzioni annunciate lunedì sono state imposte a due ministeri turchi (quello della Difesa e quello dell’Energia) e ai ministri della Difesa, dell’Energia e dell’Interno. In un comunicato diffuso dal ministero del Tesoro statunitense, si spiega che le sanzioni sono state decise perché «le azioni del governo turco stanno mettendo in pericolo civili innocenti e destabilizzando la regione, e stanno indebolendo la campagna per sconfiggere l’ISIS».

Il governo statunitense ha aggiunto che se la Turchia non fermerà immediatamente le operazioni militari imporrà altre sanzioni ancora più dure. Poco prima la Turchia era stata condannata anche dall’Unione Europea, i cui paesi membri si erano impegnati a bloccare la vendita di armi al governo turco.

Secondo diversi osservatori, ha scritto il giornalista del Guardian David Smith, la mossa di Trump di sanzionare la Turchia sarebbe un tentativo un po’ grossolano di salvare la faccia. L’operazione in Turchia, infatti, era iniziata proprio dopo la decisione di Trump di ritirare i soldati statunitensi dal nordest della Siria, di fatto togliendo quello che il governo turco considerava l’ultimo ostacolo per avviare l’offensiva militare contro i curdi siriani: considerato che i curdi siriani per anni erano stati preziosi alleati degli Stati Uniti nella guerra contro l’ISIS, la decisione di Trump era stata definita da molti un “tradimento“.

Il cambio di politica statunitense ha avuto negli ultimi giorni conseguenze incredibilmente rilevanti, che hanno provocato uno degli eventi più importanti in Siria da quando è iniziata la guerra, nel 2011: cioè la decisione curda di cercare protezione da altre parti, dopo il passo indietro degli Stati Uniti, e il conseguente accordo firmato con il regime siriano di Bashar al Assad, appoggiato dalla Russia. Il governo russo è uno dei vincitori degli ultimi sviluppi in Siria: senza praticamente fare nulla, ha visto scomparire l’alleanza tra Stati Uniti e curdi, che tra le altre cose serviva per limitare l’influenza russa in Siria, ed è diventato il paese con cui tutte le parti possono e devono parlare per questioni legate alla guerra siriana.

L’accordo tra curdi e Assad ha già avuto i primi effetti visibili nel nordest della Siria. Anzitutto i soldati fedeli ad Assad sono entrati nelle regioni curde per la prima volta dal 2012, quando il loro ritiro deciso per combattere i ribelli in altre zone del paese aveva permesso ai curdi di prendere il controllo di questi territori. Lunedì i militari siriani sono entrati a Manbij, città considerata di grande importanza strategica all’interno dell’area in cui la Turchia vorrebbe creare il suo “corridoio di sicurezza” da cui cacciare i curdi; vicino a Manbij ci sono anche le forze turche e le milizie arabe loro alleate.

Sembra comunque che l’intenzione di Assad sia quella di non intervenire direttamente nelle aree tra le città di confine di Tal Abyad e Ras al Ain, dove la Turchia sta concentrando i suoi sforzi. La Russia ha già detto di stare coordinando le sue mosse con il governo turco, di cui è amica.