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  • Giovedì 25 aprile 2019

Chi erano gli attentatori dello Sri Lanka

La polizia ne ha identificati otto su nove: molti di loro erano istruiti e benestanti e c'erano anche i due figli di un ricco e noto uomo d'affari

Un poliziotto perquisisce un motociclista a Colombo, dopo gli attentati di Pasqua. (AP Photo/Eranga Jayawardena)
Un poliziotto perquisisce un motociclista a Colombo, dopo gli attentati di Pasqua. (AP Photo/Eranga Jayawardena)

La polizia dello Sri Lanka ha detto di avere identificato otto dei nove attentatori che hanno partecipato agli attacchi di Pasqua, in cui sono state uccise almeno 359 persone. Sette sono uomini, che si sono fatti esplodere davanti a una delle tre chiese o dei quattro alberghi colpiti, mentre una donna si è fatta esplodere in una residenza privata (su quest’ultima informazione però ci sono versioni contrastanti).

I nomi non sono ancora stati diffusi, ma sappiamo che almeno uno di loro aveva due lauree prese in università straniere e che la maggior parte apparteneva a famiglie della classe media o alta: «Erano economicamente molto indipendenti e le finanze delle loro famiglie erano stabili. Questo è preoccupante» ha detto il ministro della Difesa srilankese Ruwan Wijewardene.

Fonti vicine alle indagini hanno detto al New York Times e al Wall Street Journal che due degli attentatori erano i figli di Mohammad Yusuf Ibrahim, un ricco e noto imprenditore srilankese del settore delle spezie, che era stato premiato dall’ex presidente del paese per i suoi «notevoli servizi alla nazione». Ibrahim è ora detenuto, per verificare se fosse a conoscenza del piano dei figli, identificati dai giornali indiani con i nomi di Inshaf e Ilham. Il primo, 33enne proprietario di una fabbrica di rame, si è fatto esplodere all’hotel Shangri-La, e potrebbe essere stato uno degli ideatori del piano. Secondo una fonte vicina alla famiglia sentita da Reuters, Ilham – che secondo alcune fonti sarebbe l’attentatore del Cinnamon Grand Hotel – aveva idee estremiste e aveva partecipato a riunioni del National Thowheeth Jama’ath, il gruppo terrorista locale accusato di aver organizzato gli attacchi, forse con un qualche tipo di appoggio dell’ISIS (le indagini sono in corso). La stessa fonte ha detto che Inshaf sembrava avere idee più moderate, ed era noto per fare spesso beneficenza.

C’è inoltre un’altra storia che sta emergendo sui giornali internazionali, che però danno due versioni diverse: la più condivisa, riportata tra gli altri da New York TimesWall Street Journal ABC, è che tra gli attentatori ci fosse anche quella che molto probabilmente era la moglie di uno dei due fratelli.

La donna si sarebbe fatta esplodere qualche ora dopo i primi attentati nella residenza di famiglia del padre, Ibrahim, in un quartiere di Colombo conosciuto come Dematagoda, dove era arrivata nel frattempo la polizia per farvi irruzione. L’esplosione ha ucciso tre poliziotti e due figli della donna. Reuters, citando una sua fonte vicina alle indagini, dice invece che a farsi esplodere nella villa di famiglia sarebbe stato uno dei due fratelli, Ilham, uccidendo la moglie, i due figli e i poliziotti. Un vicino di casa ha confermato di aver sentito l’esplosione, raccontando di aver visto Ibrahim scortato fuori dalla polizia.

Ibrahim, il padre dei due attentatori, era molto ricco e celebrato nell’alta società di Colombo, e aveva stretti legami con la politica: il suo nome era stato fatto anche come possibile candidato da un partito locale.

I giornali inglesi si stanno concentrando su Abdul Lathief Jameel Mohamed, che l’antiterrorismo britannico sospetta essere stato uno degli attentatori: aveva studiato ingegneria aerospaziale alla Kingston University di Londra tra il 2006 e il 2007, proseguendo poi gli studi in Australia.

Le indagini hanno rivelato anche che gli attentatori avevano due nascondigli, uno a Negombo, dove si trova la chiesa di San Sebastiano, colpita dagli attentati, e uno a Panadura, qualche chilometro a sud di Colombo. Gli arrestati sono stati circa 60, di cui quattro sono stati consegnati all’antiterrorismo. Nelle conferenze stampa tenute finora da politici e autorità è sempre stato detto che ci sono sospettati ancora in fuga, e che potrebbero avere con sé esplosivi. Alaina Teplitz, ambasciatrice americana in Sri Lanka, ha detto che ci sono ancora «piani terroristici in atto». La polizia ha diffuso mercoledì un avviso perché chiunque abbia un’auto parcheggiata per le strade di Colombo esponga un numero di telefono al quale possa essere contattato. Dopo il coprifuoco, mercoledì sera, due auto sono state fatte esplodere dagli artificieri perché giudicate sospette. Nessuna conteneva esplosivo.