InSight è su Marte

Il robot della NASA ha terminato il suo viaggio di mezzo miliardo di chilometri e ha superato la parte più difficile della sua missione: arrivare intero sul pianeta

di Emanuele Menietti – @emenietti

Il panorama marziano fotografato dal lander InSight della NASA poche ore dopo il suo arrivo su Marte (NASA.gov)
Il panorama marziano fotografato dal lander InSight della NASA poche ore dopo il suo arrivo su Marte (NASA.gov)

Il lander InSight della NASA ha raggiunto con successo il suolo marziano. I ricercatori della NASA hanno vissuto i loro sei minuti e mezzo più complicati del 2018, se non della loro intera carriera. Poco prima delle nove di questa sera, infatti, hanno atteso con impazienza un segnale da Marte, un beep che ha viaggiato per 145 milioni di chilometri prima di raggiungere la Terra e confermare che il robot (lander) InSight era regolarmente atterrato sul suolo marziano, senza sfracellarsi al suolo.

Atterrare interi su Marte è difficile e molti robot prima di InSight avevano fatto una brutta fine, per questo quei sei minuti e mezzo di discesa nell’atmosfera del pianeta erano cruciali: dopo aver percorso un tortuoso tragitto di mezzo miliardo di chilometri, il lander ha fatto tutto da solo, lasciando i ricercatori della NASA come semplici spettatori, in attesa di sapere se il frutto del loro lavoro di 10 anni fosse rimasto intero e pronto per farci scoprire nuove cose sulla storia di Marte.

Perché Marte
Ormai da decenni, Marte è al centro dell’interesse dei ricercatori che si occupano di scienza planetaria. Brullo e roccioso, il pianeta ha diverse cose in comune con la Terra ed è considerato una delle mete più probabili per le future esplorazioni con esseri umani oltre la Luna, il posto più lontano dove si siano mai spinti gli esseri umani in tutta la loro esistenza. Intorno a Marte orbitano diverse sonde che – come i satelliti artificiali intorno alla Terra – fotografano e raccolgono informazioni che vengono poi inviate ai centri di ricerca terrestri per studiare le caratteristiche del pianeta. Negli anni abbiamo anche inviato robot sul suolo marziano, alcuni come Curiosity ancora attivi, che lavorano alacremente per esplorare il territorio e offrirci ulteriori dati su un mondo così remoto, eppure così vicino in termini astronomici.

La missione di InSight
InSight si è aggiunto alla famiglia di questi esploratori robot, anche se una volta atterrato rimarrà fisso nella sua posizione. InSight è infatti un lander, cioè un dispositivo studiato per atterrare e rimanere sempre nello stesso posto, a differenza dei rover come Curiosity che possono invece muoversi e spostarsi sulla superficie. Il nuovo robot arrivato su Marte ha una massa di circa 360 chilogrammi e, almeno esteticamente, ricorda un grosso sgabello con un diametro di 2 metri. Con l’apertura dei due pannelli solari laterali, che ricordano le grandi orecchie di Topolino, il lander raggiunge una larghezza massima intorno ai 6 metri.

InSight in un’elaborazione grafica (NASA)

InSight è stato studiato per fare una cosa mai provata prima su Marte: misurare direttamente e con precisione i terremoti che si ipotizza avvengano sul pianeta. I ricercatori della NASA ci avevano già provato negli anni Settanta utilizzando le missioni Viking, ma quei lander non avevano strumenti sensibili a sufficienza per rilevare le scosse. L’ipotesi è che i terremoti marziani siano lievi e non necessariamente causati da fenomeni simili a quelli terrestri, come i movimenti delle grandi placche in cui è suddivisa la crosta terrestre. L’ipotesi più condivisa è che su Marte i terremoti siano causati dagli sbalzi di temperatura in alcuni periodi dell’anno, quando c’è minore esposizione al Sole: i cambiamenti fanno contrarre gli strati superficiali del pianeta, portando ai sismi.

Marte, dentro
Lo studio dei terremoti marziani dovrebbe offrire importanti informazioni sugli strati rocciosi interni del pianeta, e quindi su come si formò circa 4,5 miliardi di anni fa, più o meno nello stesso periodo in cui si formarono gli altri pianeti rocciosi del sistema solare: Mercurio, Venere… e? Casa nostra, la Terra, bravi. Gli studiosi di Marte pensano che la struttura del pianeta non sia cambiata molto in tutto questo tempo, a differenza della più turbolenta Terra. Registrando i terremoti potremmo quindi scoprire diverse cose su come è fatto un pianeta roccioso poco dopo la sua formazione, un fenomeno molto comune nell’Universo dove si formano di continuo nuovi pianeti (rocciosi e gassosi) intorno alle loro stelle di riferimento.

