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  • Mercoledì 10 ottobre 2018

Jamal Khashoggi è stato ucciso dai sauditi, dice la Turchia

Ma lo dice ufficiosamente, lasciandosi la possibilità di cambiare versione e non rovinare i rapporti con l'Arabia Saudita

Un'immagine dalla telecamera di sicurezza davanti al consolato saudita di Istanbul, che mostra l'ingresso di Khashoggi nell'edificio il 2 ottobre (CCTV via Hurriyet via AP)
Un'immagine dalla telecamera di sicurezza davanti al consolato saudita di Istanbul, che mostra l'ingresso di Khashoggi nell'edificio il 2 ottobre (CCTV via Hurriyet via AP)

Diverse fonti tra le autorità turche hanno accusato l’Arabia Saudita dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, scomparso dopo essere entrato nel consolato saudita di Istanbul, in Turchia, il 2 ottobre. Ufficialmente la Turchia non ha preso posizione contro l’Arabia Saudita, con cui ha molti legami commerciali, ma giornali e televisioni di tutto il mondo hanno ricevuto ufficiosamente – su indicazione diretta del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, dice per esempio il New York Times – informazioni molto dettagliate sull’esito delle indagini della polizia turca, che non sembra avere grossi dubbi su come siano andate le cose. Jamal Khashoggi, dicono, è stato ucciso nel consolato di Istanbul da una squadra di 15 agenti sauditi su ordine diretto del loro governo; il suo corpo è stato smembrato e trasportato probabilmente in Arabia Saudita.

I 15 agenti, ha raccontato una fonte anonima turca al New York Times, sono arrivati in Turchia con due voli charter il 2 ottobre, il giorno della scomparsa di Khashoggi. Lo stesso giorno, in serata, sono ripartiti con gli stessi due aerei, noleggiati da una società privata che spesso lavora con il governo saudita. Tra loro c’era anche un esperto di autopsie, la persona che potrebbe essersi occupata dello smembramento del corpo di Khashoggi. Gli altri 14 agenti sono stati tutti identificati: l’agenzia di stampa turca Sabah ne ha pubblicato foto e nomi.

L’edificio che ospita il consolato saudita a Istanbul. La tenda verde che si vede sul muro di cinta è in corrispondenza dell’ingresso da cui Khashoggi è entrato nel consolato il 2 ottobre (DHA via AP)

Khashoggi, un giornalista saudita 59enne che da mesi viveva in esilio autoimposto negli Stati Uniti per via delle sue posizioni contrarie al governo del suo paese, è entrato nel consolato di Istanbul poco dopo le 13 di martedì due ottobre, più di una settimana fa: aveva da tempo appuntamento per ritirare un documento che gli sarebbe servito per sposarsi. Secondo le molte fonti anonime turche che hanno parlato con i giornalisti, Khashoggi è stato ucciso poco dopo dagli agenti sauditi. Il suo corpo, poi, è stato caricato su un furgone nero con targa diplomatica e trasportato poco distante dal consolato, nella residenza del console. Quel giorno i dipendenti turchi che lavoravano al consolato e alla residenza del console avevano inaspettatamente ricevuto l’ordine di non presentarsi al lavoro. Poche ore dopo tutti e 15 gli agenti arrivati dall’Arabia Saudita – che avevano prenotazioni in albergo per tre notti – erano già ripartiti. Un’operazione così spregiudicata e articolata, sostengono le autorità turche, non può che essere stata autorizzata da qualcuno molto in alto nel governo saudita.

I funzionari turchi che hanno parlato dell’indagine con la stampa non hanno fornito prove concrete a sostegno delle accuse all’Arabia Saudita, che ha negato ogni coinvolgimento nella morte di Khashoggi. La posizione ufficiale del governo saudita è che Khashoggi sia uscito dal consolato poco dopo il suo ingresso e che la sua sparizione abbia altre cause. Pubblicamente, il governo saudita ha espresso la sua «preoccupazione» per la salute di Khashoggi. I filmati delle telecamere a circuito chiuso intorno al consolato, tuttavia, non mostrano l’uscita di Khashoggi e i filmati delle telecamere di sicurezza all’interno del consolato sono spariti. La polizia turca – che pur ha potuto ispezionare l’edificio – sospetta che siano stati rimossi e portati in Arabia Saudita con uno dei due voli partiti il 2 ottobre.

Jamal Khashoggi in una foto del 2015 (AP Photo/Hasan Jamali)

La Turchia, per adesso, non ha preso ufficialmente posizione contro l’Arabia Saudita: tutte le informazioni che circolano sono arrivate in forma anonima ai giornali da parte di funzionari e agenti turchi. Il New York Times scrive che questa sembra essere una precisa strategia, per far trapelare la verità sui giornali ma evitare di compromettere completamente le relazioni con il governo saudita: fino a che non ci sono dichiarazioni ufficiali, la versione del governo turco potrà cambiare ed essere adeguata alle esigenze diplomatiche.

Anche le informazioni ufficiose che circolano, inoltre, hanno lasciato abbastanza incertezza perché alla fine si possa sostenere qualsiasi tesi. Alcuni giornali turchi vicini al governo, per esempio, hanno scritto che si sta investigando anche sull’ipotesi che Khashoggi sia stato rapito. Oppure, scrive sempre il New York Times, la colpa della morte di Khashoggi potrebbe essere data a qualche frangia fuori controllo dei servizi segreti sauditi, o attribuita a un “incidente” avvenuto durante un interrogatorio particolarmente duro. Nonostante i contrasti che Turchia e Arabia Saudita hanno avuto negli ultimi anni, specialmente su grandi questioni di politica estera, i due paesi continuano ad avere grosse relazioni commerciali. La Turchia, inoltre, sta attraversando un momento di grave crisi economica e potrebbe voler conservare rapporti cordiali con uno dei paesi più ricchi del Medio Oriente.

A più di una settimana dall’ultima volta in cui Khashoggi è stato visto, le possibilità che sia ancora vivo sono molto poche, ma una cerimonia funebre simbolica organizzata per martedì da alcuni suoi amici in Turchia è stata improvvisamente cancellata e nessuno degli organizzatori ha voluto parlarne con i giornalisti, scrive il New York Times. Diversi commentatori politici vicini al presidente turco Recep Tayyip Erdoğan avevano parlato negli ultimi giorni di un video che mostrava grosse e pesanti valigie caricate su un furgone nero all’interno del consolato saudita il 2 ottobre (una prova potenzialmente grossa a sostegno delle accuse turche): ora quel video sembra sparito e nessuno ne parla più. Alcuni funzionari turchi, ha scritto il Guardian, hanno detto ai loro colleghi europei di essere ancora convinti della colpevolezza dell’Arabia Saudita, ma che a livello politico si stava pensando di moderare le accuse per ottenere qualcosa in cambio.

Il Washington Post – giornale per cui Khashoggi collaborava con una rubrica fissa – ha scritto che nei giorni precedenti alla sua sparizione l’intelligence statunitense aveva intercettato comunicazioni dei servizi segreti sauditi che parlavano di un piano per catturare Khashoggi e riportarlo in Arabia Saudita. L’informazione non è stata confermata ufficialmente e il governo statunitense – che con Trump si è riavvicinato moltissimo ai sauditi – per ora è rimasto defilato. Il presidente Donald Trump si è limitato a dirsi «preoccupato» per le sorti di Khashoggi, mentre il Segretario di Stato Mike Pompeo ha chiesto all’Arabia Saudita di collaborare nelle indagini. L’Arabia Saudita è uno degli alleati più forti degli Stati Uniti in Medio Oriente.