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  • Giovedì 20 settembre 2018

Iniziano i giorni decisivi per Brexit

A due mesi di distanza dal termine ultimo per i negoziati, i leader europei riprendono a parlare di Brexit: le questioni da risolvere rimangono le solite

(CHRISTOF STACHE/AFP/Getty Images)
(CHRISTOF STACHE/AFP/Getty Images)

Ieri sera, durante il Consiglio europeo in corso a Salisburgo, la prima ministra inglese Theresa May ha tenuto un breve discorso di una decina di minuti per aggiornare i leader europei sullo stato delle trattative per Brexit. Per molti, il discorso ha segnato l’inizio dell’ultima fase dei negoziati con l’Unione Europea: l’uscita del Regno Unito avverrà ufficialmente il 29 marzo 2019, ma per ragioni tecniche un accordo dovrà essere trovato entro novembre. Dopo il discorso non si è aperto alcun dibattito, perché Brexit era l’ultimo tema in agenda della giornata di ieri. Se ne riparlerà oggi, senza Theresa May. I nodi principali restano gli stessi degli ultimi mesi: la questione del confine fra Irlanda e Irlanda del Nord, e le future relazioni commerciali fra l’UE e il Regno Unito.

La frontiera irlandese è lunga circa quattrocento chilometri. I problemi da risolvere hanno a che fare con le persone che ogni giorno passano dalla Repubblica di Irlanda – uno stato che fa parte dell’UE – all’Irlanda del Nord, che invece fa parte del Regno Unito. Le questioni riguardano soprattutto le persone e le merci che attraversano quello stesso confine, che al momento non ha alcuna frontiera. Si stima che nelle comunità di confine viva circa un milione di persone. Il timore è che misure troppo dure o poco efficienti possano alimentare vecchie divisioni o complicare molto la vita a tante persone.

Le posizioni dei negoziatori europei e britannici sul confine irlandese sono sempre rimaste molto distanti. In sostanza, i primi propongono che l’Irlanda del Nord rimanga nel mercato comune europeo e nell’unione doganale, cosa che eviterebbe di dover ricostruire una frontiera fra i due paesi ma che imporrebbe di istituire una sorta di dogana tra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito. Il governo britannico insiste sul fatto che una situazione del genere violerebbe l’integrità del proprio territorio, e propone una serie di misure per ridurre al minimo i disagi di una nuova frontiera. Ieri, in un tweet prima dell’inizio dei lavori, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha detto che la proposta britannica sul confine irlandese dev’essere «rivista», ribadendo la scarsa disponibilità dei negoziatori europei a fare concessioni su questo tema in particolare.

C’è ancora molta incertezza sulle relazioni che in futuro legheranno l’UE e il Regno Unito, anche perché finora nessuno stato era mai uscito dall’Unione. I negoziatori europei propongono da tempo un accordo commerciale di libero scambio sulla base di quelli che di recente sono stati stipulati con Canada e Giappone: il Guardian però fa notare che i paesi che hanno i legami commerciali più stretti col Regno Unito, fra i quali la Svezia, i Paesi Bassi e la Danimarca, propongono un accordo di maggiore collaborazione. Anche Tusk sembra preferire una soluzione di questo tipo: ieri ha definito le ultime proposte del governo britannico sul futuro accordo commerciale «una evoluzione positiva».

Politico ha provato a mettere in ordine quello che potrebbe succedere di qui a novembre, se tutto filasse liscio. Alla fine del Consiglio europeo in corso ci si aspetta una dichiarazione congiunta di tutti i paesi tranne il Regno Unito sulla questione del confine irlandese. I negoziati riprenderanno poi il 3 ottobre, alla fine del congresso nazionale dei Conservatori britannici, cioè il partito di May. Entro il 18 ottobre, cioè la prossima occasione in cui si riunirà il Consiglio europeo, i negoziatori dovrebbero aver trovato un accordo di massima su tutte le questioni rimaste. A fine novembre si terrà infine un Consiglio europeo straordinario per ufficializzare gli accordi.

May sarà al lavoro anche oggi. Prima della discussione su Brexit, che si svolgerà a pranzo, incontrerà il primo ministro irlandese Leo Varadkar, mentre subito dopo la discussione è in programma un incontro con Tusk.

Da qui a novembre possono andare storte moltissime cose. Il rischio che alla fine dei negoziati non si trovi nessun accordo, cosa che avrebbe conseguenze molto gravi sull’economia e la burocrazia britannica e dei paesi limitrofi, esiste ancora. Ieri ne ha parlato pubblicamente persino un membro del governo, il sottosegretario al Tesoro Mel Stride. Ad oggi sembra comunque l’ipotesi meno probabile, fra tutti gli esiti possibili.