Cosa ha fatto schiantare Schiaparelli

L'Agenzia Spaziale Europea ha diffuso nuovi dettagli sulla fine del suo lander su Marte: il computer di bordo credeva di essere già atterrato, ma era ancora a 3.700 metri di altezza

Il paracadute e l'involucro protettivo di Schiaparelli sulla superficie di Marte (NASA / JPL / UA / Emily Lakdawalla)
Il paracadute e l'involucro protettivo di Schiaparelli sulla superficie di Marte (NASA / JPL / UA / Emily Lakdawalla)

L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha pubblicato un aggiornamento sulle indagini sulla fine di Schiaparelli, il lander precipitato su Marte lo scorso 19 ottobre nell’ambito della missione spaziale ExoMars. I dati recuperati da Schiaparelli hanno permesso di ricostruire le manovre eseguite automaticamente dal suo computer di bordo prima dell’impatto con il suolo marziano. Queste informazioni sono preziose in vista della prossima fase della missione, che prevede l’invio su Marte di un robot automatico (rover) per esplorarne la superficie e realizzare diversi esperimenti, per scoprire nuove cose sul clima del pianeta e le sue caratteristiche geologiche.

L’ESA ha confermato, per esempio, che il paracadute di Schiaparelli si è regolarmente aperto a un’altitudine di 12mila metri per rallentare la discesa del lander, che subito dopo l’ingresso nell’atmosfera di Marte stava viaggiando a circa 1.730 chilometri orari. A 7.800 metri, come previsto, si è invece staccato lo scudo termico che aveva protetto il resto delle strumentazioni dal calore sviluppato durante il passaggio attraverso gli strati atmosferici del pianeta. Mentre stava scendendo frenato dal paracadute, Schiaparelli ha misurato regolarmente la propria distanza dal suolo grazie al suo altimetro radar, ma un altro suo strumento – il dispositivo di misura inerziale, IMU, che aveva il compito di misurare la velocità di rotazione del lander – ha inviato una segnalazione fuori scala al computer di bordo, inducendo un calcolo errato dell’altitudine da parte del sistema di navigazione.

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Mettendo insieme i dati dai vari sensori, compreso quello fuori scala dell’IMU, il computer di bordo ha ottenuto un’altitudine negativa (cioè al di sotto del livello della superficie) e ha quindi calcolato di essere atterrato. Di conseguenza ha avviato il rilascio del paracadute e del resto dell’involucro protettivo di Schiaparelli, riducendo a pochi istanti la durata dell’accensione dei retrorazzi che avrebbero dovuto frenare la discesa del lander poco prima del suo contatto con il suolo. Il computer non aveva dati chiari per comprendere di trovarsi in realtà ancora a 3.700 metri di distanza dalla superficie. Schiaparelli è quindi precipitato da una grande altezza e si è poi schiantato su Marte, senza alcuna possibilità di preservare i suoi strumenti.

Utilizzando i dati raccolti fino a pochi istanti prima dell’impatto, i tecnici dell’ESA hanno potuto riprodurre le dinamiche dell’incidente nel loro simulatore, ottenendo conferme su questa ricostruzione. Le conclusioni sono comunque preliminari e saranno necessarie altre analisi dei dati per avere un quadro più completo, probabilmente nei primi mesi del 2017. Alcune informazioni sono state inoltre dedotte dalle immagini fornite dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) della NASA, un satellite che orbita intorno a Marte da più di 10 anni per raccogliere informazioni sulle sue caratteristiche. Le immagini hanno permesso di identificare il piccolo cratere creato dall’impatto al suolo di Schiaparelli e di identificare il punto in cui si trovano paracadute e involucro protettivo, dati importanti per confermare l’avvenuta apertura del dispositivo.

A novembre la NASA ha diffuso un set di dati sulle fotografie scattate da MRO, con mappe, proiezioni e la resa a colori delle immagini precedentemente diffuse in toni di grigio. Emily Lakdawalla della Planetary Society ha elaborato le fotografie per mettere meglio in evidenza il punto dell’impatto e ciò che resta di Schiaparelli. La fotografia qui sotto mostra il paracadute (la forma a mezzaluna bianca) e l’involucro protettivo del lander (la forma circolare) come apparivano sulla superficie di Marte lo scorso 1 novembre. Ogni pixel della fotografia equivale a circa 28 centimetri e l’area mostrata nella foto equivale a un quadrato con lato di 234 metri.

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Questa seconda immagine mostra invece il punto in cui si è schiantato Schiaparelli a due settimane dall’impatto: il cerchio nero è il cratere lasciato dal lander, mentre la macchia scura intorno è dovuta alle polveri e ai detriti che si sono prodotti dopo l’impatto. Non è escluso che si sia verificata anche una piccola esplosione al momento del contatto ad alta velocità con il suolo, perché i retrorazzi erano ancora carichi essendo rimasti attivi per pochi secondi.

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Schiaparelli era stato lanciato lo scorso marzo dalla Terra insieme alla sonda TGO, con cui aveva viaggiato per 7 mesi nello Spazio interplanetario, raggiungendo infine Marte a metà ottobre. A una distanza di oltre 175 milioni di chilometri dalla Terra, TGO ha compiuto regolarmente le manovre necessarie per inserirsi nell’orbita marziana, mentre a Schiaparelli era spettato il complicato compito di entrare nell’atmosfera di Marte e di atterrare sulla sua superficie, dalla quale avrebbe inviato alcuni dati verso la Terra.

L’ESA considera comunque un successo la missione ExoMars: la sonda TGO è regolarmente in orbita e ha iniziato da poco a raccogliere dati su Marte e sulle caratteristiche della sua atmosfera; Schiaparelli era la parte sperimentale della missione e quindi quella esposta a più imprevisti, nella sua discesa ha comunque raccolto molti dati importanti per la progettazione della prossima fase della spedizione marziana dell’Agenzia, con l’invio di un rover su Marte nel 2020.