Tempi duri per gli insetti

Il mondo ci sembra pieno, ma alcuni studiosi amatoriali hanno scoperto che ce ne sono molti meno di prima: il New York Times ha parlato di "apocalisse degli insetti"

(Dan Kitwood/Getty Images)
(Dan Kitwood/Getty Images)

Quando parliamo di animali in pericolo o in via di estinzione, pensiamo per lo più a specie rare come panda, tigri o pangolini, di cui sono rimasti talmente pochi esemplari che non è possibile non notarne la diminuzione. Più raramente ci vengono in mente gli insetti, di cui in realtà è in corso una diminuzione sempre più consistente, ma al contempo difficile da notare a causa della loro abbondanza. Di recente ne ha parlato il New York Times in un lungo articolo in cui questo fenomeno viene descritto come “un’apocalisse”, causata da vari fattori come l’aumento dell’uso dei pesticidi in agricoltura, la deforestazione e il cambiamento climatico. Per anni però questo tema è stata ignorato: lo stiamo iniziando a conoscere solo ora solo grazie al lavoro di alcuni studiosi amatoriali.

Nell’articolo Brooke Jarvis racconta di aver incontrato una delle persone che per prime si sono appassionate a questo tema, e che hanno condotto indagini per saperne di più. Sune Boye Riis è un insegnante danese di scienze e matematica che un giorno, andando in bici con suo figlio, ha iniziato a pensare a come in quel momento mancasse qualcosa rispetto al passato: era estate, stava andando veloce e non gli era finito in bocca nemmeno un insetto. Riis ha iniziato a chiedersi se quella mancanza fosse normale, o se ci fosse stato effettivamente un qualche cambiamento rispetto ai suoi ricordi del passato, quando mangiare involontariamente degli insetti andando in bici era normale, e quando nelle giornate estive il parabrezza della macchina si riempiva di decine di carcasse di insetti.

A causa del loro gran numero, la diminuzione degli insetti è un fenomeno poco documentato anche se percepito da molti, come nel caso di Riis, semplicemente osservando il parabrezza pulito della macchina: è quello che gli entomologi chiamano comunemente “fenomeno del parabrezza”. Per cercare di avere dati più precisi a proposito di questo fenomeno, Riis ha deciso di fare un esperimento, attaccando una grande rete per insetti sul tetto della sua macchina e registrando poi il numero di insetti che riusciva a catturare girovagando. Da questo esperimento amatoriale è nato poi uno studio condotto dal museo di Storia naturale della Danimarca, in collaborazione con l’università di Copenhagen, l’università di Aarhus e quella della North Carolina, negli Stati Uniti, a cui hanno partecipato anche 200 altri studiosi danesi.

Quando Riis iniziò le sue ricerche nel 2016, in circolazione non c’erano molti studi sulla diminuzione degli insetti, e quelli che c’erano si riferivano solo ad alcune specie di insetti in particolare e non a tutti nel loro complesso. Negli Stati Uniti, per esempio, una ricerca ha scoperto che la popolazione delle farfalle monarca è diminuita del 90 per cento in vent’anni, e che la popolazione di una particolare specie di bombo, il “bombus affinis”, nello stesso periodo è diminuita dell’87 per cento. Queste analisi però non hanno soddisfatto Riis e gli altri studiosi danesi, alla ricerca di un dato più ampio.

In suo aiuto sono arrivati alcuni suoi studenti che gli hanno fatto scoprire il lavoro condotto da una piccola e sconosciuta società entomologica della città di Krefeld, in Germania. Questo piccolo gruppo di studiosi amatoriali aveva iniziato a notare il fenomeno semplicemente confrontando i recipienti di insetti catturati in passato con quelli più recenti: trent’anni fa, dopo una settimana passata a catturare insetti, avrebbero riempito un contenitore da un litro, mentre oggi ne riempiono a malapena la metà. Da questo dato è cominciata la loro ricerca, che ha portato a scoprire che il numero totale di insetti volanti nelle riserve naturali tedesche era diminuito del 75 per cento in soli 27 anni, e analizzando solo il periodo estivo questo numero saliva all’82 per cento. Per arrivare a questo dato non si sono messi a contare ogni singolo insetto raccolto – cosa che avrebbe richiesto anni anche agli entomologi più esperti – ma hanno optato per una soluzione più semplice e altrettanto efficace: hanno misurato e confrontato la massa di tutti i campioni a disposizione.

