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  • Sabato 20 ottobre 2018

«È meglio vivere con le radiazioni che con la guerra»

Le storie di chi – scappando dalla guerra in Ucraina – è andato a vivere a Chernobyl, e della vita "normale" che sta rinascendo da quelle parti

Kopachi, vicino a Chernobyl, 23 aprile 2018
(SERGEI SUPINSKY/AFP/Getty Images)
Kopachi, vicino a Chernobyl, 23 aprile 2018 (SERGEI SUPINSKY/AFP/Getty Images)

Dopo l’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl – avvenuta il 26 aprile 1986 – morirono decine di persone e decine di migliaia dovettero lasciare immediatamente le loro case. Oggi, a più di trent’anni dal disastro, c’è chi ha scelto di vivere nelle case in rovina che si trovano ai margini della “exclusion zone”, la “zona di alienazione” che circonda il reattore danneggiato di Chernobyl, e che non può ancora essere abitata.

Dopo il disastro, chi viveva vicino a Chernobyl (cioè circa 116 mila persone) fu immediatamente evacuato. Nei mesi successivi furono trasferite altre 234 mila persone: quasi tutte se ne andarono di corsa, alcune ebbero solo poche ore per fare le valigie. Ad altri venne detto che sarebbero andate via solo per pochi giorni, ma non furono mai più riammesse nell’area. Alcune persone, però, tra le 130 e le 150, non se ne sono mai andate nonostante ancora oggi sia illegale vivere all’interno della zona di alienazione. Appena fuori da questa linea, si sta assistendo a nuovi trasferimenti. Qui una casa in buone condizioni (e sono pochissime) può costare circa 3 mila euro, mentre la maggior parte delle case – molte delle quali in legno – vengono vendute dai loro ex occupanti per poche centinaia di euro o anche meno.

A poche decine di chilometri dalla zona di alienazione di Chernobyl, nella parte ucraina, c’è Steshchyna, un paese abbandonato dove la foresta si sta espandendo. Maryna Kovalenko vive lì con le sue due figlie adolescenti, e con loro altre persone che hanno tra i 70 e gli 80 anni. Nonostante la mancanza di servizi o di opportunità, quattro anni fa Kovalenko prese tutto ciò che aveva e viaggiò per centinaia di chilometri attraverso l’Ucraina per andare a vivere proprio a Steshchyna. La sua storia è stata raccontata in un lungo reportage della BBC.

La casa di Maryna Kovalenko, racconta BBC, ha bisogno di riparazioni; i pavimenti e i termosifoni sono in pessime condizioni e questo è un grosso problema, dato che d’inverno le temperature possono scendere a -20 gradi centigradi. Nella casa ci sono i servizi di base: gas, elettricità e un segnale di telefonia mobile, il che significa che possono accedere a Internet. Hanno un bagno esterno e il problema principale è l’acqua che devono far bollire: la loro unica fonte è infatti un pozzo inquinato che si collega alla casa tramite un singolo tubo. Kovalenko non ha pagato per avere quella casa, era troppo povera; le fu offerta purché lei e le sue figlie si prendessero cura di un anziano malato che quando morì, due anni fa, lasciò loro la casa in eredità. Oggi Maryna ha galline, conigli e capre; quando le sue figlie non sono a scuola, che si trova a 5 chilometri da lì, passano il tempo in giardino a coltivare verdure e a badare agli animali. L’unica fonte di reddito che hanno sono i sussidi statali, circa 160 euro al mese. Coltivare l’orto e curare gli animali per il latte e la carne quindi è essenziale.

Maryna e le sue figlie sono scappate da Toshkivka, una grande città industriale nella regione del Donbass, nell’est dell’Ucraina, dove da quattro anni si combatte una guerra tra esercito ucraino e ribelli separatisti filo-russi e soldati russi che ha causato circa due milioni di sfollati. Maryna e le sue figlie hanno vissuto in mezzo ai bombardamenti, decidendo alla fine di partire. Ci sono almeno altre dieci famiglie della regione del Donbass che hanno fatto la stessa scelta e lo stesso viaggio per raggiungere i paesi abbandonati vicino alla zona di alienazione. Come Maryna, la maggior parte di loro è venuta su consiglio di amici o vicini. Una donna dice addirittura di aver cercato su Google “il posto più economico in cui vivere in Ucraina”. Risultato? Vicino a Chernobyl.

Dopo il disastro, gli scienziati hanno monitorato continuamente i livelli di radiazioni nel suolo, in alberi, piante e animali intorno a Chernobyl, anche nelle zone al di fuori della zona di alienazione. Dicono che non c’è più alcun rischio di radiazioni nell’atmosfera, ma in alcune aree la contaminazione del suolo potrebbe essere ancora dannosa per la salute delle persone, e sono stati scoperti di recente livelli potenzialmente pericolosi di cesio 137 radioattivo nel latte di mucca prodotto in alcune aree al di fuori della zona di alienazione. A Steshchyna, dove vivono Maryna e le sue figlie, gli scienziati dicono che il rischio di coltivare verdure o di bere latte di capra radioattivo è molto basso. Ma l’area è attualmente oggetto di indagine per capire il rischio di radiazioni negli alimenti selvatici, come funghi o frutti di bosco. Maryna ha detto a BBC di aver pensato ai potenziali rischi per la propria salute, aggiungendo però che la sua famiglia stava fuggendo da qualcosa di molto più immediatamente pericoloso: la guerra. «È meglio vivere con le radiazioni che con la guerra».

Il perimetro della zona di alienazione si trova a meno di due ore dalla capitale dell’Ucraina, Kiev, e quest’area è diventata – o sta diventando – un’occasione non solo per le famiglie che scappano dalla guerra, ma anche per alcuni imprenditori che hanno dovuto chiudere le loro attività sempre a causa del conflitto in corso. Vadim Minzuyk, nella città di Gorlovka in cui viveva, nell’Ucraina orientale, era un uomo d’affari; ha perso tutto dopo che la città è finita in prima linea nella guerra. Per diversi mesi, ha raccontato a BBC, ha vissuto di risparmi, poi ha viaggiato in giro per l’Ucraina cercando un modo per riprendere la sua vita e la sua attività, finché non ha avuto un’idea. Un parente aveva sentito parlare di alcune proprietà molto economiche in vendita vicino a Chernobyl. Vadim Minzuyk andò e trovò un deposito di cereali abbandonato nel paese di Dytyatky, proprio al confine della zona di alienazione e abbastanza vicino a Kiev (115 chilometri). Acquistò il magazzino per circa 1.200 euro e altre tre case per soli 200 euro, li collegò tutti alla rete elettrica e ora ha avviato un’attività. Non solo: è riuscito a ridare lavoro a sette dei suoi ex operai, offrendo loro un alloggio: «Posso guadagnarmi da vivere e aiutare i miei lavoratori a fare soldi, sono il più grande contribuente qui nel villaggio: dopotutto sono ucraino e voglio aiutare il mio paese».

Un altro settore che si sta espandendo in queste zone è il turismo. Nel 2011 il governo ucraino ha riaperto la zona di alienazione ai turisti che hanno più di 18 anni. Nel 2017, scrive Al Jazeera, circa 50 mila persone hanno visitato la zona, più del triplo delle persone arrivate nel 2015. Si stima che il 60 per cento dei visitatori sia straniero.