Parole nuove che non lo sono

Nerd, hipster, flash mob e fake news si usavano decenni se non secoli fa

(Ben Pruchnie/Getty Images)
(Ben Pruchnie/Getty Images)

Nerd, hipster, flash mob e fake news sono parole ed espressioni molto usate e presenti nel mondo di oggi: al contrario di quanto si potrebbe pensare, però, sono nate molti anni fa e circolavano già prima degli anni Cinquanta, perlomeno in Regno Unito e Stati Uniti. Il sito Christian Science Monitor ha raccontato un po’ di queste storie (qui, qui e qui), di seguito abbiamo scelto quelle più conosciute e comuni anche in Italia.

Nerd
Gli adolescenti la usano dall’inizio degli anni Cinquanta. Compare per la prima volta nel libro per bambini If I Ran the Zoo scritto dal Dr. Seuss – l’autore del Grinch – e pubblicato nel 1950. Qui il Nerd è una creatura immaginaria descritta come un umanoide scontroso con capelli arruffati, basette e maglietta nera. Gli adolescenti iniziarono a usarlo subito e già nel 1951 uscì sulla rivista Newsweek un articolo che se ne rammaricava: «A Detroit quello che un tempo veniva chiamato drip o square [due termini per indicare, tutto sommato, un imbranato sfigato, ndr] ora purtroppo viene chiamato nerd».

Fake News
L’ormai popolare espressione che etichetta le notizie false risale al tardo Ottocento, quando veniva usata da giornali e riviste per sottolineare i propri alti standard giornalistici in contrapposizione con quelli dei rivali. Nel 1895 la rivista Electricity si vantò: «noi non copiamo mai le fake news». Nel 1896 il giornalista di un quotidiano di San José, in California, scrisse di un altro giornale: «è sua abitudine indulgere nelle fake news… se non le trova, le inventa».

Flash Mob
È un gruppo di persone che si mette improvvisamente a fare in pubblico qualcosa di coordinato e precedentemente stabilito, sorprendendo chi sta attorno. Nell’Ottocento indicava i truffatori che si travestivano da gente per bene per confondersi e ingannare meglio le loro vittime.

Computer
All’inizio i computer erano persone. La prima attestazione scritta della parola è del 1613 e si trova nel libro The Yong Mans Gleanings dello scrittore inglese Richard Braithwait: indicava le persone che si occupavano di calcoli e aritmetica. Da metà Ottocento iniziò a essere applicata alle macchine che eseguivano semplici calcoli matematici, dagli anni Cinquanta assunse il significato che ha oggi.

Hipster
Negli anni d’oro della cultura hipster – tra la fine degli anni Duemila e i primi anni Dieci – uscirono molti libri che ricostruivano l’etimologia del termine e raccontavano la storia della cultura alternativa che indicava. Hip o hep non ha un’origine certa, può risalire alla parola wolof (un dialetto del Senegal) che significa “vedere” o “aprire gli occhi”. I primi hipster vivevano a Harlem, il quartiere afroamericano nel nord di New York, negli anni Venti e Trenta: hip o hep erano chiamati i musicisti addentro nel mondo del jazz, hepcats erano i loro seguaci. Dagli anni Trenta si impose quasi solo la parola hip e negli anni Quaranta gli hipster erano perlopiù giovani bianchi anticonformisti della classe media che volevano imitare lo stile di vita dei jazzisti neri che ammiravano: condividevano il modo di vestire, lo slang (chiamato jive), i costumi rilassati, il consumo di marijuana e una visione del mondo tollerante e sarcastica. Il clarinettista nero Artie Shaw definì il cantante Bing Crosby «la prima persona bianca hip nata negli Stati Uniti».

Nel 1938 il cantante e ballerino jazz Cab Calloway pubblicò l’Hepsters Dictionary, dedicato allo slang degli hipster; qui uno hepster o hep cat viene definito «un tizio che conosce tutte le risposte e capisce il jive». Nel 1967 Norman Mailer dedicò agli hipster il saggio Il bianco negro, in cui li definiva gli esistenzialisti americani mentre nel 1977 Frank Tirro li descrisse nel suo libro Jazz: a History come «10 passi avanti agli altri per via della loro consapevolezza».

Dude
È un modo dire americano che avrete probabilmente sentito nei film e nelle serie tv. Vuol dire, più o meno, “coso” o “tizio”. Nel Settecento si chiamava “doodle” o “yankee doodle” qualcuno che si vestiva con ostentazione e cura esagerata, una sorta di dandy. Nel tempo doodle divenne dude e si diffuse l’espressione dude ranch, che non indicava un vero punto di incontro di cowboy, ma un posto fittizio dove i signorini di città andavano per simulare una divertente giornata di vita selvaggia. Negli anni Sessanta dude venne usato per soppiantare hipster e indicare un tipo figo e alla moda; oggi ha un significato neutro: tizio, semplicemente.