Maurizio Landini sarà il prossimo segretario della CGIL, salvo sorprese

Susanna Camusso lo ha indicato come suo successore, è uno dei più radicali ed irruenti tra i dirigenti dei grandi sindacati

(Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Wire/ANSA)
(Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Wire/ANSA)

La segretaria generale uscente della CGIL, Susanna Camusso, ha indicato l’ex segretario del sindacato CGIL dei metalmeccanici, Maurizio Landini, come suo successore alla guida del più grande sindacato italiano. La decisione finale sarà presa in un’assemblea che si svolgerà dopo il prossimo congresso della CGIL, fissato per il prossimo 22 gennaio, ma l’appoggio del segretario uscente è considerato da molti già una mezza vittoria. In passato, il successore indicato dal segretario uscente è sempre stato eletto in maniera unitaria.

Fino a ieri non era sicuro che Camusso avrebbe indicato apertamente il suo successore – anche se da tempo era nota la sua preferenza per Landini – ma alla fine il rispetto della tradizione della CGIL ha prevalso. L’avversario di Landini sarà Vincenzo Colla, che aveva annunciato la sua candidatura un mese fa. Non tutti però sono sicuri che Colla voglia “andare alla conta”, come si dice in gergo, cioè scontrarsi direttamente con Landini nell’assemblea prevista dopo il congresso. Sarebbe la prima volta nella storia della CGIL in cui non si riesce ad arrivare a un candidato unico prima del voto. Come Landini, Colla è membro della segreteria federale della CGIL e proviene dal sindacato dei metalmeccanici, la FIOM. Le sue posizioni sono più moderate e riformiste di quelle di Landini; è vicino al Partito Democratico, anche se non è un suo iscritto, e crede nella concertazione, cioè nelle trattative con gli industriali e con i governi.

Landini, invece, è considerato uno dei più radicali tra gli alti dirigenti della CGIL. È un “movimentista”, e ritiene che il sindacato debba avere un suo spazio autonomo in cui fare politica separato dai partiti. Oggi ha 57 anni, di cui 30 trascorsi all’interno del sindacato. Ha fatto carriera iniziando come apprendista saldatore a 15 anni e diventando delegato sindacale dieci anni dopo. Nel 2015 annunciò la fondazione di un movimento – la “Coalizione sociale” – che poi non andò da nessuna parte. Fino al 2017 il suo sindacato è stato quello dei metalmeccanici, la FIOM, la più radicale e battagliera tra le federazioni della CGIL, di cui divenne segretario nazionale nel 2010. Sono gli anni degli scontri con l’amministratore delegato di FIAT Sergio Marchionne, dai quali la FIOM esce sconfitta. Da allora il grande pubblico lo ha conosciuto per le sue interviste e i suoi interventi televisivi irruenti e spontanei.

Le sue posizioni politiche sono tra le più di sinistra e radicali che si possano trovare nei tre grandi sindacati confederali (CGIL, CISL e UIL), e questo lo ha spesso portato a scontrarsi con i governi sostenuti dal centrosinistra. Landini ha contestato in particolare la riforma delle pensioni Fornero, i voucher e il Jobs Act, e ha sviluppato una particolare ostilità – ricambiata – con l’ex segretario del PD Matteo Renzi.

Nel 2017 Landini aveva lasciato la guida della FIOM ed era stato chiamato da Camusso a far parte della sua segreteria federale. Il bilancio della sua guida della FIOM, durata sette anni, è complesso. Nonostante i suoi modi irruenti e le sue idee radicali, Landini è riconosciuto anche dagli avversari come un negoziatore pragmatico, e questo ha permesso alla FIOM di ottenere importanti vittorie in numerose vertenze aziendali. Ma il sindacato dei metalmeccanici ha subito dure sconfitte negli scontri più importanti, come quello avvenuto in FIAT, e le iscrizioni ne sono state penalizzate: dai 363 mila iscritti che il sindacato aveva all’arrivo di Landini oggi è passato a 326 mila.

In parte questo calo viene spiegato con la riduzione nel numero di lavoratori nel settore metalmeccanico. Ma al calo fisiologico si aggiungono anche altri fattori. Molti nuovi lavoratori, per esempio, hanno preferito iscriversi a sindacati ancora più radicali della FIOM, come l’USB, che proprio durante gli anni di Landini ha iniziato per la prima volta a eleggere i suoi rappresentanti sindacali in molte delle grandi aziende del Centro Nord.