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  • Martedì 11 settembre 2018

Come procede la nomina di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema

Nelle udienze preparatorie al voto del Senato i Democratici hanno provato a torchiare il giudice scelto da Trump, ottenendo però pochi risultati

Brett Kavanaugh durante le udienze. (Zach Gibson/Getty Images)
Brett Kavanaugh durante le udienze. (Zach Gibson/Getty Images)

La scorsa settimana si sono concluse le udienze con le quali la commissione Giustizia del Senato statunitense ha valutato la nomina di Brett M. Kavanaugh come giudice della Corte Suprema, decisa dal presidente Donald Trump lo scorso luglio. È un procedimento preparatorio del voto vero e proprio del Senato, che si terrà a fine mese, che approverà o respingerà definitivamente la nomina di Kavanaugh. L’opinione degli osservatori è che i Democratici abbiano portato a casa qualche punto, mostrando delle criticità nella scelta di Kavanaugh, ma che concretamente sia cambiato poco o nulla, e Kavanaugh diventerà con ogni probabilità giudice a vita della Corte Suprema.

Le udienze servono a verificare che il giudice scelto dal presidente sia adatto a svolgere uno dei lavori più importanti e delicati degli Stati Uniti, ma producono semplicemente un rapporto sulla nomina – positivo, neutrale o negativo – che viene poi preso in considerazione dal Senato prima del voto. Sono durate in tutto quattro giorni, durante i quali, come è prassi, Kavanaugh è stato interrogato di persona dalla commissione, composta da 21 senatori (11 Repubblicani e 10 Democratici), e in certi casi è stato messo in evidente difficoltà dai Democratici, che hanno provato a dimostrare che Kavanaugh sia inadeguato – per vari motivi – all’incarico di giudice della Corte Suprema.

Il giudice Kavanaugh sistema il cartellino con il suo nome prima di un’udienza. (Chip Somodevilla/Getty Images)

Un video molto circolato online e sui notiziari americani è quello delle domande poste a Kavanaugh da Kamala Harris, 53enne senatrice afroamericana e californiana, considerata da molti una possibile futura candidata alla presidenza. Harris ha chiesto a Kavanaugh se avesse discusso dettagli dell’indagine del procuratore speciale Robert Mueller sulla Russia con qualche membro dello studio legale fondato da Marc Kasowitz, avvocato personale di Trump. Kavanaugh, evidentemente a disagio, ha evitato di rispondere alla domanda, chiedendo a Harris a chi si riferisse e dicendo di non ricordare con precisione; Harris ha ripetuto più o meno la stessa domanda per cinque minuti, finché altri membri del comitato sono intervenuti per cambiare argomento.

Harris stava provando a far parlare Kavanaugh di un incontro – su cui girano delle voci – in cui avrebbe parlato dell’indagine sulla Russia con avvocati vicini a Trump, rivelando un legame con il presidente che sarebbe, se dimostrato, probabilmente giudicato sconveniente per un giudice della Corte Suprema (anche perché la Corte potrebbe essere chiamata a esprimersi presto sulla possibilità di incriminare il presidente). Harris probabilmente voleva che Kavanaugh ne parlasse, oppure che lo negasse: in quel caso, se in futuro fosse dimostrato il contrario, Kavanaugh passerebbe guai seri per aver mentito. Non è successo niente di questo, e Kavanaugh se l’è cavata senza rispondere.

È stato comunque uno dei momenti migliori per i Democratici, e in particolare per Harris, che ha aggiunto un tassello di popolarità e viralità alla sua carriera, nella prospettiva di una possibile futura candidatura alla presidenza. Un altro Democratico, Patrick J. Leahy del Vermont, ha interrogato Kavanaugh per provare a dimostrare che sapesse che oltre dieci anni fa un suo ex collaboratore, Manuel Miranda, fosse stato coinvolto in un’operazione di spionaggio degli avversari Democratici. Kavanaugh ha negato di aver mai saputo o sospettato niente, anche se alcune comunicazioni a disposizione della commissione tra lui e Miranda sembravano suggerire il contrario.

Le udienze davanti alla commissione di Giustizia del Senato sono state interrotte in diverse occasioni da manifestanti che chiedevano ai senatori di opporsi alla nomina di Kavanaugh. (Chip Somodevilla/Getty Images)

C’è stato poi un altro momento molto teso che ha coinvolto Cory Booker, 49enne senatore del New Jersey a sua volta considerato un probabile futuro candidato alle primarie presidenziali Democratiche. Lo scorso giovedì Booker ha diffuso pubblicamente una serie di documenti che erano stati condivisi con i membri della commissione con la condizione che rimanessero riservati. Nei documenti Kavanaugh esprimeva alcune critiche al sistema di affirmative action – nella fattispecie quello adottato al Dipartimento dei Trasporti – cioè quelle misure adottate per favorire l’accesso all’istruzione e al lavoro alle minoranze tradizionalmente discriminate.

In un altro documento riservato diffuso al pubblico, una mail scritta nel 2003 quando era avvocato della Casa Bianca nell’amministrazione di George W. Bush, Kavanaugh si riferiva alla storica sentenza “Roe vs Wade”, con la quale nel 1973 la Corte Suprema decise la legalizzazione dell’aborto, come potenzialmente modificabile da una nuova sentenza. Secondo i Democratici, questa posizione era in contraddizione con quanto dichiarato da Kavanaugh davanti alla commissione, e cioè che la sentenza Roe vs Wade sia irrevocabile. Ma i Repubblicani hanno obiettato che nella mail del 2003 Kavanaugh stava soltanto facendo un’analisi giuridica della sentenza, che in effetti sarebbe teoricamente modificabile da nuove sentenze della Corte Suprema. La senatrice Dianne Feinstein ha interrogato a fondo Kavanaugh sull’aborto, ottenendo però risposte giudicate da molti un po’ troppo vaghe. «Da un punto di vista generale, riconosco l’importanza del precedente stabilito dalla Roe vs Wade», ha detto Kavanaugh.

Alla fine delle udienze, i senatori Democratici hanno accusato Kavanaugh di avere mentito in alcune risposte, e si stanno adesso preparando a contrastare il voto del Senato sulla sua nomina, che i Repubblicani hanno cercato in tutti i modi di tenere prima delle elezioni di metà mandato previste per inizio novembre, nonostante si preveda che dopo le elezioni possano aumentare l’attuale risicata maggioranza al Senato. Ma i Repubblicani non sembrano molto preoccupati, nonostante i Democratici abbiano provato ad associare Kavanaugh ad altri episodi disdicevoli, per esempio i controversi trattamenti approvati dall’amministrazione Bush per i sospettati di terrorismo.

Al momento i senatori Repubblicani sono in tutto 51, appena sufficienti per confermare Kavanaugh. Il vicepresidente Mike Pence, che ha diritto di voto in caso di parità, ha già detto che il suo voto potrebbe servire. Gli osservatori politici sono comunque concordi nel prevedere che, per come stanno ora le cose, la conferma della nomina di Kavanaugh è molto probabile.