L’emisfero meridionale di Marte nella tarda estate, con il Sole basso all’orizzonte che illumina una distesa di anidride carbonica ghiacciata, nei pressi di quello che potrebbe essere un cratere o parte del suolo crollata per altri motivi. L’immagine è stata realizzata dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter della NASA ed è stata diffusa nell’agosto del 2017 (NASA/JPL-Caltech/Univ. of Arizona)

Ancora oggi non sappiamo di preciso come si formino i pianeti rocciosi, ma abbiamo comunque teorie piuttosto chiare e condivise. Nel caso del Sistema solare, i pianeti rocciosi si svilupparono da un disco di polveri e gas che orbitava intorno al Sole. Col passare del tempo, le polveri si ammassarono tra loro, un po’ come quando si crea una palla di neve, fino a formare i pianeti. Processi come questi portano alla formazione di pianeti molto diversi tra loro: alcuni diventano abitabili come la Terra, altri restano lande brulle e desolate come Marte o incandescenti come Venere. La vicinanza alla stella di riferimento è determinante per il risultato finale, ma anche le dinamiche che avvengono all’interno dei pianeti appena formati possono influire. È per questo che è così importante lasciare la superficie di Marte per avventurarsi nelle sue profondità.

Sismografo marziano
Poiché la misurazione dei terremoti è il primo scopo dell’intera missione, lo strumento più importante di InSight è (manco a dirlo) un sismografo. È estremamente sensibile ed è contenuto all’interno di una capsula nella quale è stato creato il vuoto, perché la presenza di aria potrebbe falsare le misurazioni. Il sismografo è il componente più delicato di tutto il lander e la sua costruzione ha comportato diversi ritardi, causando un rinvio della missione spaziale di quasi due anni a causa di una perdita nel suo involucro. Nelle settimane dopo l’arrivo su Marte, un piccolo braccio meccanico preleverà il sismografo dalla pancia di InSight e lo collocherà delicatamente al suolo, a una distanza sufficiente per evitare che le vibrazioni causate dal lander possano falsare le misurazioni delle onde sismiche. Queste si muovono con velocità diverse a seconda degli strati di roccia che attraversano, quindi potranno essere studiate per farsi un’idea delle stratificazioni rocciose all’interno del pianeta.

Nel suo viaggio interplanetario durato quasi 7 mesi, InSight ha portato con sé anche una “talpa”. Non è naturalmente una vera talpa, ma uno strumento che permetterà di perforare il suolo marziano fino a una profondità di 5 metri. Una sonda potrà misurare la temperatura interna del pianeta, offrendo ulteriori dati su come è fatto l’interno di Marte. Sarà la prima misurazione della temperatura interna marziana mai effettuata.

Altri strumenti di InSight serviranno per raccogliere dati sull’atmosfera di Marte e naturalmente per fotografare il territorio intorno al lander. Uno strumento, che potrà essere utilizzato in futuro dai satelliti che abbiamo messo negli anni intorno a Marte per trovare più facilmente il lander, è stato realizzato dalle società partner dell’Agenzia Spaziale Italiana, tra i più importanti costruttori di strumenti scientifici per le missioni spaziali in tutta Europa.

Sei minuti e mezzo
InSight aveva iniziato il suo viaggio verso Marte all’inizio del maggio scorso, inserendosi in un’orbita per ricevere la spinta necessaria per raggiungere Marte negli ultimi giorni di novembre. Sfruttando diversi passaggi orbitali, il lander ha viaggiato tranquillo per quasi mezzo miliardo di chilometri, raggiungendo velocità massime di migliaia di chilometri orari. In vista del suo arrivo su Marte ha iniziato a rallentare apprestandosi al momento più difficile di tutta la missione: inserirsi nell’atmosfera di Marte con la giusta inclinazione (per evitare di rimbalzarci sopra o incenerirsi) e ridurre la sua velocità per atterrare morbidamente sul pianeta. Ha avuto sei minuti e mezzo per farlo, da solo con il suo computer di bordo, senza nessuna possibilità di interventi correttivi dalla Terra in tempo reale.

