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  • Venerdì 13 settembre 2019

Il terzo confronto tra i candidati Democratici

La campagna elettorale in vista delle primarie si sta consolidando attorno a tre candidati, e il dibattito televisivo di stanotte ha fornito un po' di momenti utili a conoscerli

(AP Photo/David J. Phillip)
(AP Photo/David J. Phillip)

La sera di giovedì 12 settembre – quando in Italia erano le prime ore di venerdì 13 – si è tenuto a Houston, in Texas, il terzo confronto televisivo tra i principali candidati del Partito Democratico statunitense alle primarie con cui gli elettori sceglieranno chi candidare contro il presidente Donald Trump alle elezioni presidenziali del 2020. In base ai regolamenti del partito, hanno avuto accesso al dibattito solo i candidati che avevano ottenuto determinati obiettivi nel numero dei loro finanziatori e nel gradimento dei sondaggi, criteri che diventano più stringenti col passare dei mesi: per questo stavolta non è stato necessario dividere i molti candidati in due serate.

Hanno partecipato al dibattito l’ex vicepresidente Joe Biden, i senatori Elizabeth Warren, Bernie Sanders, Kamala Harris, Amy Klobuchar e Cory Booker, il sindaco Pete Buttigieg, l’ex sindaco Julian Castro, l’ex deputato Beto O’Rourke e l’imprenditore Andrew Yang. Mancano ancora cinque mesi all’inizio delle primarie, e i sondaggi nazionali danno Joe Biden stabilmente in testa, seguito da Elizabeth Warren (in ascesa) e Bernie Sanders e poi, più indietro, Kamala Harris (in discesa) e Pete Buttigieg. Le primarie si tengono però stato per stato, quindi il dato nazionale conta fino a un certo punto, e col passare dei mesi il consenso dovrebbe consolidarsi attorno a un gruppo più ristretto di candidati.

La media dei sondaggi negli ultimi tre mesi. (Real Clear Politics)

Secondo la gran parte degli osservatori, il dibattito è stato vivace ma non ha avuto momenti in grado da soli di cambiare la traiettoria della campagna elettorale fin qui. Questo non vuol dire che non abbia mostrato cose interessanti sullo stato attuale del Partito Democratico e sulle questioni politiche aperte in questo momento: non a caso, infatti, la discussione più accesa e concreta ha riguardato la sanità, che da un paio d’anni è tornata al primo posto tra le principali preoccupazioni degli americani, dal momento che la riforma fatta approvare da Barack Obama non è stata completata (come sarebbe stato necessario) ma è stata anzi parzialmente smantellata dall’amministrazione Trump. Anche su questo tema, come sugli altri, la discussione si è concentrata soprattutto attorno a Biden, Sanders e Warren, i tre candidati attorno a cui sembra si stia consolidando il consenso della maggioranza degli elettori.

I candidati del Partito Democratico hanno idee molto diverse su come riformare la sanità. Bernie Sanders ed Elizabeth Warren propongono la creazione di un sistema sanitario nazionale che copra tutti e rimpiazzi le assicurazioni private, il piano cosiddetto “Medicare for All” assimilabile a quello che esiste in gran parte dei paesi europei; gli altri in modi diversi – e soprattutto Joe Biden – propongono delle soluzioni intermedie, sostenendo che un piano del genere sarebbe impossibile da far approvare al Congresso, che costringa anche gli americani che oggi sono contenti della loro polizza a dovervi rinunciare, e che sarebbe così costoso da comportare un aumento delle tasse.

La proposta intermedia – sostenuta in vari modi da Biden, Klobuchar, Harris e Buttigieg, tra gli altri – vorrebbe la creazione di un piano sanitario gestito dal governo federale, a prezzi calmierati e che non discrimini chi ha patologie croniche, permettendo a chiunque di aderirvi ma lasciando libero chi voglia tenersi la propria polizza sanitaria; e l’iscrizione automatica in un programma gratuito o quasi per chi non ha un lavoro o non può permettersi neanche il piano governativo. Soprattutto Biden ha sostenuto con forza questo argomento, anche attaccando i suoi avversari (cosa insolita per chi è in vantaggio) e risultando in generale convincente: la gran parte degli osservatori sui giornali americani ha detto che quello della scorsa notte è stato il suo miglior dibattito fin qui.

L’unico candidato che ha attaccato frontalmente Biden è stato Julian Castro, e non gli è andata benissimo. Castro – che già negli scorsi confronti era stato particolarmente aggressivo, ma che non si è mai mosso dall’1 per cento nei sondaggi – ha accusato Biden di voler introdurre un piano sanitario pubblico che non preveda l’iscrizione automatica di chi non ha una polizza sanitaria, ma che comporti una specifica procedura di adesione. «È una grossa differenza, perché Barack Obama non avrebbe voluto lasciare dieci milioni di persone senza assicurazione. Voleva che tutti fossero assicurati. Il mio piano lo farebbe. Il tuo no. Il mio piano lo farebbe. Il tuo no». In realtà Biden non aveva detto niente del genere, anzi: poco prima aveva detto che «chiunque non possa permettersi il piano governativo sarebbe automaticamente iscritto» al piano per i più poveri.

