Cosa ha detto Tito Boeri sulla storia del “decreto dignità”

Tra le altre cose ha smentito la versione di Di Maio sulla "manina" che avrebbe manomesso la relazione tecnica dell'INPS: «bisognava almeno sfogliarla»

(Fabio Cimaglia / LaPresse)
(Fabio Cimaglia / LaPresse)

Durante un’audizione davanti alle commissioni riunite Finanze e Lavoro della Camera, giovedì il presidente dell’INPS Tito Boeri ha risposto alle accuse che gli erano state fatte nei giorni precedenti di avere in qualche modo usato il suo ruolo in modo politico per mettere in imbarazzo il governo sulla questione del cosiddetto “decreto dignità“, smentendo la versione fornita dal governo.

In particolare, Boeri ha spiegato quale sia stato il ruolo dell’INPS nell’iter di approvazione del decreto – voluto dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio per intervenire in particolare sul lavoro precario – e ha smentito che ci siano stati interventi esterni o “dell’ultimo minuto” sulla relazione. Di Maio, infatti, aveva sostenuto che la relazione dell’INPS sull’impatto del decreto fosse stata manomessa all’ultimo minuto inserendo un dato ingiustificato – quello degli 8.000 posti di lavoro persi – al solo fine di mettere in difficoltà il governo. Boeri ha spiegato e difeso il lavoro dell’INPS, mostrando come sia infondata la tesi del complotto contro il governo e rispondendo anche molto nettamente alle richieste di dimissioni che gli erano arrivate da altri esponenti del governo, tra cui il ministro dell’Interno Matteo Salvini.

La storia della “manina”
Il decreto legge sul lavoro, il cosiddetto “decreto dignità”, è stato approvato il 2 luglio dal Consiglio dei ministri: a quel punto è cominciato il processo che si conclude con la firma del provvedimento da parte del presidente della Repubblica e che prevede una valutazione tecnica sui suoi effetti da parte della Ragioneria dello Stato e – visto che si parla di lavoro – dell’INPS. Quando è arrivata la firma del Presidente della Repubblica sul decreto, il 13 luglio, si è cominciato a parlare del dato degli 8mila posti di lavoro persi all’anno per 10 anni per effetto del decreto, per un totale di 80mila posti di lavoro.

Il dato era contenuto nella relazione tecnica che era stata allegata al decreto trasmesso al presidente della Repubblica, ma secondo Luigi Di Maio era stato inserito all’ultimo minuto per pressioni di non meglio definite “lobby” contrarie all’approvazione del decreto. Dopo che inizialmente Di Maio aveva accusato della presunta scorrettezza il ministero dell’Economia (a cui fa capo la Ragioneria di Stato), insieme al ministro dell’Economia Giovanni Tria aveva diffuso un comunicato in cui si diceva che il dato era stato inserito da una «manina» che non era da cercare né nel ministero dell’Economia né nella Ragioneria di Stato. Per esclusione, il comunicato attribuiva la responsabilità dell’inserimento del dato nella relazione all’INPS.

Nella sua audizione di giovedì, Boeri ha messo in ordine con precisione le comunicazioni avvenute tra l’INPS e il ministero dell’Economia, mostrando che il dato sulla stima dei posti di lavoro persi era contenuto già nella prima versione della relazione inviata al ministero il 6 luglio, una settimana prima che il decreto fosse firmato dal presidente della Repubblica. Non solo, Boeri ha spiegato – citando una frase ben precisa della comunicazione ricevuta – che proprio il ministero del Lavoro aveva chiesto all’INPS una stima dei posti di lavoro persi per effetto del decreto. Boeri ha detto che il 2 luglio alle 17:54 l’ufficio legislativo del ministero del Lavoro aveva chiesto all’INPS di “stimare la platea dei lavoratori coinvolti al fine di quantificare il minor gettito contributivo derivante dalla contrazione del lavoro a tempo determinato”.

Commentando le critiche ricevute, Boeri ha detto poi: «il 6 luglio è stata inviata la relazione tecnica richiesta al ministero del Lavoro, questa relazione tecnica che ha una lunghezza di sei pagine e contiene tabelle che offrono un’immediata rappresentazione delle stime, contiene già i numeri sugli effetti occupazionali negativi del provvedimento come confermato dal ministro Di Maio ieri in audizione. Certo, bisogna almeno sfogliarla per carpirne i contenuti».

