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  • Mercoledì 3 ottobre 2018

Il giorno che il Parlamento Europeo si è trasformato in quello italiano

Storia di un bizzarro incrocio fra una lezione, una conferenza stampa e un dibattito parlamentare con il discusso ministro Paolo Savona

(Il Post)
(Il Post)

La visita del ministro italiano delle Politiche Europee Paolo Savona alla plenaria del Parlamento Europeo di Strasburgo è stata “avvolta dal mistero” fin dall’inizio, come si dice: almeno per i giornalisti presenti.

Savona è una delle persone allo stesso tempo più discusse e sfuggevoli del governo italiano – raramente dà interviste o partecipa a conferenze – e per molti è ancora soprattutto l’uomo che Sergio Mattarella non voleva come ministro dell’Economia, perché lo considerava un euroscettico e credeva che la sua nomina avrebbe generato preoccupazioni dalle conseguenze dolorose sui mercati finanziari internazionali, e quindi per i conti pubblici. Nel giorno in cui il governo italiano si è incartato sulla manovra economica e lo spread ha ballato intorno ai 300 punti, ogni parola detta da Savona nel contesto del Parlamento Europeo poteva avere un certo peso.

In origine Savona doveva parlare in via riservata ai parlamentari italiani e al presidente del Parlamento, Antonio Tajani, senza tenere conferenze stampa. Martedì mattina si era diffusa la voce che avrebbe tenuto una conferenza stampa mercoledì pomeriggio. Nella serata di martedì Savona aveva effettivamente incontrato Tajani, senza poi fermarsi coi giornalisti. Mercoledì, intorno all’ora di pranzo, si è saputo che la conferenza era stata anticipata e trasformata in una “lezione” – non si capisce a che titolo – a cui erano invitati giornalisti, europarlamentari e funzionari, tutti nella stessa stanza. Ne è venuto fuori un incontro definito da alcuni «surreale», e che ha ricordato più un dibattito parlamentare che una lezione o una conferenza stampa.

La sala scelta per l’incontro – che solitamente ospita le riunioni politiche del gruppo europeo del Movimento 5 Stelle – ha un piccolo palco e un’ottantina di posti disposti a emiciclo, come se fosse un’aula del Parlamento su scala ridotta. All’arrivo di Savona, che si siede dietro a una scrivania sopra al palco, ci sono quasi più giornalisti che parlamentari. Ognuno si accaparra il primo posto disponibile, senza distinzioni: funzionari e giornalisti gomito a gomito con i parlamentari e i loro assistenti.

Sergio Cofferati del Partito Democratico arriva canticchiando. Un giornalista veterano di decenni di plenarie e consigli e commissioni si defila spiegando in maniera colorita di non volersi sorbire una lezione. La sala si riempie molto rapidamente, come al cinema poco prima dell’inizio del film. Due europarlamentari del Movimento 5 Stelle, arrivati in leggero ritardo, fanno il giro della sala e trovano posto nell’ultima fila. Un alto funzionario della rappresentanza italiana a Bruxelles si accontenta del tavolo vicino all’ingresso. Si respira un’atmosfera di concordia istituzionale, diciamo. Alla destra di Savona si siede il vicepresidente del Parlamento Europeo – David Sassoli del PD – che introduce il ministro; alla sua sinistra c’è Fabio Massimo Castaldo, anche lui vicepresidente del Parlamento Europeo, indicato dal M5S, che si offre di moderare il dibattito.

(Il Post)

Savona inizia a parlare dicendo di aver preparato 28 slide sul futuro dell’Europa – segue un brusio di disappunto – ma di non avere tempo per spiegarle tutte. Sintetizza allora le sue proposte chiedendo una riforma della Banca Centrale Europea («finché i poteri di prestatori di ultima istanza non vengono incorporati dalla BCE, non mi rassereno»), cita continuamente il trattato di Maastricht pronunciandolo alla olandese, cioè Maastrìcht, e parla della necessità di aprire una scuola europea comune per formare i cittadini del futuro («mandiamoci Salvini!», dice ai suoi vicini una parlamentare europea del PD). Savona usa un tono da professore, con gli occhiali a mezz’asta sul naso, parlando pochissimo del governo e della manovra: la sala si rianima solo quando più tardi cita il reddito di cittadinanza e spiega che piace anche al suo amico sociologo Mimmo, di cui però non si ricorda il cognome. «De Masi», gli risponde qualcuno in coro. Fuori dalla porta si materializza a un certo punto un carrello di vivande del catering del Parlamento, che però non entrerà mai nella sala.

