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  • Mercoledì 19 giugno 2019

La sepoltura silenziosa di Mohamed Morsi

L'ex presidente egiziano è morto lunedì durante un'udienza in tribunale al Cairo, ma in Egitto se ne sono accorti in pochi

Centinaia di sostenitori dei Fratelli Musulmani durante una manifestazione al Cairo a favore di Mohamed Morsi, il 17 luglio 2012 (AP Photo/Amr Nabil)
Centinaia di sostenitori dei Fratelli Musulmani durante una manifestazione al Cairo a favore di Mohamed Morsi, il 17 luglio 2012 (AP Photo/Amr Nabil)

Lunedì è morto in un tribunale del Cairo, la capitale dell’Egitto, l’ex presidente egiziano Mohamed Morsi, il primo eletto democraticamente nella storia del paese. La notizia, ampiamente ripresa dai principali quotidiani dei paesi arabi e dai giornali internazionali, è passata molto sottotraccia in Egitto, dove governa un regime autoritario nato da un colpo di stato compiuto nel 2013 proprio contro Morsi: solo un giornale egiziano ha parlato della morte di Morsi in prima pagina, peraltro senza definirlo ex presidente, mentre la stragrande maggioranza dei media si è limitata a leggere un breve comunicato diffuso dall’attuale regime.

Mohamed Morsi aveva 67 anni. Era arrivato al potere in Egitto dopo la rivoluzione delle cosiddette “primavere arabe”, quei movimenti di protesta che nel 2011 provocarono la fine di diversi regimi autoritari in Nord Africa e Medio Oriente, ed era un esponente del movimento politico religioso islamista dei Fratelli Musulmani, anche se non il più noto e carismatico. Morsi era diventato presidente nel 2012, in un momento di grande entusiasmo per la fine del lunghissimo regime di Hosni Mubarak. La sua presidenza però, considerata per lo più fallimentare, era durata poco: nel 2013 l’esercito guidato dal generale Abdel Fattah al Sisi, nominato da Morsi ministro della Difesa del suo governo, aveva organizzato un colpo di stato, reintroducendo di fatto un regime simile a quello di Mubarak. Morsi, insieme a migliaia di altri esponenti dei Fratelli Musulmani, era stato arrestato e condannato a molti anni di carcere.

Mohamed Morsi durante un evento elettorale al Cairo (AP Photo/Fredrik Persson, File)

Negli ultimi anni i suoi avvocati hanno denunciato più volte le condizioni di detenzione dell’ex presidente e le ripetute violazioni dei suoi diritti: hanno detto che alla sua famiglia è stato permesso di visitarlo solo tre volte in sei anni e che a lui non è stato concesso prendere le medicine di cui aveva bisogno per trattare il diabete e i problemi di pressione.

Le cause della morte di Morsi non sono ancora chiare, e negli ultimi due giorni diversi critici del presidente Sisi e alcune organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani hanno sostenuto che potrebbero essere legate alle pessime condizioni carcerarie a cui era stato sottoposto Morsi negli ultimi sei anni. Tra gli altri, anche l’ONU ha chiesto l’apertura di un’indagine indipendente per chiarire le cause della morte, ma è molto improbabile che il regime di Sisi soddisferà la richiesta.

Fin dal colpo di stato, infatti, il regime di Sisi ha represso molto duramente i Fratelli Musulmani, dichiarandoli fuorilegge e cercando di cancellarli completamente dalla politica del paese. Questo spiega il motivo per cui la morte di Morsi e i suoi funerali, avvenuti martedì, non siano stati raccontati quasi per niente dai media nazionali. Come ha scritto Mada Masr, uno dei pochi giornali indipendenti rimasti in Egitto, i quotidiani egiziani del 18 giugno hanno raccontato la morte di Morsi con le stesse 42 parole, copiate e incollate da un comunicato mandato dal regime di Sisi ai media tramite WhatsApp. Durante una diretta televisiva di una televisione di proprietà dei servizi di intelligence egiziani, una conduttrice ha letto da un gobbo elettronico la notizia della morte di Morsi, terminando l’intervento dicendo «mandato da un dispositivo Samsung», una apparente gaffe che suggerisce che anche i canali televisivi abbiano ricevuto e ritrasmesso tutti lo stesso messaggio dal regime.

L’unico giornale che ha parlato della morte di Morsi in prima pagina, Al-Masry al-Youm, non ha citato da nessuna parte la ex carica di presidente di Morsi, e tanto meno che è stato il primo e unico leader eletto della storia del paese.

Un altro tipo di reazione, ben diverso, si è visto in diversi paesi arabi del Nord Africa e Medio Oriente, dove le critiche contro il regime di Sisi per le condizioni di detenzione di Morsi sono state molte. La regina Nur di Giordania ha scritto un tweet di condoglianze per la morte di Morsi, definito come il «primo e unico presidente democraticamente eletto dell’Egitto». Il primo presidente della Tunisia post-primavera araba, il laico Moncef Marzouki, si è commosso in diretta televisiva mentre parlava di quello che era successo a Morsi.

Le reazioni più dure sono arrivate dalla Turchia, dove il presidente Recep Tayyip Erdoğan, importante alleato di Morsi, ha incolpato della sua morte i «tiranni» egiziani. La Turchia ha sempre avuto un rapporto particolare con i Fratelli Musulmani egiziani: oggi Istanbul è la base della corrente formata da membri più giovani dell’organizzazione, che vorrebbe sfidare apertamente Sisi creando un’alleanza con le forze laiche dell’Egitto; l’altra corrente, la principale, è formata per lo più dai membri anziani, ha la sua base a Londra e predilige invece un approccio più cauto e di basso profilo.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan durante una preghiera in onore di Morsi. Istanbul il 18 giugno 2019 (AP Photo/Emrah Gurel)

Morsi è stato sepolto martedì, durante una cerimonia privata nell’est del Cairo, dopo che il regime aveva impedito alla famiglia di svolgere la sepoltura nella regione del Delta del Nilo, dove Morsi era nato, e aveva vietato ai media di partecipare. Il funerale si è tenuto alle 5 di mattina ora locale: non c’era nessun giornalista presente, solo la famiglia, e di quello che è successo non si hanno né racconti né immagini.