C’è una legge di bilancio, infine

Il governo ha presentato un nuovo testo scendendo a molti compromessi, con tagli alle pensioni e agli investimenti e possibili aumenti dell'IVA

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

L’ultima versione della legge di bilancio per il 2019 è finalmente arrivata in Senato dopo che ieri governo e Commissione Europea hanno raggiunto un accordo per evitare l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia. Il nuovo testo della manovra è il frutto di lunghe trattative e per questo contiene molti compromessi rispetto agli obiettivi fissati inizialmente dal governo: un’importante riduzione del deficit, l’inserimento di clausole di salvaguardia che prevedono l’aumento dell’IVA, il taglio delle indicizzazioni delle pensioni più basse e quello degli investimenti. Ecco le principali novità introdotte dall’accordo.

Il taglio del deficit
Il governo aveva stabilito di fare un deficit pari al 2,4 per cento del PIL – cioè spendere in deficit, superando le entrate, una cifra pari al 2,4 per cento del PIL – e lo scorso settembre i ministri del Movimento 5 Stelle avevano festeggiato sul balcone di Palazzo Chigi l’accordo raggiunto su quella cifra. Per settimane i più importanti esponenti del governo avevano detto che la cifra non era negoziabile, perché necessaria a finanziare le misure ritenute più importanti, il cosiddetto “reddito di cittadinanza” e la riforma delle pensioni nota come “quota 100”. Poi, di fronte al peggiorare della situazione economica e della fermezza della Commissione Europea, i leader della maggioranza Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno preferito trattare (erano «soldi che ci avanzano», ha detto poi Di Maio).

Alla fine il governo ha deciso di ridurre il deficit di 6,4 miliardi di euro, cioè circa lo 0,4 per cento. Il taglio principale arriva dalla cosiddetta “quota 100”, i cui stanziamenti vengono ridotti di 2,7 miliardi su 6,7. Il denaro destinato al “reddito di cittadinanza” verrà tagliato di 1,9 miliardi sui 9 che gli erano inizialmente destinati. Il governo sostiene che questi tagli si devono al fatto che le stime iniziali del costo di queste misure erano troppo generose, affermazioni considerate false da quasi tutte le stime indipendenti.

Le due misure partiranno soltanto il prossimo aprile e non si conosce ancora quante persone riguarderanno e come saranno strutturate. Il governo ha infatti deciso di tenerle fuori dalla legge di bilancio e introdurle con due decreti o disegni di legge separati da presentare nelle prossime settimane.

I tagli alla legge di stabilità presentati dal governo nella sua lettera alla Commissione Europea

Le stime della crescita
Il governo aveva fissato un obiettivo di crescita economica molto ambizioso per il 2019: +1,5 per cento del PIL, una cifra giudicata implausibile da quasi tutti gli osservatori. Con il 2018 che rischia di chiudersi in recessione, a causa del rallentamento degli ultimi mesi dell’anno, l’obiettivo appariva particolarmente irrealistico da raggiungere (anche se il governo ha continuato a ripetere, fino a pochi giorni fa, che la manovra avrebbe permesso di “superare” anche questo ambizioso traguardo). Alla fine, dopo lunghe trattative con la Commissione, il governo ha deciso di abbassare di un terzo le stime di crescita, riducendole a un più credibile +1 per cento.

Aumenti di tasse
La nuova manovra contiene anche una serie di piccoli aumenti di tasse, in particolare sui giochi d’azzardo e le scommesse. Sono previsti anche una serie di tagli alle agevolazioni fiscali per le imprese e una “web tax” sui ricavi delle aziende che vendono spazi pubblicitari su internet. In tutto questi aumenti dovrebbero ammontare a circa un miliardo di euro.

Nuove clausole di salvaguardia
Il governo ha garantito che il deficit diminuirà nei prossimi anni, impegnandosi a far scattare automaticamente una serie di aumenti dell’IVA se nel corso del 2019 e del 2020 non saranno realizzati una certa quantità di tagli o di aumenti di entrate. Questi impegni si chiamano in gergo “clausole di salvaguardia” e sono state utilizzate ampiamente da tutti gli ultimi governi, a partire da quello Berlusconi nel 2011.

In particolare il governo si è impegnato per l’anno prossimo ad alzare di 4 punti l’IVA ordinaria e di 3 quella ridotta se non si faranno risparmi o maggiori entrate per 23 miliardi di euro. Negli anni passati, tranne che durante il governo Letta, le clausole di salvaguardia non sono mai state fatte scattare, ma sono state sempre coperte con tagli, spesa in deficit e con accordi per maggiore flessibilità con la Commissione Europea.

Tagli agli investimenti
Il governo ha anche dovuto ridurre le sue ambizioni in fatto di investimenti pubblici, un altro dei temi su cui si era speso in particolare il ministro dell’Economia Tria. Inizialmente si era parlato di tagli per più di 4 miliardi nel solo 2019. Per il momento i tagli sembrano invece ammontare a circa 3 miliardi di euro, in particolare 600 milioni di euro in meno per le ferrovie e 1,6 miliardi in meno di cofinanziamento italiano ai fondi europei. Le regioni si sono viste tagliare altri 700 milioni di fondi contro il dissesto idrogeologico, ma questi ultimi dovrebbero essere compensati da un maggior ricorso a fondi europei.

Tagli alle pensioni
Con la cosiddetta “quota 100” il governo vorrebbe far andare in pensione anticipata alcune categorie di lavoratori, ma con un’altra misura ridurrà molte delle pensioni che saranno pagate nel corso del 2019. Circa 24 mila “pensioni elevate”, cioè con importo superiore ai 100 mila euro lordi l’anno e calcolate con metodo retributivo, dovranno pagare un contributo di solidarietà che dovrebbe portare lo Stato a incassare in tutto poco meno di 80 milioni di euro.

La nuova manovra prevede anche la riduzione dell’indicizzazione delle pensioni fino a tre volte il minimo, cioè il meccanismo automatico che adegua le pensioni all’inflazione. Il governo ha stabilito che per le pensioni fino a 1.000 euro netti (1.500 euro lordi) l’indicizzazione sarà al 100 per cento, ma per tutti gli altri l’adeguamento o rivalutazione, come viene chiamata a volte, non sarà completo. Scrive il Sole 24 Ore:

La rivalutazione completa viene assicurata solo per i trattamenti fini a 1.521 euro (tre volte il minimo). Previste sei fasce di tagli: l’adeguamento all’inflazione sara’ del 97% per gli assegni tra 1.522 e 2.029 euro, del 77% fino a 2.537 euro, del 52% fino a 3042 euro, del 47% fino a 4059 euro, del 45% fino a 4566 euro (nove volte il minimo) e del 40% o per quelli d’importo superiore.