Nel frattempo nell’aula principale del Parlamento europeo era iniziato un dibattito sul reddito di cittadinanza richiesto proprio dai parlamentari europei del Movimento 5 Stelle; che però sono bloccati a sentire Savona. Quando Savona finisce di parlare, Castaldo annuncia che i capigruppo dei vari partiti avranno qualche minuto per parlare e fare domande a Savona, a seconda del peso che hanno in Parlamento Europeo, sulla base di regole che ha inventato sul momento per moderare quella particolare assemblea. Qualche deputato si accorge che l’atmosfera è diventata quella di un dibattito – ci sono anche le tv che riprendono tutto – e assume una posa e un tono più formale. Savona non era stato preparato per la presenza delle telecamere e infatti ha una ciocca di capelli fuori posto, sparati in alto.

Patrizia Toia del Partito Democratico prende la parola e cita le dichiarazioni sull’euro del parlamentare leghista Claudio Borghi, chiedendo quale sia la posizione del governo sulla moneta unica, se ne esiste una. Tiziana Beghin del Movimento 5 Stelle legge una complicata domanda scelta fra quelle che le erano arrivate dai suoi follower. Mara Bizzotto della Lega accusa gli europarlamentari italiani di attaccare eccessivamente il governo. Non sempre Savona ricostruisce da dove nella sala arrivano le domande – sono tutti vestiti allo stesso modo, parlamentari e giornalisti e funzionari – e qualcuno è costretto ad agitare la mano e dire «sono qui».

Poi tocca a Lorenzo Cesa, ex segretario e ora parlamentare europeo dell’UDC. Ammette di non aver letto il documento che Savona ha mandato qualche ora prima ai deputati, generando qualche risata, e parla con un romanaccio dolce, come se fosse fra amici. Poi si lancia in un discorso generico ma super europeista: rivendica che lui vuole gli Stati Uniti d’Europa da quando la Democrazia Cristiana lo mandava all’estero a fare esperienza, e che le polemiche del governo contro la Commissione Europea – «come si chiama l’altro…» «Moscovici!» – fanno solo salire lo spread. Qualche giornalista, forse deluso dai toni concilianti di Savona e dall’assenza di vere domande, a quel punto torna in sala stampa.

Savona inizia quindi a rispondere alle domande. Propone – di nuovo – di creare un “gruppo di lavoro di alto livello” per cambiare l’Europa. Dice di essere stato «delegittimato» – forse riferendosi a quello che di lui aveva detto Mattarella – ma di sentirsi europeo, di non voler «intraprendere azioni contro l’euro», e che i giornali italiani sono pieni di «autori stranieri che parlano male dell’euro». Parla poi della manovra, ripetendo che il rapporto deficit/PIL al 2,4 per cento porterà la crescita economica al 2,9 (probabilmente falso) e che la riforma della legge Fornero funzionerà da moltiplicatore per risolvere la disoccupazione giovanile (ci sono molti dubbi anche su questo). Lara Comi di Forza Italia prova a ribattere che sarà difficile crescere da subito facendo deficit – cioè spendendo più di quanto incassiamo – per finanziare le promesse elettorali della Lega e del M5S, e Savona risponde un po’ seccato: «Prendo atto che per lei ripagare i debiti sia più importante che aiutare i poveri».

Dopo un’ora, Castaldo continua a ripetere che l’incontro è quasi finito ma nessuno dà l’aria di volersene andare. Savona a quel punto si impappina di nuovo, dicendo che non userebbe mai la parola “condono fiscale” e che infatti loro la chiamano “pace fiscale”. Sorridono un po’ tutti, quelli del PD scalpitano, Savona se ne accorge e prova a rimediare ma finisce per tagliare corto. Si arriva così all’ultimo giro di interventi. Prende la parola Alessandra Mussolini di Forza Italia, che esordisce dicendo «lei mi piace molto» con una teatralità studiata, e infatti si gode le risate; poi dice di condividere la preoccupazione di Bizzotto, secondo cui gli europarlamentari italiani a volte hanno un approccio anti-italiano. Savona ringrazia tutti, sembra genuinamente sollevato, e prova ad alzarsi venendo però subito circondato dai parlamentari. I giornalisti, capendo che non avrebbe detto più niente, desistono e tornano in sala stampa a scrivere. La sala si svuota più rapidamente di come si era affollata.