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  • Domenica 27 gennaio 2019

Non siamo mai stati così vicini a un accordo di pace tra Stati Uniti e talebani

Negli ultimi colloqui in Qatar si sono fatti notevoli progressi, e c'è parecchio ottimismo

(AP Photo/Patrick Semansky)
(AP Photo/Patrick Semansky)

Questa settimana rappresentanti degli Stati Uniti e dei talebani afghani si sono incontrati per gli ennesimi colloqui di pace a Doha, in Qatar, con l’obiettivo di trovare un accordo per mettere fine alla guerra americana in Afghanistan, iniziata 17 anni fa. Un po’ a sorpresa, i colloqui sono andati bene: sono durati sei giorni al posto di due – sintomo che c’era l’intenzione di arrivare a qualcosa di concreto – e si sono conclusi con dichiarazioni ottimistiche da entrambe le parti, cosa molto rara. Per ora non c’è alcun tipo di accordo e l’inviato statunitense Zalmay Khalilzad è tornato a Kabul, la capitale dell’Afghanistan, per riferire dei colloqui al governo afghano: ma come ha scritto su Twitter lo stesso Khalilzad, «gli ultimi incontri sono stati più produttivi di quelli tenuti in passato. Abbiamo fatto progressi significativi su numerose questioni».

L’idea di accordo discusso a Doha prevede che in una prima fase i talebani accettino un cessate il fuoco in cambio del ritiro progressivo dei soldati statunitensi dall’Afghanistan; e poi che i talebani si impegnino a non permettere a gruppi terroristici internazionali di usare il territorio afghano come base per pianificare e compiere attentati contro gli Stati Uniti. In una seconda fase, talebani e governo afghano dovranno accordarsi sul ruolo che i primi avranno nella condivisione del potere statale, e come questo condizionerà alcune delle questioni più discusse e divisive, come lo status delle donne nella società. Per i talebani la seconda fase dell’accordo inizierà solo quando verrà stabilita una data per il ritiro dei 14mila soldati statunitensi ancora presenti in Afghanistan.

Ai colloqui di Doha non c’erano rappresentanti del governo afghano, perché i talebani si sono finora rifiutati di parlare – almeno ufficialmente – con quelli che ritengono essere dei «pupazzi» che rispondono solo agli ordini degli americani. Secondo diversi osservatori, comunque, nell’ultima settimana i talebani hanno mostrato la loro reale intenzione a trovare un’intesa, almeno sulla prima fase: al quarto giorno di colloqui, per esempio, hanno nominato come loro capo negoziatore il mullah Abdul Ghani Baradar, uno dei loro esponenti più potenti.

Ci sono diverse questioni però che non sono ancora state risolte: non è stato stabilito quanto durerà il cessate il fuoco dei talebani, né se inizierà dopo o durante il ritiro dei soldati statunitensi dall’Afghanistan, e non si è deciso nulla su quale periodo di tempo coprirà l’accordo. Sono tutti temi importanti, su cui le due parti che stanno negoziando potrebbero non riuscire a trovare un’intesa finale. C’è poi un’altra questione che genera molta incertezza. Lo scorso dicembre il presidente statunitense Donald Trump aveva annunciato il ritiro di metà dei 14mila soldati presenti in Afghanistan, decisione che era stata considerata prematura da diversi analisti, per il rischio di lasciare le forze di sicurezza afghane senza la protezione degli Stati Uniti e alla mercé dei talebani. Per il momento la decisione di Trump non ha avuto seguito, ma questa amministrazione ha già mostrato in diverse occasioni di avere una politica estera difficilmente prevedibile.

L’esito degli ultimi colloqui tra Stati Uniti e talebani è stato commentato positivamente da diversi politici e osservatori.

Rod Nordland e Mujib Mashal, giornalisti del New York Times, hanno scritto che «è la prima volta in nove anni di intermittenti sforzi di pace che tutte le parti sembrano essere serie e coinvolte sul fatto di raggiungere un accordo». Hekmat Khalil Karzai, ex vice ministro degli Esteri afghano e ora a capo del Center for Conflict and Peace Studies, un centro di ricerca indipendente con base a Kabul, ha detto: «Da quando gli Stati Uniti hanno iniziato a parlare con i talebani, [l’esito degli ultimi colloqui] è la cosa più vicina a un accordo raggiunta finora». Nonostante il prevalente ottimismo, ci potrebbero volere ancora mesi, o forse anni, per raggiungere un accordo di pace definitivo.

La guerra in Afghanistan, la più lunga nella storia degli Stati Uniti, iniziò nell’ottobre 2001 in risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre a New York e a Washington compiuti da al Qaida, che aveva la sua base nel territorio afghano ed era protetta dal regime dei talebani. Da allora decine di migliaia di soldati americani e afghani, di talebani e di civili sono stati uccisi nella guerra, che solo agli Stati Uniti è costata 932 miliardi di dollari.