Calano i reati, aumentano i detenuti

È uno dei dati più interessanti dell'ultimo rapporto dell'Associazione Antigone, pieno di numeri esemplari anche sugli stranieri e sulle condanne per droga

(AP Photo/Gregorio Borgia)
(AP Photo/Gregorio Borgia)

Secondo l’ultimo rapporto dell’Associazione Antigone il numero delle persone detenute in carcere in Italia sta aumentando così velocemente che se proseguirà a questo ritmo entro due anni il nostro paese tornerà al punto critico di affollamento carcerario toccato un decennio fa, aggravando già oggi una situazione problematica e illegale. In maniera piuttosto sorprendente, però, a questo aumento delle persone detenute non corrisponde una crescita degli ingressi in carcere né dei delitti denunciati (che è in fortissimo calo da anni). Il crescente affollamento delle carceri si spiega infatti con l’aumento della durata media delle pene che i giudici comminano ai condannati.

Questi e altri numeri sono stati raccolti nel XV rapporto sulle condizioni della detenzione dall’Associazione Antigone, una delle più importanti organizzazioni che si occupano della difesa dei diritti dei carcerati: ogni anno pubblica un rapporto sulle condizioni del sistema carcerario italiano, sfruttando l’analisi di dati forniti dai ministeri della Giustizia e dell’Interno e conducendo analisi e ispezioni (qui trovate i dati più importanti contenuti nel XIV rapporto, del 2018).

I dati pubblicati nell’ultimo rapporto sono aggiornati al 30 aprile, quando in carcere in Italia c’erano 60.439 persone, circa 3 mila in più rispetto all’inizio del 2018 e 8 mila in più rispetto a quattro anni fa. Se il numero di detenuti continuerà a crescere con questo ritmo, scrive Antigone, nel giro di un paio d’anni l’Italia tornerà ad avere oltre 65 mila detenuti, toccando nuovamente il record raggiunto all’inizio del decennio (nel 2010 si arrivò a quasi 70 mila detenuti). In ogni caso, la situazione odierna è già di grave sovraffollamento: i posti in carcere in Italia sono teoricamente 50mila, probabilmente meno (ci arriviamo).

L’aumento dei detenuti è in controtendenza rispetto alla generale diminuzione dei reati negli ultimi anni. Scrive Antigone: «In modo schizofrenico la crescita dei detenuti presenti negli istituti di pena italiani corrisponde ad una diminuzione costante dei reati denunciati all’autorità giudiziaria e del numero degli ingressi in carcere dalla libertà». Rispetto a dieci anni fa, per esempio, il numero degli ingressi in carcere si è dimezzato; ma la diminuzione nel numero di reati si può misurare anche nel breve termine. Nel 2017, per esempio, il calo dei delitti è stato di quasi il 2,5 per cento, nel 2018 è arrivato vicino al 10 per cento e, secondo i primi dati provvisori presentati dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, nei primi quattro mesi del 2019 stiamo assistendo a una diminuzione di un ulteriore 15 per cento. Se il numero di carcerati non è causato da un aumento degli arresti (perché aumentano i reati, o perché la polizia diviene più efficiente), rimane un’unica possibilità, secondo Antigone: il numero di carcerati aumenta semplicemente perché a parità di reati i giudici assegnano pene più lunghe.

I dati raccolti dall’associazione sembrano confermare questa lettura. Un esempio tipico è quello dei casi di omicidio: negli ultimi dieci anni gli omicidi sono scesi da 600 a 350, ma il numero di ergastolani (un tipo di condanna che si dà quasi esclusivamente nei casi di omicidio) è cresciuto di quasi un terzo, passando dai 1.408 detenuti condannati all’ergastolo nel 2008 ai 1.748 di oggi. Insomma: non vengono assegnate pene più lunghe perché si commettono reati più gravi, ma perché i giudici hanno deciso di punirli in maniera più dura o perché nuove leggi prevedono pene più dure (“inasprire le pene” è la generica soluzione a costo zero proposta da quasi qualsiasi politico per risolvere quasi qualsiasi problema).

Secondo Antigone, questo fenomeno è particolarmente forte e ha prodotto una riduzione delle condanne a pene brevi e un aumento di quelle a pene più lunghe:

«Se nel 2008 l’11% dei condannati scontava una pena inferiore a un anno, nel 2018 ciò accadeva solo al 4,4%. Se nel 2008 il 47,1% dei condannati scontava una pena compresa tra 1 e 5 anni, nel 2018 ciò accadeva al 41,4%. Se viceversa nel 2008 il 18% dei condannati scontava una pena più lunga e compresa tra i 5 e i 10 anni, nel 2018 questa percentuale saliva al 26,8%. Ma questo non riguarda solo le condanne di chi è detenuto. In generale dal 2008 al 2017 le condanne inferiori ai 5 anni sono diminuite del 30%, passando da 143.783 a 100.661, mentre quelle più lunghe sono aumentate del 53%, passando da 2.585 a 3.954»

Pene più lunghe significa meno uscite dal carcere e quindi prigioni sempre più affollate. Il tasso di affollamento oggi è molto vicino al 120 per cento: ci sono cioè il 20 per cento in più di detenuti rispetto alla massima capacità delle carceri italiane. Nel caso di alcuni penitenziari il tasso arriva vicino al 200 per cento: a Taranto, per esempio, dove è al 199 per cento, e a Como, dove è al 197 per cento. Ma la situazione è probabilmente ancora peggiore di come appaia da questi numeri. In base alle ispezioni effettuate nel 2018, Antigone sostiene che in quasi la metà delle carceri ci siano spazi inagibili a causa di danni o ristrutturazioni. Raramente questa riduzione di spazi viene conteggiata. L’esempio più importante di questo fenomeno è il carcere di Camerino, chiuso dal terremoto dell’ottobre 2016, ma ancora conteggiato nel totale dei posti letto disponibili nel sistema carcerario italiano.

A proposito dei detenuti stranieri, poi, Antigone scrive chiaramente che «non c’è un allarme stranieri detenuti». Anzi. Mentre negli ultimi dieci anni la popolazione straniera in Italia è passata da 3,5 a più di 5 milioni di persone, i detenuti stranieri sono calati di oltre mille unità. I nati all’estero detenuti nelle carceri italiane sono infatti il 33,6 per cento, in calo rispetto al 34,27 di un anno fa (la media in Europa è del 20 per cento, un segno che in Italia l’atteggiamento nei confronti dei migranti da parte del sistema penale è particolarmente severo). «L’affollamento delle carceri nell’ultimo anno», scrive Antigone, «è principalmente dovuto agli italiani».

Moltissimi detenuti, un terzo del totale, sono in carcere per reati legati alla droga (un quarto del totale ha invece varie forme di dipendenza dalla droga). Soltanto Grecia e Lettonia hanno una percentuale superiore, mentre in Germania i detenuti per reati legati alla droga sono solo il 12,6 per cento e in Francia poco più del 18 per cento (che è anche la media europea). Secondo Antigone questa percentuale non è dovuta a un numero di criminali o consumatori particolarmente alto rispetto al resto d’Europa, ma al fatto che il nostro paese «ha una delle legislazioni in materia di droghe più repressive e inefficaci, i cui effetti sono visibili in carcere».