La commemorazione per la scomparsa del primo ghiacciaio islandese

È stata presentata una targa - "Lettera al futuro" – nella speranza di aumentare l'attenzione pubblica sui cambiamenti climatici

L’Okjökull in un'immagine scattata il 14 settembre 1986 e in un'altra del primo agosto 2019 (NASA via AP)
L’Okjökull in un'immagine scattata il 14 settembre 1986 e in un'altra del primo agosto 2019 (NASA via AP)

Domenica 18 agosto in Islanda è stato commemorato l’Okjökull, il primo ghiacciaio dell’isola scomparso nel 2014 a causa dei cambiamenti climatici. Nel pomeriggio è stata scoperta una targa commemorativa sul sito dell’ex Okjökull, nella parte occidentale dell’isola. In islandese e in inglese, la targa in bronzo riporta la scritta:

Lettera al futuro
Ok [jökull in islandese sta per “ghiacciaio”, ndr] è il primo ghiacciaio a perdere il suo status di ghiacciaio. Nei prossimi 200 anni è previsto che tutti i nostri principali ghiacciai faranno la stessa fine.

Sulla targa è riportata anche la cifra “415 ppm CO2“, con riferimento al livello record di concentrazione di anidride carbonica registrato nell’atmosfera lo scorso maggio. Con la cerimonia i ricercatori sperano di aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica sulla scomparsa dei ghiacciai e sugli effetti del riscaldamento globale.

La targa del memoriale (Dominic Boyer/Cymene Howe)

Alla cerimonia hanno partecipato la prima ministra islandese Katrin Jakobsdottir e l’ex commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani Mary Robinson, insieme ai ricercatori della Rice University di Houston e al geologo Oddur Sigurðsson, che nel 2014 ha dichiarato perduto il ghiacciaio. «Commemorando un ghiacciaio perduto, vogliamo concentrarci su ciò che sta scomparendo o morendo in tutto il mondo e attirare l’attenzione su un fatto a cui hanno contribuito gli uomini, anche se non dovremmo esserne orgogliosi», ha spiegato in un comunicato Cymene Howe, professoressa di antropologia alla Rice University e autrice di un documentario sull’Okjökull. «Le discussioni sui cambiamenti climatici possono essere molto astratte, accompagnate da statistiche catastrofiche e da modelli scientifici complessi e incomprensibili». Pertanto, «un monumento alla memoria di un ghiacciaio scomparso può essere un buon modo per capire cosa stiamo affrontando. Il suo destino sarà condiviso da tutti i ghiacciai islandesi, a meno che non agiamo ora per ridurre radicalmente le emissioni di gas serra». E ancora: «I memoriali non sono per i morti; sono per i vivi. Con questo memoriale, vogliamo sottolineare che spetta a noi, vivi, rispondere collettivamente alla rapida perdita di ghiacciai e ai continui impatti dei cambiamenti climatici». Secondo la ricercatrice e il suo collega Dominic Boyer, l’Islanda perde circa undici miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno; prevedono che entro 200 anni sull’isola scompariranno circa 400 ghiacciai.

L’Okjökull faceva parte del Langjökull, uno degli otto raggruppamenti di ghiacciai islandesi. Secondo una mappa geologica del 1901, copriva un’area di circa 16 chilometri quadrati. Nel 1978 le fotografie aeree mostravano che il ghiacciaio era vasto 3 chilometri quadrati; nel 2012 si era ridotto a 0,7 chilometri quadrati. Nel 2014 «abbiamo preso la decisione di non considerarlo più un ghiacciaio: era solo ghiaccio morto che non si muoveva più», ha spiegato il geologo Oddur Sigurdsson. Per avere lo status di ghiacciaio, infatti, la massa di ghiaccio e neve «deve essere abbastanza spessa da muoversi per il suo stesso peso», e lo spessore deve andare dai 40 ai 50 metri. Secondo alcune definizioni, un ghiacciaio stagnante è un ghiacciaio morto.

Oddur Sigurdsson ha anche spiegato come non si possa fare nulla per fermare queste sparizioni. «L’inerzia del sistema climatico è tale che, anche se ora smettessimo di immettere gas serra nell’atmosfera, questa continuerebbe a riscaldarsi per un secolo e mezzo o due prima di raggiungere un nuovo equilibrio».