Stiamo parlando di un DEF che non c’è

Il documento con le previsioni di spesa avrebbe dovuto essere inviato al Parlamento entro il 28 settembre, ma nessuno lo ha visto: e ora il governo sembra cambiare idea sul deficit

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Il governo ha cambiato idea rispetto agli annunci della settimana scorsa sugli aumenti di spesa per i prossimi anni, pur mantenendo la promessa di tenere il deficit per il prossimo anno al 2,4 per cento. I tecnici del ministero dell’Economia, intanto, continuano a lavorare sulla Nota di aggiornamento al DEF, il documento in cui queste cifre dovrebbero essere messe per iscritto e che in teoria è stato approvato la settimana scorsa e che, dopo quasi una settimana di ritardo, dovrebbe arrivare oggi in Parlamento.

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Dopo una serie di riunioni negli ultimi giorni diversi esponenti del governo hanno detto che il deficit sarà abbassato a partire dal 2020. La parziale marcia indietro sarebbe stata decisa martedì pomeriggio in seguito alle pressioni dei mercati finanziari – la spesa in eccesso andrebbe finanziata proprio prendendo soldi in prestito dai mercati, a tassi di interesse crescenti – e a quelle del presidente della Repubblica. Poi nel tardo pomeriggio di martedì sono cominciate a uscire le prime indiscrezioni su un futuro abbassamento del deficit. Mercoledì queste cifre sono state confermate.

Ieri era stato il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio a dire che il governo ha moderato i suoi obiettivi di spesa. Durante un incontro con la stampa alla Camera, Di Maio ha detto che il governo intende mantenere il deficit al 2,4 per cento solo per il 2019 e non anche per il 2020 e poi nel 2021. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che nel governo fa parte di chi difende una linea più prudente, ha confermato che a partire dal 2020 il deficit sarà in calo. «Le promesse saranno mantenute con forte gradualità», ha detto Tria. Anche se il ministro Tria era considerato molto indebolito dopo gli scontri della scorsa settimana, le sue dichiarazioni di oggi appaiono in linea con quelle di Di Maio, considerato il suo principale avversario interno al governo. Secondo i giornali, il governo sta pensando di portare il deficit al 2,1 per cento nel 2020 e al 1,8 per cento nel 2019. Prima dell’avvento del governo Conte, negli stessi anni per il deficit era previsto invece l’azzeramento.

La situazione rimane comunque caotica, ed è possibile che ci siano ulteriori ripensamenti almeno fino a quando non sarà presentata ufficialmente la Nota di aggiornamento al DEF, il documento che contiene le previsioni di spesa e di crescita per i prossimi anni e che avrebbe dovuto essere inviato al Parlamento entro il 28 settembre. Il governo ha fornito spiegazioni generiche per giustificare questo ritardo, mentre secondo i giornali si sarebbe preoccupato per la reazione dei mercati e per quella del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Da giovedì scorso, quando il governo aveva annunciato di aver raggiunto un accordo sul deficit al 2,4 per cento, lo spread è infatti cresciuto di circa 50 punti, passando da 240 punti base a 290 e oltrepassando in più di un momento quota 300. Diversi giornali scrivono che né Di Maio né il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si aspettavano questa reazione – della quale hanno dato ufficialmente la colpa alle dichiarazioni dei commissari europei – e che le dichiarazioni di queste ultime ore sarebbero un modo per cercare di tranquillizzare gli investitori a cui l’Italia chiede soldi in prestito.

Un altro problema indicato in questi giorni è l’opposizione del presidente della Repubblica rispetto all’idea di firmare una manovra troppo rischiosa. In più di un’occasione nel corso dell’ultima settimana Mattarella ha ricordato l’articolo 81 della Costituzione, che impone il pareggio di bilancio, e anche recentemente ha fatto riferimento alla necessità di mantenere i conti in ordine. Secondo La Stampa, Mattarella avrebbe addirittura detto a Conte in maniera esplicita che non avrebbe firmato una legge in cui il deficit per i prossimi tre anni fosse stato indicato al 2,4 per cento. Questa sua richiesta avrebbe portato direttamente alle dichiarazioni di oggi.