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  • Mercoledì 12 giugno 2019

Non è ancora chiaro come finirà in Moldavia

Il nuovo governo che ha estromesso lo storico leader Plahotniuc è rimasto al suo posto nonostante l'opposizione della Corte Costituzionale, e ora molto dipenderà da come si schiererà il settore pubblico

Il presidente moldavo Igor Dodon, al centro, presiede il Consiglio Supremo di Difesa, martedì 11 giugno. (AP Photo/Roveliu Buga)
Il presidente moldavo Igor Dodon, al centro, presiede il Consiglio Supremo di Difesa, martedì 11 giugno. (AP Photo/Roveliu Buga)

Da lunedì si è insediato in Moldavia un governo dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale del paese, e nato da un sorprendente accordo tra una forza anticorruzione ed europeista (ACUM) e il Partito Socialista filorusso. Il governo, guidato dalla leader di ACUM Maia Sandu, sta cercando di portare dalla sua parte la cittadinanza e i lavoratori dei settori più influenti nella vita pubblica del paese, a partire dall’esercito, facendo leva sul crescente supporto internazionale. Ma dal weekend, quando è scoppiata la crisi politica, la situazione è sostanzialmente bloccata ed è difficile prevedere come andrà a finire.

Il governo, formato da Sandu insieme al presidente del paese e leader dei Socialisti Igor Dodon, era nato oltre tre mesi dopo le elezioni politiche, che non avevano prodotto una maggioranza. Era nato con l’esplicito obiettivo di escludere dal potere Vlad Plahotniuc, l’oligarca a capo del Partito Democratico Moldavo (PDM) che da molti anni è accusato di controllare i più importanti settori della vita pubblica del paese, dalla politica alla giustizia ai media all’economia. Dopo l’annuncio dell’accordo, arrivato sabato, il PDM si era subito mobilitato per bloccarlo, e nel giro di poche ore la Corte Costituzionale si era appellata a un appiglio legale molto contestato – un presunto ritardo di un giorno nella formazione del governo, rispetto a una scadenza decisa a marzo – per dichiarare illegittimo il governo. La corte, che secondo molti è controllata da Plahotniuc, aveva sospeso Dodon, nominando al suo posto Pavel Filip, ex primo ministro del PDM che aveva sciolto il Parlamento e convocato nuove elezioni per settembre.

La Russia ha ufficialmente sostenuto il nuovo governo, in nome della sua radicata alleanza coi Socialisti di Dodon. Francia, Germania, Regno Unito, Polonia e Svezia hanno fatto un comunicato congiunto per «sostenere il Parlamento democraticamente eletto», mentre gli Stati Uniti hanno tenuto una posizione più cauta, chiedendo che il risultato delle elezioni di febbraio sia rispettato: in entrambi i casi, è più o meno esplicita l’opposizione allo scioglimento del Parlamento e alla decisione della Corte Costituzionale che l’ha reso possibile. Dodon ha poi detto di aver parlato con 30 ambasciatori che riconoscono il governo come legittimo, e anche il Consiglio d’Europa ha criticato la decisione di invalidare il governo. Joseph Daul, presidente del Partito Popolare Europeo, ha chiesto che il PDM ceda pacificamente il potere.

La comunità internazionale, quindi, si è schierata tra domenica e lunedì in gran parte a favore del governo; un’eccezione è stata la Romania, il cui ministro degli Esteri ha sostenuto le nuove elezioni. Questo ha permesso a Sandu e Dodon di rimanere al loro posto: da lunedì i nuovi ministri si stanno riunendo, nonostante ci sia una sentenza che li dichiara illegittimi, e Dodon si rifiuta di dimettersi.

Plahotniuc gode di un bassissimo consenso personale, ma gli sono ancora fedeli ampie porzioni dei settori più influenti della società moldava e delle strutture amministrative nazionali. In questi giorni ha ricevuto dichiarazioni di sostegno dalla polizia, dall’esercito e da diverse altre autorità moldave: a oggi, questo è l’ostacolo principale davanti al nuovo governo, che per uscire dalla sua condizione di formale illegittimità ha bisogno, oltre al sostegno internazionale, di quello del settore pubblico e delle forze dell’ordine. «Chiediamo ai dipendenti del settore pubblico di lavorare senza paura. Chiediamo a tutti quelli che in precedenza lavoravano sotto Plahotniuc di tornare al lavoro per il nuovo governo», ha detto in un appello Sandu, che ha anche provato a licenziare il capo della polizia. Lui però si è rifiutato di andarsene, giurando fedeltà a Plahotniuc.

Matei Rosca, giornalista di Politico, ha scritto che le sue fonti nel partito di Sandu sperano che i dipendenti pubblici passino semplicemente dalla parte del nuovo governo con il passare del tempo. Ma allo stesso tempo il PDM controlla ancora buona parte delle finanze pubbliche, scrive Rosca, e quindi potrebbe avere gli strumenti per mantenere la fedeltà di molte persone. Sempre Rosca scrive che per ora il nuovo governo non vuole prendere in considerazione l’idea di spostare la contesa sul piano militare, evitando qualsiasi atteggiamento che possa essere interpretato come un ricorso alla forza. Sandu ha però chiesto ai sostenitori del nuovo governo di scendere in piazza a protestare, se gli sarà impedito di lavorare.

La crisi in corso in Moldavia ha portato in molti a riconsiderare la narrazione che voleva il paese come un posto in cui si contrapponevano due schieramenti ben distinti, europeisti e filorussi. Da sempre le divisioni politiche e sociali moldave seguono infatti linee più sfumate, come ha dimostrato la nuova coalizione: gli scandali, le accuse di corruzione, di ricatti e di conflitti di interessi che da anni riguardano Plahotniuc lo hanno reso una figura così ingombrante e ingestibile da unire due partiti molto diversi per ispirazione e ideologia. Non è ancora però chiaro su quali basi e patti – oltre all’estromissione di Plahotniuc – sia stato siglato l’accordo tra Sandu e Dodon, visto che la prima per anni ha accusato il secondo di complottare con il PDM per spartirsi il potere escludendo le nuove opposizioni europeiste.

Negli scorsi mesi, analisti ed esperti di Europa orientale avevano descritto come praticamente impossibile l’alleanza tra ACUM e Socialisti, e anzi a lungo era stata considerata scontata una risoluzione della empasse politica con un’alleanza tra Socialisti e PDM, che avrebbe di fatto formalizzato una collaborazione che andava avanti da anni. Secondo l’esperto di politiche esteuropee Oktawian Milewski, il nuovo governo è stato reso possibile dal lavoro sotterraneo e prolungato di diversi diplomatici occidentali, che hanno convinto Sandu e Dodon che la loro alleanza era l’unica possibilità di rimuovere dal potere Plahotniuc.