I negoziati su Brexit non hanno portato ancora ad alcun accordo, nonostante piccoli passi avanti negli ultimi giorni

Il primo ministro britannico Boris Johnson e il primo ministro irlandese Leo Varadkar (Noel Mullen/ Irish Government Press Office via Getty Images)
Il primo ministro britannico Boris Johnson e il primo ministro irlandese Leo Varadkar (Noel Mullen/ Irish Government Press Office via Getty Images)

Alla fine della scorsa settimana, dopo un proficuo incontro tra il primo ministro britannico Boris Johnson e il primo ministro irlandese Leo Varadkar, sembrava che i negoziati su Brexit si potessero sbloccare: tra le altre cose, il capo negoziatore dell’Unione Europea, Michel Barnier, aveva usato toni insolitamente ottimistici per dire che erano iniziati nuovi «colloqui seri» tra le parti. Sembrava infatti che si potesse trovare un compromesso sulla questione che da mesi è al centro delle discussioni tra Regno Unito e Unione Europea, cioè il modo con cui evitare la creazione di un confine rigido tra Irlanda e Irlanda del Nord.

Dopo avere rifiutato il meccanismo del “backstop“, che invece era sostenuto dal precedente governo britannico di Theresa May, Johnson aveva proposto di armonizzare le leggi in Irlanda del Nord in modo da creare meno problemi possibili alle persone che ogni giorni passano il confine con l’Irlanda, ma al contempo di rimuovere l’Irlanda del Nord dall’unione doganale europea inserendo meccanismi per evitare la creazione di una frontiera. La proposta di Johnson era stata inizialmente rifiutata dall’Unione Europea perché avrebbe comunque comportato la costruzione di una serie di barriere e controlli, ed era stata considerata una specie di imbroglio, cioè fatto per farsi dire di no e far accadere il “no deal“, l’uscita senza accordo.

Durante il fine settimana, però, Johnson ha proposto alcuni cambiamenti che sono piaciuti all’Unione Europea, anche se per ora sono stati considerati insufficienti. Johnson ha parlato per esempio della possibilità che l’Irlanda del Nord rimanga nel territorio doganale del Regno Unito, ma che imponga allo stesso tempo i dazi dell’Unione Europea ai suoi confini esterni: cosa che in poche parole la renderebbe un territorio soggetto a due regimi doganali diversi, un caso piuttosto unico al mondo. I diplomatici europei, ha scritto Politico, continuano a proporre al Regno Unito di far rimanere l’Irlanda del Nord nell’unione doganale ma hanno espresso moderato ottimismo, anche se la distanza tra le parti è ancora molta e i tempi per un accordo così complesso stringono: difficilmente si riuscirà ad arrivare al 31 ottobre, data fissata per Brexit, con un accordo.

Oggi, lunedì 14 ottobre, il Parlamento britannico tornerà a riunirsi con il discorso della Regina, appuntamento tradizionale che dà inizio a una nuova sessione dei lavori parlamentari. Giovedì inizierà la riunione del Consiglio Europeo a Bruxelles, considerata l’ultima occasione per proporre e far approvare un accordo ai capi di stato e di governo europei (nei giorni successivi l’eventuale accordo dovrà passare anche dal Parlamento Europeo).

Sabato invece ci sarà una sessione straordinaria del Parlamento britannico, che in caso di accordo verrà usata per discutere e approvare la nuova intesa su Brexit; se invece entro sabato non sarà stato trovato alcun accordo, il governo britannico dovrà chiedere all’Unione Europea di rimandare Brexit, perché così prevede una legge approvata dal Parlamento a inizio settembre. Non è ancora chiaro se Johnson chiederà effettivamente il rinvio oppure no.