Quando Biden ha smentito di aver proposto la cosa di cui era stato accusato, però, Castro è andato all’attacco e ha accusato Biden di avere problemi di memoria: «Ti sei dimenticato di cosa hai detto due minuti fa? Non posso credere che tu abbia detto una cosa due minuti fa e ora non te la ricordi più». Joe Biden ha 76 anni e se fosse eletto sarebbe di gran lunga il presidente più anziano al momento dell’insediamento. Molti analisti in questi mesi hanno avanzato dei dubbi sul fatto che sia in grado di fare il presidente, e a tutti è stato subito chiaro cosa volesse implicare Castro con la sua risposta. Molti però l’hanno trovata sgradevole, anche sul palco, e il fatto che fosse infondata ha fatto pensare che fosse un attacco premeditato. «Questo è il motivo per cui i confronti televisivi stanno diventando inguardabili», è intervenuto Buttigieg. «Questo fa venire in mente a tutti le cose che non sopportano di Washington». «Quella che per Castro era una mossa rischiosa», ha scritto il Washington Post, «è diventata ancora più rischiosa: ha accusato Biden con un colpo sotto la cintura, e su qualcosa su cui aveva torto».

Detto questo, come accaduto altre volte durante questa campagna elettorale, Biden è sembrato a tratti un po’ confuso. Quando i moderatori gli hanno chiesto di chiarire una sua frase di decenni fa sull’ipotesi di ripagare in qualche modo gli eredi degli schiavi – «Non credo di dover pagare per qualcosa accaduto trecento anni fa» – Biden ha dato una risposta sconnessa conclusa citando l’importanza di tenere un giradischi acceso in casa così che i bambini possano ampliare il loro vocabolario. La sua risposta sul ritiro dei soldati dall’Iraq e dall’Afghanistan è stata altrettanto confusa.

La candidata più in ascesa nelle ultime settimane, Elizabeth Warren, non si è fatta notare moltissimo durante il confronto: ma molti osservatori concordano che sia stata un’ottima serata per lei, e un’ottima scelta strategica. «Nessuno l’ha attaccata. Nessuno l’ha messa in discussione. Nessuno ha detto che niente che lei abbia fatto sia stato sbagliato. In altre parole, è andata esattamente come lei voleva che andasse», ha scritto il New York Times. Warren sta scavalcando Sanders nei sondaggi e secondo molti può raccogliere i consensi dell’ala sinistra del partito senza porsi in modo ostile nei confronti dell’ala più moderata, ragione per cui un dibattito in cui sono gli altri a litigare in questa fase può farle gioco.

A un certo punto Biden ha chiesto a Sanders se davvero pensa – come ha detto più volte – che se le imprese non dovessero più sobbarcarsi il costo delle assicurazioni sanitarie dei propri dipendenti, alzerebbero gli stipendi. Sanders ha ribadito di sì, al che Biden ha risposto: «Per essere un socialista, ti fidi delle grandi aziende molto più di me!». Biden e Sanders – seppure abbiano idee politiche differenti – si stanno contendendo oggi un elettorato simile, composto soprattutto da votanti che non seguono la campagna elettorale con particolare attenzione, ma il primo è molto più avanti del secondo; i loro scontri potrebbero indebolire entrambi e alla fine trasformare questa campagna elettorale in una sfida tra Biden e Warren.

Hanno fatto qualche fatica a farsi notare Harris e Buttigieg, due candidati che hanno avuto dei momenti di grande ascesa ma si trovano ora in una fase di stallo. Durante il confronto di stanotte Harris ha cambiato strategia, preferendo attaccare Trump invece che i suoi sfidanti, e pronunciando una serie di battute evidentemente preparate in anticipo che non sono state efficacissime. Buttigieg ha avuto una performance migliore, ma priva di momenti memorabili e in grado di smuovere i sondaggi. È andato bene invece Beto O’Rourke, l’ex deputato del Texas che dopo aver passato qualche mese sulla bocca di tutti è precipitato nei sondaggi. Dopo le recenti stragi in Texas – una nella sua città, El Paso – O’Rourke ha cominciato a parlare quasi solo di armi e di controllo delle armi, risultando convincente e avanzando proposte concrete e radicali, come il sequestro di tutte le armi d’assalto. «Certo che sì, ci prenderemo i vostri AR-15 e AK-47», ha detto a un certo punto tra gli applausi. Anche gli altri candidati hanno molto elogiato O’Rourke, ma questo mostra anche quanto oggi non lo vedano più come una minaccia.

Un altro momento notevole della serata è arrivato da Andrew Yang, imprenditore semi-sconosciuto che ha ottenuto popolarità e visibilità soprattutto tra i giovani maschi bianchi che usano molto Internet, e che propone un sussidio universale da 1.000 dollari al mese in modo da compensare la perdita di posti di lavoro frutto dell’automazione sfruttando il contemporaneo aumento degli introiti aziendali. Yang ha annunciato che sceglierà dieci suoi sostenitori e userà i fondi raccolti dal suo comitato elettorale per avviare una sorta di “sperimentazione” del suo programma, dando loro 1.000 dollari al mese con cui fare quello che vogliono. La proposta ha fatto sorridere e potrebbe essere illegale, ma con ogni probabilità farà crescere ulteriormente la popolarità di Yang online.

Il prossimo confronto televisivo tra i candidati del Partito Democratico si terrà il 15 ottobre. I criteri per qualificarsi però questa volta non cresceranno, e dato che c’è più tempo per ottenerli ci saranno più candidati: si dovrà tornare al format con due sere, estendendo il confronto al 16 ottobre. Oltre ai candidati presenti al dibattito di stanotte, ci saranno almeno l’imprenditore milionario Tom Steyer e forse anche la deputata Tulsi Gabbard e la scrittrice Marianne Williamson.