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  • Mercoledì 3 luglio 2019

Il procuratore di Agrigento ha smontato il “decreto sicurezza bis”

In un'audizione alla Camera ha spiegato che si occupa male del problema sbagliato, mentre dimentica i veri pericoli legati all'immigrazione clandestina

Luigi Patronaggio (Valerio Portelli/LaPresse)
Luigi Patronaggio (Valerio Portelli/LaPresse)

Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio ha testimoniato martedì durante un’audizione della commissione Affari costituzionali e Giustizia della Camera, che si sta occupando di esaminare il testo del cosiddetto “decreto sicurezza bis”, approvato dal governo l’11 giugno e che il Parlamento deve convertire in legge.

Patronaggio – la cui procura si sta occupando anche del caso di Carola Rackete, la comandante della Sea Watch 3 arrestata e poi liberata su ordine del GIP di Agrigento, e di cui in passato si era parlato per aver messo sotto indagine il ministro Matteo Salvini – ha dato il suo punto di vista sul “decreto sicurezza bis”, parlando sia dei suoi contenuti che delle “ragioni d’urgenza” con cui è stato giustificato. Ha detto che il decreto ha obiettivi condivisibili – contrastare l’immigrazione clandestina – ma di fatto non offre strumenti validi per raggiungerli: perché si occupa molto di fermare le ong, che Patronaggio non considera un problema, e non fa niente per contrastare i cosiddetti “sbarchi fantasma”, da cui arriva «il pericolo maggiore per la sicurezza pubblica».

Iniziando la sua testimonianza, Patronaggio ha spiegato che nuove leggi per limitare gli sbarchi dei migranti in Italia non possono esser considerate “urgenti”, visti i numeri in grandissimo calo degli arrivi sulle coste italiane. Facendo riferimento a dati raccolti dalla questura di Agrigento, Patronaggio ha spiegato che:

Noi abbiamo avuto nel 2017 231 sbarchi con 11.159 immigrati, nel 2018 il dato è calato con 218 sbarchi e 3.900 immigrati. Nel primo semestre del 2019 abbiamo soltanto 49 sbarchi e 1.084 immigrati.

Patronaggio ha rilevato quindi un dato simile a quello degli arrivi in tutta Italia, che secondo i numeri del ministero dell’Interno sono passati dagli 85.091 del 2017 ai 2.784 del 2019. Continuando, Patronaggio ha parlato del ruolo delle ong in questi sbarchi.

Di tali sbarchi quelli riferibili alle azioni di salvataggio delle ong sono una porzione assolutamente minore e per quanto riguarda l’anno 2019 addirittura statisticamente insignificante.

Più in generale, Patronaggio ha commentato l’atteggiamento del governo, dicendo di ritenere ingiustificata la norma introdotta per contrastare le ong, che prevede multe di migliaia di euro per comandante e armatore delle navi che entrano in acque territoriali italiane senza permesso.

Sia detto chiaro, prima dell’introduzione di tale norma, l’attività delle ong, l’attività di salvataggio delle ong e di recupero degli immigrati erano del tutto lecite e in perfetta linea con il diritto del mare e con le convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia.

Patronaggio ha poi affrontato la questione della situazione in Libia, spiegando come dal suo punto di vista i porti libici non possono essere considerati dei “porti sicuri” verso cui riportare i migranti soccorsi in mare: è una questione importante, di cui si è parlato anche nel caso della Sea Watch 3, a cui l’Italia aveva chiesto di fare rotta verso la Libia.

I porti libici non sono da considerare porti sicuri [..]. Quando si parla di porti sicuri non si intende solo un porto dove il naufrago viene messo sulla terraferma per salvarlo dall’annegamento. Per porto sicuro si intende per costante giurisprudenza internazionale un porto dove il migrante possa avere garantiti tutti i diritti fondamentali della persona.

Parlando invece delle criticità del “decreto sicurezza bis” dal punto di vista della giurisprudenza, Patronaggio ha spiegato che la norma che prevede la multa per le ong potrebbe entrare in contraddizione con altre norme del diritto penale e del diritto internazionale. Tra le altre cose, ha ricordato Patronaggio, «una norma di rango primario come il decreto legge approvato non può comunque essere in contrasto con gli obblighi internazionali assunti dall’Italia». In sintesi: l’obbligo di salvare persone in mare e portarle in un “porto sicuro” non può essere cancellato da una legge nazionale.

Infine, Patronaggio ha parlato del problema degli “sbarchi fantasma”: gli arrivi di piccole imbarcazioni spesso gestite da organizzazioni criminali, che sono continuati anche nei giorni della crisi della Sea Watch 3, perché per loro natura sono più difficili da fermare.

Il pericolo maggiore per la sicurezza pubblica non arriva tanto dai gommoni che vengono dalla Libia, ma è costituito dai cosiddetti “sbarchi fantasma”, sia per la composizione etnica di questo tipo di immigrazioni sia perché i barchini fantasmi che in genere provengono dalla Tunisia portano soggetti che hanno problemi giudiziari nel loro paese e che astrattamente potrebbero avere problemi giudiziari anche in relazione ad attività di terrorismo svolte a favore dell’ISIS.

Tenete conto che la Sicilia è collegata regolarmente con un traghetto due volte a settimana da Tunisi a Trapani e Agrigento per cui i soggetti che prendono la via degli sbarchi fantasma hanno tutto l’interesse a non farsi identificare. Tenete conto che lo sbarco del gommone proveniente dalla Libia necessita dell’identificazione completa e dell’inserimento dei dati di tutti gli immigrati in una banca dati internazionale, per cui vi è una garanzia di controllo efficace ed effettivo, mentre per quanto riguarda gli sbarchi fantasma, proprio perché vi è difficoltà nella loro identificazione, rappresentano un potenziale pericolo anche in chiave di repressione e attività per fronteggiare atti terroristici.