La Aquarius è di nuovo senza un porto

Da venerdì scorso la nave della ong Sos Méditerranée ha a bordo più di 140 migranti: la Libia non ne vuole sapere niente, Malta e Italia si rifiutano di farla attraccare

La nave Aquarius (BORIS HORVAT/AFP/Getty Images)
La nave Aquarius (BORIS HORVAT/AFP/Getty Images)

Venerdì scorso la nave Aquarius, noleggiata dalla ong Sos Méditerranée e gestita in collaborazione con Medici Senza Frontiere, ha soccorso più di 140 migranti da due barche in difficoltà nel Mediterraneo centrale, ma non ha ancora ricevuto alcuna indicazione su dove poter sbarcare.

Il Centro di coordinamento congiunto di soccorso libico, cioè il centro che dovrebbe occuparsi di gestire i soccorsi nell’area SAR della Libia, ha informato il comandante dell’Aquarius che non avrebbe indicato un porto di approdo, e gli ha detto di richiederlo a un altro centro di coordinamento. Né l’Italia né Malta ne hanno però voluto sentir parlare e anche il governo spagnolo del socialista Pedro Sánchez, che lo scorso giugno aveva dato l’autorizzazione ad Aquarius a sbarcare nel porto di Valencia, ha rifiutato di accogliere i migranti. Il País ha scritto che fonti governative hanno fatto sapere che «la Spagna non è il porto più sicuro [per Aquarius], perché non è il porto più vicino secondo quanto stabilisce il diritto internazionale». Sos Méditerranée ha scritto che Aquarius si trova esattamente tra l’Italia e Malta ed è in attesa che le venga assegnato un “porto sicuro”, ma per ora la situazione è bloccata.

La situazione in cui si trova l’Aquarius non è nuova. Sono già diverse settimane che il governo di Giuseppe Conte, seguendo la linea dura del ministro dell’Interno Matteo Salvini, si rifiuta di far approdare nei porti italiani le navi delle ong e le navi mercantili che hanno soccorso i migranti nel Mediterraneo.

Sos Méditerranée ha detto che a bordo dell’Aquarius ci sono decine di minori non accompagnati, e che circa il 70 per cento delle persone soccorse proviene dalla Somalia e dall’Eritrea: «Le condizioni di salute delle persone soccorse sono stabili al momento, ma molti sono estremamente deboli e denutriti. Molti riferiscono di essere stati detenuti in condizioni disumane in Libia». Sos Méditerranée ha raccontato anche di un episodio particolare avvenuto domenica. Ha detto che mentre si dirigeva verso nord – verso un’area di mare non sotto la competenza del Centro di coordinamento libico – Aquarius ha incrociato una piccola imbarcazione in difficoltà: ha lanciato un gommone di salvataggio veloce per cercare di raggiungerla, ma i migranti si sono rifiutati di salire a bordo della nave della ong, forse perché sapevano che non sarebbe stata fatta sbarcare in Italia e pensavano di avere più possibilità di raggiungere Lampedusa senza l’aiuto di Aquarius.

Lunedì Salvini ha scritto che la nave Aquarius è di «proprietà tedesca, noleggiata da Ong francese, equipaggio straniero, in acque maltesi, battendo bandiera di Gibilterra. Può andare dove vuole, non in Italia!». Danilo Toninelli, ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, ha aggiunto: «L’Ong Aquarius è stata coordinata dalla Guardia Costiera libica in area di loro responsabilità. La nave è ora in acque maltesi e batte bandiera di Gibilterra. A questo punto il Regno Unito si assuma le sue responsabilità per la salvaguardia dei naufraghi». In realtà l’indicazione di un “porto sicuro” non dipende da nessuna delle cose elencate da Salvini e Toninelli. Secondo la convenzione di Amburgo del 1979 e altre successive norme sul soccorso marittimo (PDF) – norme che l’Italia è tenuta a rispettare – gli sbarchi di persone soccorse in mare devono avvenire nel primo “porto sicuro” sia per prossimità geografica sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani: e, almeno sulla carta, il primo “porto sicuro” per le persone soccorso tra la Libia e l’Italia è l’Italia.

C’è poi un’altra questione. Aloys Vimard, coordinatore di Medici Senza Frontiere a bordo di Aquarius, ha detto che i migranti soccorsi venerdì hanno raccontato di avere incrociato durante la loro traversata cinque diverse navi, ma nessuna di loro si sarebbe fermata per prestare soccorso. Secondo Vimard, la scelta di non fermarsi sarebbe una conseguenza delle politiche del governo italiano, che già in passato avevano costretto navi mercantili con a bordo i migranti a rimanere bloccate per giorni nel Mediterraneo senza avere indicazioni di dove attraccare. Un rischio di questo tipo era già stato ipotizzato nelle ultime settimane da diversi esperti.