Come abbiamo fotografato la Luna, sulla Luna
Per ottenere "fotografie da primo premio", la NASA mobilitò i migliori produttori di macchine fotografiche, lenti e rullini
di Silvia Franzoni
![Buzz Aldrin mentre trasporta gli strumenti per le rilevazioni (NASA)](https://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2019/07/armstrong-luna-1969.jpg)
Nel 1969 a Göteborg, in Svezia, la società di Victor Hasselblad, la Hasselblad Aktiebolag, attendeva con preoccupazione un telegramma dagli Stati Uniti sullo sviluppo di 132 immagini in bianco e nero scattate da una macchina fotografica Hasselblad. Erano le prime immagini chiare e limpide della Luna, che Neil Armstrong e Buzz Aldrin avevano scattato una manciata di giorni prima. La Hasselblad, la macchina appositamente costruita per fotografare la spedizione lunare, invece era rimasta là, a 384.400 chilometri di distanza dalla Terra.
Le prime foto della Luna scattate sulla Luna erano state trasmesse dal lander sovietico Luna 9 nel 1966, ma erano sgranate e poco chiare. La NASA stava invece lavorando per avere immagini sempre più definite e nel 1962 aveva iniziato una collaborazione con Hasselblad, un’azienda svedese fondata dall’ingegnere Victor Hasselblad che negli anni Cinquanta e Sessanta fabbricava le macchine di medio formato più utilizzate dai fotografi professionisti: le Hasselblad stavano in una mano, avevano componenti intercambiabili ed erano costruite con lenti considerate eccellenti. Erano così solide che i fotografi Ralph Morse, Carl Mydans, Ken Weaver e Louis Marden, che lavoravano per le riviste National Geographic e Life, le avevano consigliate all’astronauta Walter Schirra che si stava preparando al suo primo viaggio in orbita attorno alla Terra. Quando viaggiò a bordo della capsula Sigma 7, nell’ottobre del 1962, Schirra teneva in mano una Hasselblad non modificata.
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Walter Schirra e la Hasselblad 500C (Hasselblad)
Fotografare la Luna sulla Luna sarebbe stato però un po’ più complicato. L’ottima risoluzione delle immagini che la Hasselblad era capace di scattare e la praticità con cui permetteva di cambiare rullino la rendevano pratica e funzionale, ma alla NASA serviva un corpo macchina capace di resistere a temperature molto rigide, perfettamente funzionante nonostante il vuoto e comodo da usare per un uomo coperto da capo a piedi da una tuta pesante 100 chilogrammi. Così i tecnici di Houston e gli ingegneri svedesi cominciarono a modificare minuziosamente ogni piccolo dettaglio.
La Hasselblad prese il suo miglior modello, la 500 EL, e sostituì i lubrificanti interni per impedire che evaporassero nel vuoto, rivestì il corpo macchina d’argento per far fronte alle violente escursioni termiche lunari e inserì una lastra trasparente dotata di un reticolo di croci che avrebbe aiutato gli scienziati di Houston, una volta sviluppate le pellicole, a determinare in ogni foto la distanza angolare degli oggetti fotografati. I tasti sul corpo macchina furono ingranditi per poter essere maneggiati anche con i guanti e il mirino fu eliminato, perché il casco avrebbe reso impossibile avvicinarlo all’occhio degli astronauti.
L’azienda tedesca Zeiss si occupò delle lenti e costruì il Bigon f.5.6/60mm, un obiettivo disegnato appositamente per la NASA. La Kodak modificò i suoi rullini producendo una pellicola più sottile, così da consentire fino a 200 esposizioni su un rullino lungo 12 metri. La NASA e la Hasselblad avevano così messo a punto la macchina fotografica semiautomatica che avrebbe scattato le foto più celebri della Luna: la chiamarono Hasselblad 500 EL Data Camera e la consegnarono a Neil Armstrong perché imparasse a usarla durante le missioni di addestramento in Nevada, in Arizona e alle Hawaii.
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La Hasselblad usata da Armstrong durante la missione Apollo 11 (Eric Long per Smithsonian Institution/ Smithsonian’s National Air and Space Museum)
Quando il 20 luglio 1969 il modulo Eagle toccò la superficie della Luna, Neil Armstrong e Buzz Aldrin impiegarono circa due ore e mezza per compiere la cosiddetta passeggiata lunare (Extra Vehicular Activities, EVA). Il programma delle operazioni di documentazione, rilevazione e raccolta degli oggetti considerati di interesse era stato dettagliatamente pianificato e gli scienziati di Houston avevano previsto che la documentazione fotografica dell’orbita e del suolo lunare avrebbe richiesto una strumentazione complessa. Per questo l’Apollo 11 era stato equipaggiato con trentatré rullini e sette macchine fotografiche differenti. C’erano anche la Kodak Close-up Stereoscopic Camera, commissionata solo sette mesi prima della missione, e ben quattro Hasselblad. Solo la Data Camera però era stata progettata per essere perfettamente funzionante anche fuori dalla Eagle: fu equipaggiata con un portapellicola con rullino a colori, si accendeva semplicemente premendo il grilletto montato sull’impugnatura ed era allacciata alla tuta di Neil Armstrong.
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Neil Armstrong durante una simulazione dell’EVA (NASA)
La praticità dei corpi macchina rese molto facile per gli astronauti cambiare i portapellicole e montarli di volta in volta su modelli diversi: per questo motivo – come ha ricostruito Eric M. Jones, fondatore dell’Apollo Lunar Surface Journal, un archivio online della NASA che raccoglie la documentazione delle operazioni lunari dal 1969 al 1972 – non è possibile ricostruire con precisione il corretto ordine di scatto delle fotografie. I rullini usati per fotografare la Luna sulla Luna sono stati tre (due a colori e uno in bianco e nero), mentre quelli caricati sulle Hasselblad sono stati in tutto nove e hanno scattato 1.407 fotogrammi.
Tutte le macchine fotografiche usate durante la missione Apollo 11 sono rimaste sulla Luna, per liberare spazio sulla capsula lunare e portare sulla Terra ventidue chili di rocce lunari che gli scienziati della NASA avrebbero poi analizzato. I nove rullini usati, invece, arrivarono [pdf] al centro di controllo di Houston a mezzogiorno del 25 luglio 1969. Restarono nel laboratorio per la decontaminazione per 47 ore. Una volta sviluppate e duplicate, le fotografie scattate dalla missione Apollo 11 furono presentate alla stampa il 12 agosto 1969.
Victor Hasselblad rimase negli Stati Uniti fino a quando non gli furono consegnate le copie dei quattro rullini a colori, poi volò in Svezia, a Göteborg. Qui, nella sua azienda, aspettò l’arrivo del telegramma che lo avrebbe informato sullo sviluppo delle immagini in bianco e nero che la Hasselblad Data Camera aveva scattato sulla Luna. Quando arrivò, il telegramma recitava: “Il rullino in bianco e nero usato dalla Hasselblad EL equipaggiata con l’obiettivo Bigon 60mm sulla superficie lunare è stato sviluppato e i risultati sono assolutamente perfetti. La NASA ritiene che siano 132 fotografie da primo premio”.
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Buzz Aldrin, sulla Luna (NASA)
Questo e gli altri articoli della sezione Come andammo sulla Luna sono un progetto del workshop di giornalismo 2019 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.