Ma perché non ci si è accorti di questa “apocalisse” finora? Il New York Times cita uno studio del 1995 di Peter H. Kahn and Batya Friedman, secondo cui nonostante l’aumento progressivo del degrado ambientale, ogni generazione prende la sua situazione come la norma. Questo discorso, applicato agli insetti, acquista ancora più valore. Ci sono talmente tanti insetti nel mondo, e talmente tante varietà, che gli esseri umani non riescono a rendersi conto se sia in corso una diminuzione, e quanto grave sia. Questo vale tanto per le persone comuni che per molti entomologi, che negli anni passati hanno raramente condotto studi sul numero degli insetti, presi invece dallo studio delle particolarità di ogni singola specie di insetto. Per quelli che stanno affrontando ora la questione, la mancanza di dati del passato è un grande problema perché non permette di fare confronti efficaci.

Se per ora questa diminuzione non è percepibile dalla maggior parte delle persone, cosa accadrebbe se gli insetti scomparissero dal pianeta Terra? Jarvis prova a immaginare innanzitutto il danno economico che la scomparsa degli insetti comporterebbe, prendendo le api come esempio: miliardi di api impollinano circa tre quarti di tutte le colture alimentari, un servizio che varrebbe 500 miliardi di dollari ogni anno (circa 440 miliardi di euro). Potrebbe sembrare un’esagerazione eppure è accaduto in piccolo nella contea di Mao, nella provincia di Sichuan, in Cina, dove la carenza di api ha costretto le aziende agricole ad assumere lavoratori per impollinare manualmente le piante. Ma il danno della scomparsa degli insetti riguarderebbe anche tutti quegli animali che se ne nutrono che si estinguerebbero a loro volta provocando un effetto domino su tutto l’ecosistema. Gli umani sopravviverebbero, ma sarebbero costretti a vivere in un mondo senza piante circondato da carcasse di animali, e potrebbero nutrirsi solamente del grano impollinato dal vento e dei pesci.

Da quando lo studio di Krefeld è stato pubblicato, tra i ricercatori si è sviluppato un nuovo interesse per la diminuzione degli insetti, soprattutto grazie all’intuizione del calcolo della massa, e anche le istituzioni hanno iniziato a preoccuparsi del problema. Il tema è stato al centro di discussioni sia al parlamento tedesco che a quello europeo, e gli stati membri dell’Unione Europea hanno votato per vietare l’uso dei pesticidi neonicotinoidi e hanno iniziato a finanziare studi per capire le cause della diminuzione di insetti nel mondo, e trovare possibili soluzioni. Di recente in Germania è anche partito un progetto simile a quello danese, in cui è stato chiesto a volontari ed appassionati di entomologia di analizzare gli insetti catturati secondo il metodo di Krefeld, in modo da creare un database più ampio degli insetti tedeschi.

Ancora una volta quindi sono i semplici appassionati a portare avanti le ricerche su questo tema – soprattutto in Europa, dove c’è una lunga tradizione di entomologi amatoriali – mentre continuiamo a sapere poco della situazione degli insetti nel resto del mondo. «Non sapremmo proprio nulla se non fosse per loro», ha detto Dave Goulson, entomologo dell’università del Sussex, a proposito di questi ricercatori amatoriali. «Staremmo ancora qui a basarci sul fatto che non ci sono insetti sui parabrezza».