• Mondo
  • Sabato 10 agosto 2019

La Russia avrà una centrale nucleare galleggiante

Sarà la più a nord del mondo, in una zona strategica per molti paesi: ma ci sono diverse preoccupazioni

La Akademik Lomonosov durante il trasporto da San Pietroburgo a Murmansk, 28 aprile 2018 (AP Photo/Dmitri Lovetsky)
La Akademik Lomonosov durante il trasporto da San Pietroburgo a Murmansk, 28 aprile 2018 (AP Photo/Dmitri Lovetsky)

Se tutto andrà come previsto, entro la fine del mese la Russia avrà la sua prima centrale nucleare galleggiante. L’Akademik Lomonosov sarà infatti rimorchiata per migliaia di chilometri nel porto artico di Pevek e utilizzerà i suoi due reattori per fornire calore ed energia elettrica alle case, e per supportare le operazioni russe di estrazione nella zona dello Čukotka, ricca di risorse naturali.

L’accensione dei reattori dell’Akademik Lomonosov sarà sincronizzata con la chiusura dei reattori del vecchio impianto nucleare della regione, a Bilibino, e con la chiusura di una centrale elettrica a carbone. I gruppi ambientalisti, tra cui Greenpeace, hanno parlato dell’Akademik Lomonosov come di una “Chernobyl galleggiante”, sollevando molte domande sulla sua sicurezza e dubitando che possa essere economicamente sostenibile.


L’Artide è da tempo un terreno di scontro politico e commerciale tra le potenze globali. Si stima infatti che nel Mar Glaciale Artico si trovi un quarto delle riserve naturali di gas e petrolio non ancora scoperte della Terra. La Russia rivendica di poterle sfruttare. La “rotta marittima del Nord” ha poi un’importanza strategica notevole: è una rotta commerciale marittima che scorre attraverso la costa artica russa e sfrutta il cosiddetto “passaggio a Nord-Est”, che dal Mare del Nord, in Europa, arriva fino allo Stretto di Bering e poi nell’Oceano Pacifico.

Alcune zone della rotta sono libere dal ghiaccio solo un paio di mesi all’anno, e per molto tempo questa rotta è stata considerata pericolosa per via della presenza degli iceberg. Negli ultimi cinquant’anni, però, il riscaldamento globale ha fatto aumentare le temperature nelle zone intorno al Polo Nord, facendo sì che per alcuni mesi gli iceberg non si formino o quasi. Tra luglio e settembre le acque della rotta sono libere dal ghiaccio e permettono a sempre più navi mercantili di andare dalla Cina all’Europa senza dover attraversare il Canale di Suez. Si stima che percorrendo la “rotta marittima del Nord” le navi impieghino circa il 40 per cento di tempo in meno che percorrendo le rotte tradizionali, risparmiando centinaia di migliaia di dollari in carburante.

Ben consapevole dell’importanza strategica che il controllo di questa rotta potrebbe avere nei prossimi anni, la Russia ha aumentato i suoi sforzi per costruire nuove basi militari, per riaprirne alcune risalenti al periodo sovietico, per installare sistemi di difesa radar e missilistica; e ha incrementato l’utilizzo di rompighiaccio, sottomarini e altre tecnologie nucleari per lo sviluppo e lo sfruttamento dell’area. Thomas Nilsen, direttore del quotidiano Barents Observer, ha stimato che entro il 2035 l’Artico russo «sarà tra le acque più nuclearizzate del pianeta».

Vicino alla costa artica vivono circa due milioni di russi, in villaggi spesso raggiungibili solo in aereo o in nave, e se il meteo lo consente. Questi villaggi però producono fino al 20 per cento del PIL del paese, vista la loro collocazione strategica, e sono fondamentali per i progetti russi di attingere alle ricchezze artiche. In teoria le centrali nucleari galleggianti potrebbero aiutare a fornire energia nelle aree remote senza ingenti investimenti in centrali elettriche convenzionali, che dovrebbero essere costruite in terre particolarmente inospitali.

L’Akademik Lomonosov sarà la centrale nucleare più a nord del mondo e la seconda centrale nucleare galleggiante mai costruita dopo lo Sturgis, che gli Stati Uniti piazzarono nella zona del Canale di Panama negli anni Sessanta.

Questo tipo di struttura non è mai stato prodotto in serie, ma Rosatom, la società pubblica russa che si occupa di energia nucleare, spera di avviarne la produzione e la vendita ai paesi di tutto il mondo. L’Akademik Lomonosov è un costoso progetto pilota la cui costruzione era iniziata più di dieci fa: al suo interno, per i membri dell’equipaggio, ha una palestra, una piscina e un bar. Trasporta due reattori nucleari KLT-40S che utilizzano uranio a basso arricchimento e che, secondo Rosatom, produrranno energia sufficiente per 100 mila abitazioni. Rosatom afferma inoltre che la piattaforma è sicura, poiché utilizza la tecnologia già presente sui sottomarini nucleari russi, e che è “praticamente inaffondabile”: in grado di resistere alle collisioni con gli iceberg e all’impatto di un’onda alta sette metri.

Greenpeace ha parlato del progetto come di un “Titanic nucleare” o di una “Chernobyl sul ghiaccio”, con riferimento al celebre naufragio del 1912 e al disastro nucleare che avvenne a Chernobyl, in Unione Sovietica, il 26 aprile del 1986. Alcuni paesi vicini alla Russia, tra cui la Norvegia, hanno chiesto a Rosatom di non caricare il combustibile nucleare sulla piattaforma fino a quando non sarà rimorchiata lontana dai propri confini.

Vladimir Irminku, uno dei principali ingegneri dell’Akademik Lomonosov, intervistato dal Guardian ha spiegato che la centrale di Chernobyl impiegava un sistema totalmente diverso, che si sta esagerando con lo scetticismo e che se si afferma che esiste la possibilità di un incidente con questo reattore, ne vanno presentate le prove. In caso di incidente, Irminku ha affermato che l’acqua ghiacciata potrebbe essere utilizzata come refrigerante temporaneo, che i pericoli causati dalle onde saranno ridimensionati da un bacino costruito attorno alla centrale e che, secondo i test effettuati, uno tsunami non sposterebbe la piattaforma dalla sua base.

La Fondazione Bellona, ​​che si occupa di questioni ambientali nella regione artica, ha fatto sapere che ci sono però altri motivi di preoccupazione: gli esperti russi potrebbero tranquillamente essere in grado di gestire una centrale nucleare galleggiante, ma Rosatom intende vendere questa tecnologia a paesi come il Sudan, paesi cioè in cui i livelli di sicurezza, la regolamentazione e gli standard non sono molto elevati. L’altra grande domanda è se centrali di questo tipo possano essere economicamente sostenibili.

Per ora non si hanno notizie di possibili nuovi acquirenti: «Se questo fosse stato un ottimo modo per fornire elettricità alla costa settentrionale della Siberia, ne avremmo visti altri in costruzione… penso che questo resterà un progetto unico nel suo genere», ha detto Thomas Nilsen. I funzionari di Rosatom si sono rifiutati di dire quanto l’Akademik Lomonosov sia costata finora, anche se hanno detto che per la costruzione di nuovi impianti i prezzi potrebbero abbassarsi.