Rispetto a quella terrestre, l’atmosfera di Marte è molto rarefatta, quindi offre meno resistenza nel rallentare qualcosa che sta precipitando verso il suolo. È anche per questo motivo che molti rover e lander negli anni hanno fatto una brutta fine su Marte, nonostante la gravità sia inferiore rispetto a quella della Terra (di circa un terzo).

Arrivato in prossimità di Marte, InSight si è inserito nell’atmosfera a una velocità di quasi 20mila chilometri orari. Dopo un paio di minuti, lo scudo termico che protegge il lander ha raggiunto una temperatura massima di 1.500 °C. Un minuto dopo, si è aperto un paracadute che ha rallentato la corsa di InSight e che si è separato poi insieme all’involucro che contiene il lander, a una quota di circa 5mila metri. L’ultimo tratto della discesa è stato gestito da 12 retrorazzi che hanno guidato InSight fino al punto di atterraggio. In pochi minuti, il lander è passato quindi da una velocità di 20mila chilometri orari a zero. L’impatto al suolo è avvenuto ad appena 8 chilometri orari, una velocità che ha consentito a InSight di rimanere intero.

Negli ultimi giorni i ricercatori della NASA avevano inviato alcuni comandi per aggiornare la rotta di InSight, in modo da affinare la procedura di atterraggio che era gestita dal computer.

Tutte le antenne verso Marte
In un certo senso, nelle ore intorno all’atterraggio quasi tutte le antenne e gli strumenti che utilizziamo per ascoltare segnali dallo Spazio sono state puntate verso Marte. InSight ha inviato semplici segnali radio (“toni”) verso la Terra, captati da due grandi radiotelescopi, uno in West Virginia (Stati Uniti) e uno a Effelsberg (Germania). I toni di per sé non dicono molto, ma possono essere interpretati per ricostruire le varie fasi di atterraggio. Quando InSight ha aperto il suo paracadute, per esempio, ha subito un repentino rallentamento che ha portato a captare il segnale con una diversa frequenza. Il fenomeno (“effetto Doppler”) è lo stesso cui assistiamo quando passa un’ambulanza per strada, con il tono della sua sirena che sembra cambiare man mano che si avvicina o che si allontana. La variazione di frequenza ha fornito indizi sull’avvenuta apertura del paracadute e sulle successive variazioni della velocità di InSight, man mano che si avvicinava al suolo.

InSight ha viaggiato in compagnia di due piccoli satelliti, grandi quanto una valigetta, che hanno svolto il compito di raccogliere i segnali dal lander mentre atterrava e inviarli verso la Terra. Era un sistema sperimentale, ma che potrebbe diventare di uso comune nelle future missioni per monitorare le fasi di arrivo sui pianeti dei lander e dei rover.

Una volta atterrato, InSight si è fatto vivo inviando uno specifico segnale radio, seguito sette minuti dopo da un’ulteriore comunicazione più potente, inviata dalla sua antenna più grande. Ogni messaggio impiega 8 minuti per coprire la distanza tra Marte e la Terra, in questo periodo dell’anno paragonabile a quella tra la Terra e il Sole. In seguito ha trasmesso una prima fotografia dal suolo.

Nelle ore successive, un’altra immagine più nitida è stata inviata verso la Terra e mostra parte del lander Insight e del panorama marziano che ha intorno.

(NASA.gov)

InSight è stato sorvegliato anche da due sonde da tempo in orbita intorno a Marte: Mars Odissey e Mars Reconnaissance Orbiter. Entrambe hanno raccolto dati sull’ingresso in atmosfera e l’atterraggio del lander, scattando anche alcune fotografie per avere le prime immagini sul nuovo ospite di Marte.

Il lavoro di più di dieci anni ha fatto sì che tutto funzionasse come previsto. Alcune ore dopo l’arrivo su Marte, InSight ha potuto aprire i suoi pannelli solari e iniziare la raccolta dei dati. I ricercatori impiegheranno qualche settimana per assicurarsi che sia tutto in ordine, poi avvieranno i primi esperimenti e i meccanismi per collocare il sismografo e il sistema per perforare il suolo sulla superficie del pianeta. A quel punto, potremo scoprire com’è fatto dentro.