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  • Mercoledì 30 gennaio 2019

Le prime mosse del Venezuela contro Guaidó

La Corte suprema, controllata dal governo, gli ha vietato di lasciare il paese e ha congelato i suoi conti; Maduro ha però detto di essere pronto a incontrare l'opposizione

Il procuratore generale del Venezuela Tarek William Saab (Marco Bello/Getty Images)
Il procuratore generale del Venezuela Tarek William Saab (Marco Bello/Getty Images)

La Corte suprema del Venezuela ha congelato i conti bancari e imposto il divieto di lasciare il paese a Juan Guaidó, il leader dell’opposizione che una settimana fa si era autodichiarato presidente ad interim del paese, intimando al presidente Nicolás Maduro di lasciare il potere. Formalmente le misure cautelari decise dalla Corte suprema erano state richieste del procuratore generale del Venezuela, Tarek William Saab, che martedì aveva detto di voler indagare Guaidó per quelli che ha definito «delitti gravi che attentano contro l’ordine costituzionale». Di fatto, però, la decisione della Corte suprema era attesa e scontata: come anche la procura generale, è un organo controllato molto strettamente da Maduro e non è considerato né libero né indipendente.

Le misure imposte dalla Corte suprema sono state la prima vera mossa del governo del Venezuela contro Guaidó, e sono arrivate poche ore dopo che gli Stati Uniti avevano dichiarato di aver messo a sua disposizione conti bancari e altri beni che negli anni erano stati sequestrati al governo venezuelano. Gli Stati Uniti, che la settimana scorsa sono stati il primo di molti paesi a riconoscere Guaidó come legittimo presidente del Venezuela, sperano così di dargli i fondi necessari per governare di fatto, ma per ora non è chiaro se il piano funzionerà. Martedì gli Stati Uniti hanno anche annunciato nuove durissime sanzioni economiche contro il governo Maduro e in molti temono che se non si arriverà presto a una transizione di potere pacifica questa strategia potrebbe solo generare maggiore divisione, caos e sofferenza in Venezuela.

Le nuove sanzioni, che sembrano essere state la causa scatenante delle restrizioni imposte a Guaidó, tolgono al governo venezuelano gran parte dei suoi ricavi derivanti dalla vendita di petrolio, che anche durante la terribile crisi degli ultimi anni avevano tenuto più o meno a galla il paese. Concretamente, le sanzioni sono state imposte alla compagnia petrolifera di stato venezuelana PDVSA e prevedono che tutti i ricavi derivanti dalla vendita di petrolio negli Stati Uniti debbano essere versati su conti correnti inaccessibili al governo venezuelano. Anche questi fondi – gli Stati Uniti parlano di 11 miliardi di dollari nel prossimo anno – potrebbero poi essere messi a disposizione di Guaidó, ma nel frattempo il loro sequestro causerà grossi problemi di spesa al governo Maduro.

Mentre per mercoledì sono state annunciate nuove grandi manifestazioni contro il governo Maduro – una costante di questi anni, spesso represse violentemente dalla polizia – Guaidó sta continuando a comportarsi come se fosse il presidente del Venezuela. Su Twitter per esempio ha ringraziato il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence per aver incontrato alla Casa Bianca gli ambasciatori del suo governo, mentre il parlamento del Venezuela di cui è presidente, che Maduro ha svuotato di potere dopo una vittoria elettorale dell’opposizione, ha approvato la formazione di una commissione che dovrà lavorare a un piano di salvataggio del paese. In molti sono comunque sorpresi che per ora il governo venezuelano non abbia agito con più durezza contro Guaidó, che a differenza di quanto successo ad altri leader dell’opposizione – a partire dal suo mentore Leopoldo Lopez – non è stato arrestato. Maduro, intervistato da una tv russa, ha invece detto di essere pronto a incontrare l’opposizione e discutere una mediazione internazionale per «il bene del Venezuela, per il bene del suo futuro e della pace».