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  • Martedì 11 dicembre 2018

La “Persona dell’anno” della rivista Time è un gruppo di giornalisti minacciati per il loro lavoro

Tra cui il dissidente saudita Jamal Khashoggi e i due giornalisti di Reuters arrestati e condannati a 10 anni di carcere in Myanmar

Jamal Khashoggi in un video realizzato da Time
Jamal Khashoggi in un video realizzato da Time

La rivista statunitense Time ha scelto come “Persona dell’anno” del 2018 un gruppo di giornalisti minacciati per il loro lavoro. Il gruppo – che la rivista ha deciso di chiamare “The Guardians”, i guardiani – comprende Jamal Khashoggi, il giornalista saudita ucciso nel consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul (non era mai successo che una persona morta fosse indicata da Time come persona dell’anno); Wa Lone e Kyaw Soe Oo, due giornalisti di Reuters arrestati e condannati in Myanmar dopo avere raccontato le violenze contro centinaia di migliaia di membri dell’etnia rohingya; i giornalisti della Capital Gazette, il giornale locale del Maryland nel quale a giugno un uomo ha ucciso cinque persone; Maria Ressa, capo del sito di news filippino Rappler, contro cui c’è un’accusa per evasione fiscale che in caso di condanna la porterebbe a 10 anni di carcere e che probabilmente è legata alla copertura della violentissima guerra alla droga del presidente filippino Rodrigo Duterte.

Al secondo posto la rivista Time ha scelto Donald Trump, al terzo il procuratore speciale Robert Mueller. Il titolo di “Persona dell’anno” non è un premio – in passato lo hanno vinto anche Hitler e Stalin – ma ha lo scopo di riconoscere l’influenza di una o più persone sui fatti del mondo.

Time ha spiegato che nel corso dell’ultimo anno ci sono stati diversi episodi di giornalisti uccisi, arrestati o minacciati per il loro lavoro. Per esempio: il fotografo bengalese Ahahidul Alam è stato imprigionato per oltre 100 giorni con l’accusa di avere fatto affermazioni «false» e «provocatorie» sulla prima ministra del Bangladesh, Sheik Hasina. In Sudan la giornalista freelance Amal Habani è stata arrestata mentre seguiva alcune proteste anti-governative: è rimasta in carcere 34 giorni e torturata. Victor Mallet, giornalista di cose asiatiche per il Financial Times, è stato costretto a lasciare Hong Kong dopo avere invitato un attivista a favore della democrazia a un evento, contro il parere del governo cinese.

Nel 2017 i giornalisti arrestati in tutto il mondo erano stati 262, secondo i dati forniti dall’organizzazione Committee to Protect Journalist; per il 2018 ci si aspetta un numero ancora superiore.

Time ha spiegato che l’idea alla base della sua decisione è legata a una riflessione specifica sulla democrazia nel mondo di oggi. Secondo Time, quello che stiamo vivendo dovrebbe essere un momento storico di avanzamento della democrazia, ma le cose stanno andando diversamente, perché in diversi paesi del mondo si è assistito all’imposizione di regimi sempre più autoritari o illiberali: «I despoti della vecchia scuola adottavano la censura. Il despota moderno, trovando ciò troppo difficile, fomenta la sfiducia su fatti credibili, prospera sulla confusione scatenata dai social media». Nel suo lungo articolo dedicato al tema, Time ha anticipato anche una possibile obiezione ai propri argomenti, cioè quella che i giornalisti non dovrebbero diventare loro stessi parte della storia, ma dovrebbero limitarsi a raccontarla. Time ha citato Can Dündar, giornalista turco accusato di avere rivelato segreti di stato e scappato in Germania, il quale ha detto: «Tutti noi abbiamo imparato nelle nostre scuole che i giornalisti non dovrebbero essere loro stessi la storia, ma questa, di nuovo, non è una scelta nostra. Questo è il mondo di leader forti che odiano la libertà di stampa e la verità».

«Nel 2018 i giornalisti hanno preso nota di quello che le persone hanno detto, e di quello che le persone hanno fatto», ha concluso Time, riferendosi tra gli altri al presidente statunitense Donald Trump, accusato da più parti di alimentare notizie false e attaccare sistematicamente i principali giornali americani: «Quando queste due cose sono state diverse, [i giornalisti] hanno preso nota delle differenze. Il 2018 non ha portato grandi cambiamenti in quello che loro fanno, o come lo fanno. Quello che è cambiato è stato quanto tutto questo sia diventato importante».