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  • Sabato 27 ottobre 2018

In Sri Lanka c’è una grossa crisi politica

Il presidente del paese ha rimosso il primo ministro sostituendolo con un controverso uomo politico, poi ha sospeso il Parlamento

Quotidiani srilankesi con la notizia della nomina a primo ministro di Mahinda Rajapakse in prima pagina a Colombo, in Sri Lanka, il 27 otytobre 2018 (AP Photo/Eranga Jayawardena)
Quotidiani srilankesi con la notizia della nomina a primo ministro di Mahinda Rajapakse in prima pagina a Colombo, in Sri Lanka, il 27 otytobre 2018 (AP Photo/Eranga Jayawardena)

Ieri è iniziata una grossa crisi politica in Sri Lanka, uno degli stati più turbolenti del sud-est asiatico. Poco fa il presidente Maithripala Sirisena ha sospeso il Parlamento del paese alcune ore dopo aver licenziato il primo ministro Ranil Wickremesinghe e averlo sostituito con Mahinda Rajapaksa, un controverso uomo politico che era già stato primo ministro dal 2004 al 2005 e presidente dal 2005 al 2015. Prima della sospensione del Parlamento, Wickremesinghe sosteneva di avere ancora una maggioranza e che il suo licenziamento fosse illegale: per questo aveva chiesto che domani, domenica 28 ottobre, l’assemblea fosse riunita per un voto di fiducia. Sirisena lo ha quindi sospeso prima che potesse riunirsi.

Sirisena conosce da tempo il nuovo primo ministro Rajapaksa: è stato ministro della Salute sotto la sua amministrazione dal 2010 al 2014. Alle elezioni del 2015 però aveva stretto un’alleanza con Wickremesinghe per sconfiggere proprio Rajapaksa: fu eletto in gran parte grazie all’appoggio del Partito Nazionale Unito (UNP) di Wickremesinghe. Il governo che si era formato successivamente era sostenuto quindi da una coalizione tra l’UNP e l’Alleanza della Libertà del Popolo Unito (UPFA) di Sirisena. In campagna elettorale aveva guadagnato consenso promettendo riforme economiche e l’impegno a perseguire i responsabili delle violenze commesse nella guerra civile cominciata nel 1983 e terminata nel 2009, durante la presidenza di Rajapaksa.

Quando era presidente, Rajapaksa mise fine al conflitto con le Tigri Tamil, un gruppo separatista, ma secondo le organizzazioni che si occupano di diritti umani lo fece con un attacco militare in cui morirono fino a 40mila civili tamil. Il suo governo fu anche accusato di corruzione e degli omicidi di alcuni suoi avversari politici.

I rapporti tra i partiti della coalizione di governo e i loro leader si erano deteriorati negli ultimi mesi dopo che a febbraio sia l’UNP che l’UPFA avevano subito una grossa sconfitta alle elezioni amministrative, a vantaggio del Partito della Libertà dello Sri Lanka, il partito politico di Rajapaksa. Quest’anno Sirisena ha ritrattato la sua promessa di non ricandidarsi presidente, aumentando la tensione con Wickremesinghe, che probabilmente vorrebbe candidarsi a sua volta. Ultimamente Sirisena e Wickremesinghe si erano inoltre scontrati su alcune questioni economiche e amministrative; la settimana scorsa, secondo i giornali locali, avevano litigato durante un Consiglio dei ministri a proposito di un progetto di affitto di un terminal per container all’India.

Dopo il licenziamento di Wickremesinghe, il suo ministro delle Finanze Mangala Samaraweera ha detto che la nomina di Rajapaksa è incostituzionale perché nel 2015 la Costituzione fu riformata per limitare i poteri del presidente. Su Twitter ha aggiunto: «Questo è un colpo di stato antidemocratico».