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  • Mercoledì 7 agosto 2019

La disputa legale sulla casa dove nacque Adolf Hitler è finita

La proprietaria riceverà un indennizzo e il governo austriaco potrà decidere cosa farne (ci sono varie idee)

La casa natale di Adolf Hitler e la targa su suolo pubblico, Braunau am Inn, Austria (Johannes Simon/Getty Images)
La casa natale di Adolf Hitler e la targa su suolo pubblico, Braunau am Inn, Austria (Johannes Simon/Getty Images)

Si è conclusa la disputa legale sulla casa di Braunau am Inn, in Austria, dove nel 1889 nacque Adolf Hitler: ora il governo austriaco potrà decidere che farne. Lunedì 5 agosto l’Ogh, la Corte suprema austriaca, ha respinto il ricorso presentato dall’ex proprietaria della casa, Gerlinde Pommer, che riteneva troppo basso l’indennizzo di 812 mila euro stabilito per l’esproprio. La questione dell’indennizzo finora aveva bloccato la decisione sulla sorte dell’edificio, che contrariamente a quanto deciso qualche anno fa potrebbe essere ristrutturato e non demolito.

Hitler nacque in una stanza all’ultimo piano di un palazzo di Braunau am Inn, nel nord dell’Austria, il 20 aprile del 1889. La sua famiglia aveva preso la casa in affitto dagli antenati dell’attuale proprietaria: vi abitò solo per poche settimane, prima di trasferirsi. Durante il regime nazista la casa venne trasformata in una specie di santuario che molti turisti venivano a visitare, e nel 1930 la famiglia proprietaria organizzava visite a pagamento della camera di Hitler. Nel 1938 i proprietari vendettero l’edificio al partito nazista tedesco, ma lo recuperarono dopo la guerra dicendo che avevano dovuto cedere alle pressioni dei nazisti.

Nel 1972 l’edificio – che la proprietaria si è sempre rifiutata di vendere – venne preso in affitto dallo Stato, che giustificò l’operazione dicendo che voleva evitare la creazione di un luogo di pellegrinaggio neonazista. Negli ultimi anni la casa ha ospitato un’organizzazione che lavora con le persone disabili, ma è vuota e inutilizzata dal 2011 perché la proprietaria ha ripetutamente respinto le proposte fatte dallo Stato per il suo utilizzo. Fuori dalla casa – su suolo pubblico e non sulla facciata, perché la proprietaria ha negato anche questa richiesta – c’è una targa commemorativa con scritto: «Per la pace, la libertà e la democrazia, mai più fascismo. Milioni di morti ricordano».

Nel 2016 il governo austriaco aveva avviato la procedura di esproprio, affermando che lo Stato avrebbe offerto un risarcimento alla proprietà. Lo scorso febbraio un tribunale distrettuale di Ried im Innkreis aveva ordinato al governo di pagare a Pommer circa 1,5 milioni di euro, molto più dei 310 mila euro che le erano stati inizialmente offerti. La sentenza era stata annullata in primavera da un tribunale regionale, e il risarcimento dimezzato in base al prezzo di mercato stabilito da un esperto. Ora, ha fatto sapere il ministero dell’Interno austriaco, la Corte suprema ha confermato quest’ultima decisione: Pommer riceverà dunque un risarcimento di 812 mila euro, inferiore a quello che aveva richiesto, ma più alto di quello che le era stato offerto.

Resta il problema di cosa fare con quella casa. Qualche anno fa l’allora ministro dell’Interno Wolfgang Sobotka (ora presidente del Parlamento, esponente del Partito popolare Övp) aveva dichiarato che l’edificio sarebbe stato demolito. Altri proponevano invece di trasformare la casa in un museo o di creare al suo interno un progetto con valore educativo. Altri ancora, invece, per togliere al luogo ogni senso storico e politico, avevano proposto di aprirci un supermercato o una caserma dei pompieri.

Il portavoce del ministero dell’Interno, Gerald Hesztera, ha detto che verrà lanciato un concorso per architetti per ristrutturare l’edificio a tre piani, con l’obiettivo dichiarato di dargli una destinazione d’uso che lo distanzi dal suo passato. Ha detto anche che i funzionari stanno decidendo se la competizione sarà europea o aperta solo agli austriaci, e che la futura funzione dell’edificio avrà un ruolo importante nell’assegnazione finale.