Sei grandi canzoni di Mia Martini

Da riascoltare oggi che a Sanremo si canterà una sua canzone e si parlerà del film biografico su di lei

Mia Martini è nata a Bagnara Calabra nel 1947 ed è morta nel 1995, a 47 anni; stasera verrà ricordata al Festival di Sanremo, non soltanto perché trent’anni fa portò “Almeno tu nell’universo”, ma anche perché il 12 febbraio andrà in onda su Rai 1 il film biografico su di lei, con Serena Rossi. Queste sono sei canzoni sue da riascoltare, scelte da Luca Sofri, peraltro direttore del Post, nel libro Playlist, la musica è cambiata.

Mia Martini
(1947, Bagnara Calabra, Reggio Calabria – 1995, Cardano al Campo, Varese)
Oltre che una cantante una spanna sopra alle sue colleghe di allora, Mia Martini era tante cose: la sorella di Loredana Berté, l’interprete di maltrattamenti sentimentali secondi solo a quelli cantati da Cocciante, la vittima di maldicenze cretine tipiche dello show-business (un ambientino in cui il saluto augurale è “merda”) e di ipocrisie successive alla sua morte. Andava spesso a Sanremo, e ogni volta gli dava un senso.

Piccolo uomo
(Nel mondo una cosa, 1972)
Fu scritta con Bruno Lauzi, vinse il Festivalbar e spopolò in mezza Europa (ne incise anche una versione in tedesco). Il ritornello è travolgente, e contiene l’espressione entrata nel canone linguistico nazionale grazie alla Gialappa’s, “è l’ultima occasione per vivere”.

Minuetto
(Il giorno dopo, 1973)
L’aveva scritta Califano, come trapela dall’uso dell’abominevole verso “le mani tue, strumenti su di me, che dirigi da maestro esperto quale sei”. Ma lei mette una pezza su tutto, e la melodia è fantastica.

Ma quale amore
(Il giorno dopo, 1973)
Finalmente un accenno di reazione ai deficienti con cui andava mettendosi, grazie all’intervento di Antonello Venditti. “Una donna è stanca di sentirsi dire ‘fai la tua parte ed io la mia’”.

Donna con te
(1975)
“Io frequentavo allora uomini leggeri superficiali, tristemente uguali
Gente che pensa di avere in mano il mondo e non sa neanche se è rotondo
E facevo l’amore perché lo si fa senza amore, senza umanità”
Poi le parole sbracano un po’, fino alla celebre “o” chiusa di “donna!”.

E non finisce mica il cielo
(1982)
La carriera di Mia Martini ha come tappe i caratteri dei suoi autori: quando incontrò Fossati, non solo vennero fuori canzoni senza una grinza, ma si permise anche un atteggiamento finalmente indipendente nei confronti del paradigma maschile che la tormentava da anni. Certo, lo stesso concetto di indifferenza poteva esprimerlo anche Venditti: ma lui l’avrebbe intitolata “e ‘sticazzi”.

Almeno tu nell’universo
(Martini Mia, 1989)
Finalmente aveva trovato qualcuno (cercando ben oltre il sistema solare) grazie a un testo di Bruno Lauzi: che l’aveva scritta molti anni prima, ma non gliel’aveva data, sciagurato. È la più bella di tutte, e lei la canta a squarciagola.