Perché proprio 8.000?
Il comunicato di Tria e Di Maio in cui si parlava della “manina” diceva anche che, secondo i ministri, “le stime di fonte INPS sugli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro contenute nel decreto siano prive di basi scientifiche e in quanto tali discutibili”. Boeri, durante l’audizione, ha difeso il rigore del lavoro dell’INPS nella stesura della relazione tecnica, spiegando nel dettaglio il metodo di analisi con cui si era giunti a quella stima. In particolare, Boeri ha detto che la stima dei posti di lavoro persi è stata fatta confrontando due scenari sull’evoluzione del mercato del lavoro: uno senza tenere in conto il provvedimento, quindi tenendo conto delle norme precedenti, e uno tenendo conto delle nuove regole introdotte. La differenza tra i posti di lavoro persi o guadagnati nei due scenari è quella che è risultata nella stima degli 8.000 posti di lavoro persi all’anno.

Boeri, inoltre, ha spiegato che quando si preparano relazioni tecniche è richiesto indicare un numero esatto di posti di lavoro persi o guadagnati e che non era possibile quindi fornire una stima più vaga, a forbice. Boeri ha detto che “ci sono dunque ampie ragioni – sia teoriche che empiriche – per ritenere che il provvedimento possa avere, almeno inizialmente un impatto negativo sull’occupazione” ma ha aggiunto di ritenere che la perdita di 8.000 posti di lavoro all’anno sia “molto modesta”.

È stata una relazione tecnica politica?
Concludendo il suo intervento, Boeri ha risposto anche all’accusa che gli è stata fatta di aver usato il suo ruolo in modo politico, per danneggiare il governo. Boeri ha spiegato che la relazione tecnica presentata dall’INPS considera gli effetti del decreto dignità soltanto dal punto di vista tecnico, senza darne valutazioni. Boeri ha inoltre aggiunto che personalmente non considera sbagliato il principio ispiratore del decreto, spiegando che in passato aveva invece criticato alcuni aspetti del cosiddetto “decreto Poletti”, dal nome del ministro del Lavoro del governo Renzi.

Boeri ha poi insistito sull’importanza di saper distinguere il piano politico da quello tecnico, dicendo che «affermare che le relazioni tecniche esprimono un giudizio politico significa perciò perdere sempre più contatto con la crosta terrestre, mettersi in orbite lontane dal nostro pianeta. È un esercizio molto pericoloso perché, prima o poi, per spiegare perché si fanno certe cose e non si possono farne altre, bisognerà spiegare ai cittadini quali sono i vincoli di cui è costellato il mondo reale».

Le dimissioni
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, nei giorni in cui si parlava presunto complotto dell’INPS contro il governo, aveva chiesto le dimissioni di Boeri, dicendo che «se il presidente dell’INPS non è d’accordo su niente delle linee politiche del governo, si dimetta». Boeri ha risposto a questa e altre richieste di dimissioni spiegando di essere pronte ad accettarle se arriveranno nelle sedi istituzionali ma dicendo che «non posso neanche prendere in considerazione le richieste di dimissioni on line e le minacce da parte di chi dovrebbe presiedere alla mia sicurezza personale».

Boeri, ha concluso così la sua relazione: «Soprattutto non sono affatto disposto ad accettare l’idea che chi ricopre l’incarico di presidente dell’INPS debba in tutto e per tutto sposare le tesi del Governo in carica. L’esecutivo che mi ha nominato non mi ha mai chiesto di giurare fedeltà al suo programma, né io avrei mai accettato di farlo. Chiedo lo stesso rispetto istituzionale a questo esecutivo, non tanto per me stesso, quanto per la carica che ricopro. L’INPS ha 120 anni di storia alle spalle, è un’istituzione che ha contribuito a tenere insieme il paese in anni molto difficili. Obbligare il suo Presidente a schierarsi politicamente (cosa oggi richiesta paradossalmente proprio da chi mi ha spesso rinfacciato di politicizzare l’istituto) significa rendere l’istituzione che ho il grande onore di presiedere una istituzione che promuove il conflitto anziché la coesione sociale e svilire le grandi competenze che ha al suo interno. Non sono perciò in nessun modo disposto ad accettare che questo avvenga».

L’intervento completo di Boeri si può rivedere qui:

Il testo integrale dell’intervento, invece, lo trovate qui.