Chi è Peter Handke, che ha vinto il premio Nobel per la letteratura 2019
È un romanziere austriaco di 76 anni; tra le altre cose è l'autore della poesia del film "Il cielo sopra Berlino", di cui scrisse la sceneggiatura insieme a Wim Wenders
Peter Handke è lo scrittore che ha vinto il premio Nobel per la letteratura 2019, mentre la scrittrice polacca Olga Tokarczuk ha vinto quello del 2018. Il nome di Handke non era tra quelli di cui si era parlato di più negli ultimi giorni come possibili candidati su cui scommettere, ma è comparso nelle liste di questo genere sul Nobel varie volte negli ultimi anni. Lo ha vinto, nelle parole dei membri dell’Accademia di Svezia, «per il suo lavoro influente che con abilità linguistica ha esplorato la periferia e la specificità dell’esperienza umana».
Handke ha 76 anni, è austriaco ed è uno dei più noti e affermati autori di lingua tedesca al mondo, peraltro anche molto prolifico. È principalmente un romanziere ma ha scritto anche poesie, tra cui quella che viene letta nel film Il cielo sopra Berlino (1987), e sceneggiature, tra cui quella del famoso film di Wim Wenders e del suo sequel, Così lontano così vicino (1993). In Italia è stato pubblicato da vari editori – negli ultimi anni soprattutto da Guanda – mentre il suo editore tedesco è la prestigiosa Suhrkamp. Il suo libro più recente uscito in italiano è La storia della matita, un’autobiografia incentrata sul suo lavoro di scrittore.
Quando il bambino era bambino,
era l’epoca di queste domande.
Perché io sono io, e perché non sei tu?
Perché sono qui, e perché non son lì?
Quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?
La vita sotto il sole è forse solo un sogno?
Non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo
quello che vedo, sento e odoro?
C’è veramente il male e gente veramente cattiva?
Handke è nato il 6 dicembre 1942 a Griffen, in Carinzia, una regione del sud dell’Austria che confina con il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia. Sua madre apparteneva alla minoranza slovena locale, mentre suo padre era un soldato tedesco che Handke conobbe solo da adulto: prese il proprio cognome dal patrigno, Bruno Handke. Per uno po’ di tempo la sua famiglia visse a Berlino, ma poi si ristabilì a Griffen. Il suo primo romanzo, I calabroni, fu pubblicato nel 1966: Guanda ne ha fatto una nuova edizione quest’estate, nella traduzione di Bruna R. Bianchi. Del 1969 invece è Insulti al pubblico, una sua opera teatrale di cui si parlò molto all’epoca perché girava attorno a un gruppo di attori che insultavano il pubblico, come dice il titolo.
Nel corso della sua carriera Handke ha detto più volte cose che hanno generato discussioni e polemiche, e in alcuni casi fu criticato molto duramente. Il caso principale risale al 2006, quando Handke partecipò e tenne un discorso al funerale di Slobodan Milošević, ex presidente della Serbia e della Jugoslavia formata da Serbia e Montenegro, morto in attesa di essere giudicato dal Tribunale penale internazionale per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Anche prima di allora Handke aveva manifestato la sua simpatia per i serbi in relazione al conflitto iugoslavo; tra le altre cose paragonò i serbi agli ebrei durante la Seconda guerra mondiale, anche se poi ritrattò, e sostenne che il massacro di Srebrenica non era mai avvenuto. Per queste sue posizioni lo scrittore Salman Rushdie lo definì nel 1999 il «coglione internazionale dell’anno», e la scrittrice Susan Sontag disse che molte persone non avrebbero più letto i suoi libri. A proposito della Serbia scrisse il diario di viaggio Un viaggio d’inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina, ovvero giustizia per la Serbia (1996).
Nel 2014, in un’intervista, Handke criticò proprio il premio Nobel per la letteratura, proponendo la sua abolizione: disse che dà al suo vincitore una «canonizzazione fasulla» insieme a «un momento di attenzione e sei pagine nei giornali».
Dal 1990 Handke vive a Chaville, a sud-ovest di Parigi. L’Accademia Svedese segnala come sue opere più importanti Il mio anno nella baia di nessuno (1994) e il più recente Die Obstdiebin oder Einfache Fahrt ins Landesinnere (2017), due romanzi che hanno per tema l’esilio e l’attraversare le frontiere; dicono molto dell’esperienza personale di Handke, che in generale ha una forte rilevanza nelle sue opere. Altri suoi libri molto noti sono Breve lettera del lungo addio, un romanzo del 1972, e le raccolte di poesie Il mondo interno dell’esterno dell’interno (1969) e Infelicità senza desideri (1972) – quest’ultima dedicata alla madre che si suicidò nel 1971. Infine una storia buffa che lo riguarda risale al 2010 e ha per protagonista un ingegnere di Udine, Fabio Filipuzzi, che riuscì a far pubblicare a suo nome diversi romanzi che non aveva scritto lui, ma celebri autori stranieri, fino a quando non fu scoperto nel 2010: tra questi c’era anche Handke, di cui Filipuzzi copiò Pomeriggio di uno scrittore, intitolandolo La parola smarrita.
Nella storia del Nobel per la letteratura, iniziata nel 1901, ha vinto un uomo per 101 volte, una donna per 15, compresi i premi di oggi. La prima donna a vincerlo fu la svedese Selma Lagerlöf, nel 1909, la bielorussa Svetlana Alexievich, nel 2015.