Come vanno le indagini sulla strage nella discoteca di Corinaldo

Tre mesi dopo si aspettano i risultati delle analisi sulla presenza di sostanze urticanti nel locale in cui morirono sei persone

(ANSA)
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Sono passati tre mesi dall’8 dicembre 2018, quando sei persone morirono schiacciate nella calca nella discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, in provincia di Ancona, prima di un’esibizione del rapper Sfera Ebbasta. Da allora la storia è perlopiù sparita dai quotidiani nazionali, e gli aggiornamenti sono arrivati principalmente dai giornali locali: ma le notizie sono state in effetti poche, perché le indagini stanno procedendo molto lentamente. Sono indagini molto complesse, ha detto recentemente ad Adnkronos l’avvocato della famiglia di Emma Fabini, una delle ragazze morte nella strage.

Gli indagati, a oggi, sono dieci: i quattro proprietari del locale, tre soci, un dj presente quella sera, un addetto alla sicurezza e un 17enne di Senigallia sospettato di aver spruzzato la bomboletta di spray urticante che diede inizio alla fuga disordinata. L’accusa è concorso in omicidio colposo aggravato. Nonostante le settimane passate, però, non sappiamo ancora se la dinamica della strage fu davvero quella dello spray urticante. Nei primi giorni di gennaio il Reparto di investigazioni scientifiche (Ris) ha concluso i sopralluoghi all’interno del locale, con i quali ha cercato tracce di capsaicina, il principio attivo degli spray al peperoncino. Una bomboletta era stata trovata la notte stessa, consolidando la tesi del panico generato dallo spray urticante, un fenomeno successo con una certa frequenza ai concerti in Italia negli ultimi anni.

I risultati delle analisi dei Ris però non sono ancora stati diffusi, mentre a inizio febbraio i giornali marchigiani avevano riportato le prime conclusioni del perito tecnico – il colonnello dei carabinieri Marcello Mangione – incaricato dalla procura di Ancona di verificare eventuali irregolarità nella sicurezza della Lanterna Azzurra. Le rilevazioni di Mangione, quindi, andranno a costituire l’accusa, e non sono ancora state accertate dal processo: sostengono, tuttavia, che ci fossero molte irregolarità.

Secondo le sue analisi, c’erano due uscite di sicurezze più basse di due metri, e la rampa dell’uscita dove morirono le sei persone aveva una pendenza superiore al massimo consentito (del 20 per cento, contro il 12 permesso) ed era sprovvista di un pianerottolo che la collegasse alle scale. Le balaustre di protezione, poi, sarebbero state in condizioni pessime (quella sera crollarono per la troppa pressione) ed erano troppo basse.  Mangione ha poi riscontrato altre irregolarità, tra cui alcune nelle segnalazioni delle uscite d’emergenza. Per questo, dopo che la sua relazione è stata depositata si è ipotizzato che i carabinieri potessero aggiungere agli indagati alcune persone coinvolte nel rilascio delle autorizzazioni per l’apertura del locale. Per ora, però, non sembra sia ancora successo.

Per quanto riguarda il 17enne di Senigallia, che peraltro era stato trovato in possesso di due etti di droga quando era stato fermato dai carabinieri, era tornato in libertà pochi giorni dopo. Il sito CronacheAncona aveva riportato la tesi difensiva, secondo cui ci sarebbero alcune chat di Instagram che lo scagionerebbero, dimostrando che non era nella discoteca nel momento della strage. Il ragazzo era stato denunciato da altri partecipanti al concerto, e quindi era stato indagato d’ufficio. Non ci sono informazioni aggiornate su cosa pensi la procura del suo coinvolgimento. La prima cosa che si attende, adesso, è il risultato delle analisi dei Ris, che dovrebbero accertare o meno la presenza di sostanze urticanti nel locale.